Le Sezioni Unite interpretano l’articolo 36 del DPR 602/73.

by AdminStudio

Avevamo dato conto circa un anno fa della ordinanza interlocutoria n. 35805 del 6 dicembre 2022 con la quale la Sezione Tributaria aveva ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, sulla questione di massima di particolare importanza riguardante i presupposti dell’azione di responsabilità nei confronti del liquidatore di una società D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ex art. 36, ossia se essa presupponga l’accertamento del debito tributario della società e la sua iscrizione a ruolo.

In seguito a ciò il Primo Presidente ha disposto l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 2.

Adesso arriva la Sentenza 27 novembre 2023, n. 32790 delle Sezioni Unite (Primo Presidente Virgilio, Rel. Crucitti) con la quale si fornisce una lettura che, ad un primo esame, lascia qualche dubbio sulla corretta lettura dell’articolo 36 citato.

Il succo della questione, per quello che avevamo capito, era nella collocazione della norma tra le regole della riscossione (come parrebbe dall’inserimento nel DPR 602) oppure essa dovesse garantire l’Erario anche in caso di accertamenti notificati dopo la cessazione della società.

Infatti il comma 1, modificato dall’art. 28, comma 5, lett. a) del D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, prevede: “I liquidatori dei soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari. Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti”). “La disposizione contenuta nel precedente comma si applica agli amministratori in carica all’atto dello scioglimento della società o dell’ente se non si sia provveduto alla nomina dei liquidatori” (comma 2). “I soci o associati, che hanno ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione danaro o altri beni sociali in assegnazione dagli amministratori o hanno avuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori durante il tempo della liquidazione, sono responsabili del pagamento delle imposte dovute dai soggetti di cui al comma 1 nei limiti del valore dei beni stessi, salvo le maggiori responsabilità stabilite dal codice civile” (comma 3, alla fine del quale il D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 5, lett. b), ha inserito il seguente periodo: “Il valore del denaro e dei beni sociali ricevuti in assegnazione si presume proporzionalmente equivalente alla quota di capitale detenuta dal socio od associato, salva la prova contraria“). “Le responsabilità previste dai commi precedenti sono estese agli amministratori che hanno compiuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione ovvero hanno occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili” (comma 4). “La responsabilità di cui ai commi precedenti è accertata dall’ufficio delle imposte con atto motivato da notificare ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60” (comma 5). “Avverso l’atto di accertamento è ammesso ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636. Si applica il comma 1 dell’art. 39″ (comma 6).

Il D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, comma 7, ha eliminato, dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 19, comma 1, ogni riferimento all’art. 36, con la conseguenza che oggi la responsabilità del liquidatore non è più limitata alle sole imposte sui redditi, ma si estende a tutte le imposte dovute dalla società.

La questione sollevata si incentrava, in sostanza, sul significato da attribuire all’espressione “imposte dovute” e presentava, ad avviso della Sezione Tributaria, un indubbio rilievo nomofilattico in quanto, sebbene nella giurisprudenza di legittimità si rinvenga un orientamento consolidato, non mancano profili di incertezza concettuale e di incoerenza sistematica. Come evidenziato in uno specifico passaggio infatti esiste un problema di bilanciamento di contrapposti interessi di rango costituzionale, dovendosi contemperare l’esigenza di effettività e pienezza del diritto di difesa del liquidatore con l’esigenza di rapida realizzazione del credito tributario.

Ma alla fine i Giudici di Legittimità, nell’ordinanza di rimessione, tornano sul centro della questione, con riferimento alle perplessità intorno alla soluzione sinora seguita dalla Corte stessa. Testualmente: “La questione di massima (se l’azione dell’Amministrazione finanziaria nei confronti del liquidatore di una società D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 36, presupponga l’accertamento del debito tributario della società e la sua iscrizione a ruolo) è di particolare importanza in termini generali ma riveste peculiare rilievo nel caso in cui sia intervenuta la cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese prima del 13 dicembre 2014, attesa l’irretroattività del D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28 comma 4, che ha previsto la sospensione per un quinquennio, ai soli fini fiscali, dell’efficacia dell’estinzione della società: in questa ipotesi, come sopra osservato, l’accertamento del debito tributario della società può risultare assai problematico”.

Le Sezioni Unite enunciano alla fine il principio per cui “In materia di responsabilità del liquidatore ex art. 36 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, traente titolo per fatto proprio, ex lege, di natura civilistica e non tributaria, la preventiva iscrizione a ruolo del credito tributario societario non costituisce condizione necessaria per la legittimità dell’atto di accertamento emesso, ai sensi del quinto comma dello stesso art. 36, nei confronti del liquidatore, il quale, in sede di ricorso avverso tale avviso, potrà contestare, innanzi agli organi della giustizia tributaria, la sussistenza dei presupposti dell’azione intrapresa nei suoi confronti ivi compresa la debenza di imposte a carico della società.”

Per le Sezioni Unite la soluzione della questione presuppone l’identificazione della natura della relazione che lega la responsabilità del liquidatore e l’obbligazione tributaria societaria rimasta inadempiuta. In ordine al primo fattore, ossia alla natura della responsabilità del liquidatore, come prevista dal legislatore del citato articolo 36, la giurisprudenza, a partire dalle Sezioni Unite, che se ne sono occupate, seppur ai fini dell’individuazione della giurisdizione sulle controversie promosse dai liquidatori è assolutamente consolidata nel ritenere che tale responsabilità trova la sua fonte in un’obbligazione, propria, ex lege, avente natura civilistica e non tributaria.

Si è ribadito, in particolare, dalla giurisprudenza più recente che la responsabilità per le obbligazioni tributarie non è diretta ma deriva dalla carica rivestita dal liquidatore, ai sensi del menzionato articolo 36, oltreché dell’art. 2495 cod. civ., le quali norme delineano una fattispecie del tutto autonoma e sussidiaria rispetto alla responsabilità per debiti fiscali della società, poi estinta, i quali ne costituiscono il mero presupposto.

I principi, riproposti anche dalle sentenze più recenti, ricalcano, quindi, i precedenti, statuendosi che «in tema di riscossione, la responsabilità dei liquidatori e degli amministratori per le imposte non pagate con le attività della liquidazione concreta un’obbligazione civile propria ex lege in relazione agli artt. 1176 e 1218 c.c., sicché, non avendo natura strettamente tributaria, a carico dei predetti non vi è alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari per effetto della cancellazione della società dal registro delle imprese»; «l’azione di responsabilità nei confronti del liquidatore ex art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973 è riconducibile agli artt. 1176 e 1218 c.c. e integra una ipotesi di responsabilità propria ex lege in funzione del prioritario soddisfacimento dei crediti tributari, sicché, estinta la società contribuente, non si realizza alcuna forma di successione nei confronti del liquidatore, ma sorgono ipotesi di responsabilità nuove e fondate su differenti presupposti, ancorché implichino l’esistenza della obbligazione tributaria. In ultima analisi, quello verso l’amministratore o liquidatore è credito dell’amministrazione finanziaria non strettamente tributario, ma più che altro civilistico, il quale trova titolo autonomo rispetto all’obbligazione fiscale vera e propria, costituente mero presupposto della responsabilità.

La natura, autonoma e di tipo civilistico, dell’obbligazione del liquidatore, come prevista dall’articolo 36, può darsi, quindi, come elemento che, pacificamente acquisito nella giurisprudenza di legittimità e condiviso dalla maggioranza della dottrina, non si ritiene di dovere rimeditare meritando, al contrario, conferma. […]

A parte le risalenti Cass. Sez. U. 3 giugno 1978 n. 2766, Cass. 24 gennaio 1981 n. 549, Cass. 17 giugno 2005 n. 13098, attualmente la giurisprudenza della Sezione Tributaria è consolidata nel ritenere che l’azione di responsabilità nei confronti del liquidatore può essere esercitata soltanto quando vi sia certezza legale che questi abbia esaurito la disponibilità della liquidazione senza provvedere al pagamento delle imposte della società e «i ruoli in cui queste sono iscritte possano essere posti in esecuzione».

In definitiva, l’assenza del presupposto della certezza del credito declinata in termini di necessaria iscrizione a ruolo dei tributi comporta «l’esclusione della legittimità dell’avviso emesso nei confronti del liquidatore per responsabilità propria ex art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973, essendo questo requisito direttamente discendente dalla fonte legale dell’obbligazione e dalla natura civilistica della stessa». […]

I prospettati, e fondati, profili di incertezza concettuale e di incoerenza sistematica evidenziati dall’ordinanza remittente trovano, a parere delle Sezioni Unite, soluzione attraverso una parziale rimeditazione dell’orientamento tradizionale e l’eliminazione della contraddittorietà rinveniente dalla posizione intermedia tra le due opposte teorie (autonoma e dipendente) assunta dalla giurisprudenza di questa Corte, dovendosi ribadire, in questa sede, l’assoluta autonomia dell’obbligazione del liquidatore, ex art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, rispetto al debito tributario della società, il quale costituisce solo mero presupposto fattuale di tale responsabilità. […]

La specifica condotta che fa sorgere la responsabilità si articola in due fattispecie di negligenza tipizzate normativamente.

  • La prima è costituita dal mancato rispetto dell’ordine di graduazione nella destinazione dell’attivo, se da ciò derivi danno all’Erario che non ricevette il dovuto in base al detto ordine e all’attivo disponibile.
  • La seconda è costituita dal fatto che il mancato pagamento delle imposte è stato causato dall’assegnazione di beni sociali ai soci o agli associati prima di aver soddisfatto il creditore erariale, beni che sono stati così indebitamente sottratti all’attività della liquidazione.

Dette condotte, da cui sorge la responsabilità del liquidatore, non hanno natura tributaria perché sono estranee alla realizzazione di fatti indice di capacità contributiva. Essi, invece, riguardano l’adempimento degli obblighi propri del liquidatore di società, che appartengono alla sfera del diritto civile, sicché si tratta di responsabilità di natura civilistica e fa riferimento alla responsabilità risarcitoria verso il creditore che l’art. 1218 cod.civ. pone in capo al debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta, e rinvia al parametro della normale diligenza di cui all’art. 1176 cod.civ. in base al quale valutare la responsabilità del liquidatore. Coerente con tale ricostruzione risarcitoria civilistica è, altresì, la limitazione della responsabilità del liquidatore alla misura delle imposte che sarebbero state pagate e incassate dal Fisco se il liquidatore avesse agito con diligenza. Nel momento in cui sorge la debenza dell’imposta, ancorché non riscuotibile, il liquidatore è chiamato, con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico, a compiere quanto necessario per avere l’attivo occorrente per pagare l’imposta.

In altri termini, come evidenziato anche da parte della dottrina, la responsabilità del liquidatore ex art. 36 cit. sorge nella vicenda solutoria delle imposte dovute dalla società la cui cura diligente incombe ex lege sul liquidatore stesso proprio a tutela della corretta attuazione della capacità contributiva del soggetto in liquidazione. Ne segue che, sul piano giuridico, la sua responsabilità rispetto all’obbligo del diligente versamento delle imposte non nasce per i fatti per cui sorge l’obbligazione tributaria. […]

In definitiva la ratio della norma, coerente al fine della rapida realizzazione del credito tributario, è tesa a evitare che i liquidatori assegnino beni ai soci, o favoriscano altri creditori, lasciando insoddisfatti i diritti del Fisco e ha per sfondo i medesimi doveri che -già per il diritto civile a tutela dei creditori privati – incombono sui liquidatori. […]

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, può, pertanto, affermarsi il seguente principio di diritto: «in materia di responsabilità del liquidatore ex art. 36 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, traente titolo per fatto proprio, ex lege, di natura civilistica e non tributaria, la preventiva iscrizione a ruolo del credito tributario societario non costituisce condizione necessaria per la legittimità dell’atto di accertamento emesso, ai sensi del quinto comma dello stesso art. 36, nei confronti del liquidatore, il quale, in sede di ricorso avverso tale avviso, potrà contestare, innanzi agli organi della giustizia tributaria, la sussistenza dei presupposti dell’azione intrapresa nei suoi confronti ivi compresa la debenza di imposte a carico della società”.

Torneremo senz’altro sulla sentenza nel prossimo numero della rivista per una riflessione più approfondita.

Viene da pensare però che se il debito non deve essere necessariamente iscritto a ruolo al momento della liquidazione dovrà probabilmente avere comunque una connotazione di certezza e non di mera eventualità che si manifesti qualche anno dopo lo scioglimento della società. In questo senso il parallelo coi criteri civilistici (anzi l’espresso riferimento ad essi) appare inequivoco. Anche la valutazione della capacità di adempiere, da assolvere prima di assumere nuove obbligazioni e/o in riferimento al corretto adempimento in termine di gradazione dei crediti, sempre sul versante civilistico, presuppone necessariamente un debito se non certo e liquido, almeno conoscibile.

 

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