Una utile pronuncia sull’inesistenza soggettiva.

by AdminStudio

Abbiamo inserito pochi giorni fa nelle “news” una sentenza di merito della CGT di primo grado di Brescia nella quale si applicano i principi declinati dalla Corte UE e dalla Cassazione in tema di operazioni inesistenti, motivazioni degli atti impositivi ed onere della prova.

Tali principi vengono ribaditi dalla Quinta Sezione civile della Corte di Cassazione nella Ordinanza 24 gennaio 2024, n. 2392 (Pres. Crucitti, Rel. Fracanzani) con una connotazione di ulteriore interesse per la difesa del contribuente.

Sappiamo infatti che i Giudici di merito, pur sempre alle dipendenze del MEF, tendano sovente ad eludere specifiche eccezioni o a motivare sommariamente. E, in tema di operazioni inesistenti, non è raro osservare come un acquisto oggettivamente inesistente nelle tesi dell’AdE venga riqualificato come soggettivamente inesistente, una volta introdotti elementi probatori idonei dalla difesa, senza che l’inesistenza soggettiva sia contestata e provata negli atti impositivi.

Nel caso specifico la Corte riconosce in primo luogo che la motivazione della CTR è solo apparente.

Infatti costituisce ius receptum (in termini, Cass. n. 2876 del 2017) il principio secondo cui il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata. Come da ultimo precisato “ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass. n. 9105 del 07/04/2017; Cass. 25456 del 2018; n. 26766 del 2020).

Venendo poi al tema della inesistenza soggettiva viene ricordato che “in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi” (cfr. Cass., V, n. 27566/2018).

Inoltre “In virtù del principio iura novit curia (art. 113 cod. proc. civ.), il giudice ha il potere-dovere di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in giudizio, potendo porre a fondamento della sua decisione disposizioni e principi di diritto diversi da quelli richiamati dalle parti, purché i fatti necessari al perfezionamento della fattispecie ritenuta applicabile coincidano con quelli della fattispecie concreta sottoposta al suo esame” (cfr. Cass., V, n. 33952/2019).

Nella fattispecie in esame la CTR, nel qualificare l’operazione e la fattura come soggettivamente inesistenti, non ha dato conto di alcuno degli elementi della fattispecie concreta, né sotto il profilo dell’assolvimento dell’onere della prova a carico dell’Amministrazione in ordine all’oggettiva fittizietà del cedente e alla consapevolezza da parte del contribuente del meccanismo fraudolento né sotto quello dell’onere della prova a contrario a carico di quest’ultimo, che – senza indicare previamente se e in quali termini l’Ufficio avesse assolto all’onere probatorio a proprio carico – ha ritenuto apoditticamente non assolto.

Ne deriva l’accoglimento del ricorso.

 

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