Alle Sezioni Unite la corretta interpretazione dell’articolo 36 del DPR 602/73 in relazione alla responsabilità del liquidatore

by admintrib

Con l’Ordinanza interlocutoria 6 dicembre 2022 n. 35805 la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Virgilio, Rel. La Rocca) ordina la trasmissione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili la lettura dell’articolo 36 del decreto sulla riscossione.

Il ricorrente infatti con l’unico motivo aveva dedotto violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando l’erroneità della sentenza di appello, che aveva ritenuto sufficiente, ai fini della certezza dell’obbligazione tributaria della società, il mero controllo della dichiarazione, senza una iscrizione a ruolo delle relative somme. Secondo il ricorrente, trovando fonte in una autonoma obbligazione legale con funzione sussidiaria, difetterebbe una delle condizioni necessarie ai fini della esercitabilità dell’azione di responsabilità ex art. 36 cit., dovendo l’Amministrazione provare di aver iscritto, quantomeno in ruoli provvisori, i crediti di cui pretende il pagamento da parte del liquidatore.

il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, nella versione applicabile ratione temporis, prevede quanto segue: “I liquidatori dei soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se soddisfano crediti di ordine inferiore a quelli tributari o assegnano beni ai soci o associati senza avere prima soddisfatto i crediti tributari. Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti” (comma 1, modificato dall’art. 28, comma 5, lett. a) del D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175: “I liquidatori dei soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari. Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti”). “La disposizione contenuta nel precedente comma si applica agli amministratori in carica all’atto dello scioglimento della società o dell’ente se non si sia provveduto alla nomina dei liquidatori” (comma 2). “I soci o associati, che hanno ricevuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione danaro o altri beni sociali in assegnazione dagli amministratori o hanno avuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori durante il tempo della liquidazione, sono responsabili del pagamento delle imposte dovute dai soggetti di cui al comma 1 nei limiti del valore dei beni stessi, salvo le maggiori responsabilità stabilite dal codice civile” (comma 3, alla fine del quale il D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 5, lett. b), ha inserito il seguente periodo: “Il valore del denaro e dei beni sociali ricevuti in assegnazione si presume proporzionalmente equivalente alla quota di capitale detenuta dal socio od associato, salva la prova contraria“). “Le responsabilità previste dai commi precedenti sono estese agli amministratori che hanno compiuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione ovvero hanno occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili” (comma 4). “La responsabilità di cui ai commi precedenti è accertata dall’ufficio delle imposte con atto motivato da notificare ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60” (comma 5). “Avverso l’atto di accertamento è ammesso ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636. Si applica il comma 1 dell’art. 39″ (comma 6).

Il D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, comma 7, ha eliminato, dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 19, comma 1, ogni riferimento all’art. 36, con la conseguenza che oggi la responsabilità del liquidatore non è più limitata alle sole imposte sui redditi, ma si estende a tutte le imposte dovute dalla società.

La questione sollevata si incentra, in sostanza, sul significato da attribuire all’espressione “imposte dovute” e presenta, ad avviso della Corte, un indubbio rilievo nomofilattico in quanto, sebbene nella giurisprudenza di legittimità si rinvenga un orientamento consolidato, non mancano profili di incertezza concettuale e di incoerenza sistematica. A tal riguardo la motivazione ripercorre le diverse posizioni in dottrina e nella elaborazione giurisprudenziale, con una esposizione dettagliata e molto estesa.

Come evidenziato in uno specifico passaggio infatti esiste un problema di bilanciamento di contrapposti interessi di rango costituzionale, dovendosi contemperare l’esigenza di effettività e pienezza del diritto di difesa del liquidatore con l’esigenza di rapida realizzazione del credito tributario.

Ma alla fine i Giudici di Legittimità tornano sul centro della questione, con riferimento alle perplessità intorno alla soluzione sinora seguita dalla Corte stessa. Testualmente: “La questione di massima (se l’azione dell’Amministrazione finanziaria nei confronti del liquidatore di una società D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 36, presupponga l’accertamento del debito tributario della società e la sua iscrizione a ruolo) è di particolare importanza in termini generali ma riveste peculiare rilievo nel caso in cui sia intervenuta la cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese prima del 13 dicembre 2014, attesa l’irretroattività del D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28 comma 4, che ha previsto la sospensione per un quinquennio, ai soli fini fiscali, dell’efficacia dell’estinzione della società: in questa ipotesi, come sopra osservato, l’accertamento del debito tributario della società può risultare assai problematico”.

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