Regime del margine in caso di acquisto di autoveicoli usati: l’acquirente ha l’onere di controllare la regolarità dell’applicazione di tale regime.

by Luca Mariotti

Non finiscono più gli obblighi di effettuare indagini, posti a carico dell’imprenditore il quale, oltre alle difficoltà del panorama macroeconomico generale, deve ottemperare a una serie di controlli sulle proprie controparti commerciali. Controlli non richiesti da norme di legge, ma da una elaborazione giurisprudenziale varia e sempre pronta a trovare in caso di evasione (o anche se l’evasione sia solo potenziale) dell’acquirente o del fornitore, un facile responsabile in colui che, col soggetto non regolare (anche solo in ipotesi) ha intrattenuto rapporti.

La questione è nota per le operazioni soggettivamente inesistenti nelle quali l’acquirente inconsapevole deve dotarsi di una certa diligenza investigativa. Così come nelle vendite intra UE nelle quali è ormai posto a carico di chi vende, anche in assenza di frodi, l’onere di documentare che la merce consegnata sia davvero andata all’estero.

E’ un filone di giurisprudenza che sta evidentemente travalicando le normali mansioni dell’impresa e con esse quel principio di proporzionalità da seguire sempre in ambito di azione pubblica. Soprattutto se tutti i necessari controlli facciano (come realmente fanno) carico allo stesso soggetto, per le più disparate ragioni.

L’Ordinanza 18 maggio 2018, n. 12265 della Sezione Tributaria (Pres. Bruschetta, Rel. Rossetti) pone a carico dell’imprenditore un ulteriore onere: quello per cui chi acquista un bene usato in regime del margine non può limitarsi a recepire acriticamente quanto dichiaratogli dal venditore circa l’applicabilità di tale regime. Deve controllare invece la legittimità di tale impostazione.

Per la verità la pronuncia, che si richiama a due recenti decisioni, l’una della Corte di giustizia dell’Unione Europea (Corte giust., 18.5.2017, in causa C-624/15, Litdana), l’altra delle Sezioni Unite (Cass. sez. un. 12.9.2017 n. 21105), è in sé abbastanza equilibrata. Ma davvero va fatta una riflessione (soprattutto, riteniamo, in sede legislativa) sulla notevole batteria di controlli (e di relativo pericolo di oneri fiscali enormi) a carico del contribuente inconsapevole o anche meno attento di quanto da lui si pretende. Riflessioni, riteniamo, sulla opportunità e sul rapporto coi principi dell’ordinamento di un filone interpretativo suscettibile di far chiudere una molteplicità di aziende per un controllo non adeguato o presuntivamente non adeguato.

In questo caso nell’ordinanza si richiede che il contribuente,  in fase di acquisto di un automezzo usato, alla stregua della ordinaria diligenza esigibile da un operatore economico medio (secondo il modello desumibile dall’art. 1176, comma secondo, c.c.),  compia quelle attività minime che, letteralmente “senza oneri aggiuntivi”, gli consentirebbero “agevolmente” un fondato giudizio sulla storia del veicolo oggetto dell’acquisto: in particolare, esaminando la carta di circolazione, e riscontrando se tra i precedenti possessori su essa indicati vi fossero stati imprenditori commerciali. Il che, ci permettiamo sommessamente di notare, non è del tutto vero: o meglio lo è per le società ma meno per gli imprenditori persona fisica.

La Corte afferma che solo se nemmeno da tale riscontro fosse emersa la precedente appartenenza del veicolo ad un soggetto legittimato alla detrazione dell’IVA (da cui l’impossibilità di applicare il regime del margine), potrà dirsi incolpevole e scusabile la condotta dell’acquirente nazionale, il quale consenta al proprio dante causa di applicare senza averne diritto il regime stesso.

Per accertare, poi, se il venditore del veicolo usato (od il suo dante causa) sia o no un imprenditore commerciale, l’acquirente ha l’onere, di norma di agevole assolvimento e non contrario al principio di proporzionalità, di verificare l’identità dei precedenti proprietari per come risultante dalla carta di circolazione (il c.d. “libretto”) di cui agli artt. 93, 110 e 114 del codice della strada (d.Ig. 30.4.1992 n. 285).

Se queste attenzioni “agevoli” e “senza oneri aggiuntivi” mancano, quindi, l’eventuale illegittima applicazione del regime costringerà l’acquirente poco accorto a versare l’IVA sulla transazione.

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