Interessante sentenza della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione in relazione al reato di cui all’articolo 2 del D.Lgs. 74/2000. Si tratta della sentenza n. 26520 depositata il 5 luglio 2024 (Pres. Andreazza, Rel. Corbo).
Si tratta di una vicenda di prezzi di fatturazione “gonfiati”, che ha consentito di ridurre gli utili di una s.n.c. e di massimizzare gli utili di un’azienda agricola in forma di società semplice.
In questo modo si è conseguito un complessivo risparmio fiscale derivante dal diverso regime fiscale previsto per le due società. Questo perché gli utili della società in nome collettivo, siccome impresa commerciale, sono sottoposti al regime di tassazione ordinaria, mentre gli utili della società semplice siccome impresa agricola, sono sottoposti ad un regime di tassazione agevolata.
Tuttavia, rileva la Corte, risulta incontestato le somme indicate nelle fatture ritenute relative ad operazioni inesistenti siano state pagate.
Ciò posto, deve escludersi che le due fatture utilizzate nella dichiarazione della società in nome collettivo e ritenute mendaci, possano essere ritenute “fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”.
Infatti nelle definizioni contenuto nell’art. 1, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 74 del 2000, ai fini del medesimo testo normativo, “per “fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”.
Ora, deve escludersi che gli acquisti di beni effettivamente utilizzati per l’attività di impresa compiuti a prezzi incongrui, ma effettivamente corrisposti, costituiscano operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte, ovvero operazioni che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale.
Invero, gli acquisti effettuati in riferimento a beni utilizzati per l’attività di impresa non possono ritenersi costituire “operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte” solo perché i prezzi corrisposti sono superiori, eventualmente anche di moltissimo, a quelli di mercato. Nell’ipotesi descritta, infatti, si è verificata una operazione di compravendita di “quei beni” per “quel prezzo”.
Allo stesso modo, gli acquisti effettuati in riferimento a beni utilizzati per l’attività di impresa costituiscono “operazioni… che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale” solo perché i prezzi corrisposti sono superiori, eventualmente anche di moltissimo, a quelli di mercato.
Nell’ipotesi descritta, infatti, i corrispettivi sono stati indicati nella misura effettivamente versata; né, d’altro canto, viene in rilievo l’indicazione dell’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale.
L’ipotesi di acquisti effettuati in riferimento a beni utilizzati per l’attività di impresa per prezzi superiori a quelli di mercato, poi, è del tutto estranea all’ulteriore fattispecie normativa indicata dall’art. 1, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 74 del 2000, ossia quella concernente “fatture… che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”.
Tali principi peraltro, sono stati già enunciati nella giurisprudenza di legittimità (cfr., in particolare, Sez. 3, n. 1996 del 25/10/2007, dep. 2008, Figura, Rv. 238547 – 01, ma anche, indirettamente, in ragione della definizione accolta di fatture per operazioni inesistenti, Sez. 3, n. 1998 del 15/11/2019, dep. 2020, Moiseev, Rv. 278378 – 01, e Sez. 3, n. 28352 del 21/05/2013, Custodi, Rv. 256675 – 01).
In particolare, si è precisato che “oggetto della sanzione di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2 è ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale, tenuto conto dello speciale coefficiente di insidiosità che si connette all’utilizzazione della falsa fattura” e che, però, “(d)iversa è l’ipotesi in cui si contesti la congruità dell’operazione che è stata realmente effettuata e pagata, che – a giudizio del Collegio – resta al di fuori delle previsioni dell’art. 2” (così Sez. 3, n. 1996 del 25/10/2007, dep. 2008, cit., la quale, in applicazione del principio, ha annullato con rinvio la sentenza impugnata “risultando in conclusione oscuro se si sia trattato – quanto alle fatture concretamente prese in considerazione – di sovrafatturazione quantitativa ovvero se si siano ritenute incongrue operazioni pur realmente pagate”).
Inoltre si rileva che le fatture emesse in relazione ad una operazione nella quale i beni o i servizi indicati corrispondono a quelli ceduti o forniti e il prezzo è sì incongruo, ma effettivamente corrisposto, non sono in alcun modo riconducibili alle figure della “inesistenza relativa” e della “sovrafatturazione”, come puntualmente definite dalla giurisprudenza.
Precisamente, l’ipotesi di “inesistenza relativa” si verifica quando l’operazione vi sia stata, ma per quantitativi inferiori a quelli indicati in fattura, mentre l’ipotesi di sovrafatturazione, definita anche “sovrafatturazione qualitativa”, si caratterizza per l’indicazione in fattura di un importo superiore a quello effettivamente corrisposto (cfr., specificamente, Sez. 3, n. 28352 del 21/05/2013, cit., e Sez. 3, n. 1998 del 15/11/2019, dep. 2020, cit.).
Per le caratteristiche appena descritte, le fatture emesse nei casi di “inesistenza relativa” dell’operazione e di “sovrafatturazione” danno luogo ad una “divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale”, e, proprio per questa ragione, rientrano nell’ambito delle “fatture per operazioni inesistenti”, di cui all’art. 1, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 74 del 2000 (vds., per questo rilievo Sez. 3, n. 1998 del 15/11/2019, dep. 2020, cit.; Sez. 3, n. 28352 del 21/05/2013, cit.; Sez. 3, n. 1996 del 25/10/2007, dep. 2008, cit.).
Le fatture relative ad operazioni nelle quali i beni o i servizi indicati corrispondono a quelli ceduti o forniti e il prezzo è sì incongruo, ma effettivamente versato, invece, descrivono in modo corrispondente alla realtà l’operazione eseguita, e, quindi, non implicano alcuna divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale.