Ristretta base partecipativa: l’annullamento dell’accertamento sulla società con sentenza passata in giudicato, per vizi attinenti al merito della pretesa tributaria, determina l’illegittimità dell’accertamento notificato al socio.

by AdminStudio

“In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la validità dell’avviso in ordine a ricavi non contabilizzati, emesso a carico di società di capitali a ristretta base partecipativa, costituisce presupposto indefettibile per legittimare la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, con la conseguenza che l’annullamento dello stesso con sentenza passata in giudicato per vizi attinenti al merito della pretesa tributaria, avendo carattere pregiudicante, determina l’illegittimità dell’avviso di accertamento, notificato al singolo socio, che ipotizzi la percezione di maggiori utili societari; tale carattere pregiudicante non si rinviene, invece, nelle ipotesi di annullamento per vizi del procedimento (nella specie per inesistenza della notifica e per errata intestazione dell’avviso), le quali danno luogo ad un giudicato formale, e non sostanziale, difettando una pronuncia che revochi in dubbio l’accertamento sulla pretesa erariale”.

Questo il principio di diritto ribadito con sentenza n. 7756 (Pres. Cirillo, Rel. Di Marzio) del 22 marzo 2024 dalla Quinta Sezione della Corte di Cassazione.

Nei fatti l’Agenzia delle Entrate notificava ad una contribuente un avviso di accertamento mediante il quale sottoponeva a tassazione ai fini Irpef il maggior reddito di partecipazione ritenuto conseguito quale socio indiretto di una s.r.l. Avverso la decisione dei giudici di primo grado spiegava appello la contribuente, domandando l’annullamento dell’atto anche perché l’avviso di accertamento pregiudicante, emesso nei confronti della S.r.l., era stato annullato dalla CTR del Lazio in ragione della violazione del contraddittorio endoprocedimentale. La CTR rigettava l’impugnazione introdotta dalla contribuente la quale proponeva ricorso per cassazione.

In particolare, come riassunto dalla Corte: la CTR del Lazio annullava l’avviso di accertamento pregiudicante emesso nei confronti della S.r.l., per non essere state rispettate le regole del contraddittorio preventivo (essendo stato effettuato un accesso supplementare presso la società, da cui è derivata pure la contestazione di ulteriori rilievi, cui non è seguita la notificazione di alcun PVC); la pronuncia diventava definitiva, avendo la Corte di legittimità rigettato l’impugnazione proposta dall’Ente impositore con pronuncia Cass. sez. V, 24.2.2022, n. 6071.

Nel caso di specie la CTR del Lazio, con sent. 6.7.2015, n. 3835, ha annullato l’avviso di accertamento pregiudicante emesso nei confronti della S2I Italia Srl, per non essere state rispettate le regole del contraddittorio preventivo, di cui all’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, essendo stato effettuato un accesso supplementare presso la società, da cui è derivata pure la contestazione di ulteriori rilievi, cui non è seguita la notificazione di alcun Processo Verbale di Costatazione. Inoltre, la CTR ha anche esaminato nel merito le contestazioni proposte dall’Amministrazione finanziaria alla società, e le ha ritenute infondate, accogliendo integralmente l’impugnazione ed annullando perciò l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società. Questa pronuncia è divenuta definitiva, avendo questa Corte di legittimità rigettato l’impugnazione proposta dall’Ente impositore con pronuncia Cass. sez. V, 24.2.2022, n. 6071.

Già il P.M. nelle proprie conclusioni scritte aveva premesse che “in caso di distribuzione di utili non dichiarati a società a ristretta base azionaria è pacifica la ‘pregiudizialità’ della controversia riguardante l’avviso di accertamento a carico della società. Se, infatti, cade questo perché si esclude la legittimità dell’accertamento tributario nei confronti della società, giocoforza cade l’accertamento a carico dei soci, che è a ‘cascata’ dipendendo gli utili dei soci dai redditi non dichiarati dalla società”.

La Corte, accolto il ricorso, ha quindi chiarito che “nel caso di specie il rilevato vizio dell’accertamento tributario emesso nei confronti della società, su cui è caduto il giudicato, è a tal punto radicale che nessuna rilevanza può essere attribuita allo stesso, con la conseguenza che pure l’accertamento del reddito di partecipazione emesso nei confronti del socio non può che essere annullato”.

 

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