Rimborsi IVA transfrontalieri: le cause ostative rilevano soltanto con riferimento all’anno civile.

by AdminStudio

“In tema di rimborsi IVA transfrontalieri, l’art. 38-bis.2 d.P.R. n. 633 del 1972, che disciplina l’esecuzione di quello in favore dei soggetti non residenti stabiliti in un altro Stato membro, va letto alla luce dell’art. 3 della Direttiva 2008/9/CE del Consiglio del 12 febbraio 2008, sicché rilevano quali cause ostative al rimborso in parola, sia la stabilità dell’organizzazione all’interno dello Stato nel periodo di riferimento, sia l’effettuazione di operazioni attive imponibili necessariamente nel medesimo periodo, coincidente, non con l’anno di imposta, bensì con l’anno civile, ossia con l’anno solare”.

Questo il principio di diritto affermato con sentenza n. 9556 (Pres. Fuochi Tinarelli, Rel. Leuzzi) del 9 aprile 2024 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione.

Nei fatti una società di diritto belga acquistava dal proprio fornitore turco forni industriali, corrispondendo l’IVA in Dogana: i prodotti acquistati venivano successivamente inviati ad un terzista e, nel corso del 2017, erano esportati in Cina. La società si avvaleva della procedura di rimborso prevista dall’art. 38-bis2 del d.P.R. n. 633 del 1972 la quale era negata dall’Ufficio in ragione delle operazioni rilevanti in Italia poste in essere dalla contribuente nel 2017. La CTP accoglieva il ricorso della società, mentre la CTR l’appello erariale. La società ricorreva dunque per Cassazione.

Come noto l’art. 38-bis2 del d.P.R. n. 633 del 1972, intitolato “Esecuzione dei rimborsi a soggetti non residenti stabiliti in un altro Stato membro della Comunità”, prevede che: “1. I soggetti stabiliti in altri Stati membri della Comunità, assoggettati all’imposta nello Stato in cui hanno il domicilio o la residenza chiedono il rimborso dell’imposta assolta sulle importazioni di beni e sugli acquisti di beni e servizi, sempre che sia detraibile a norma degli articoli 19, 19-bis1 e 19-bis2, secondo le disposizioni del presente articolo. Il rimborso non può essere richiesto dai soggetti che nel periodo di riferimento disponevano di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato ovvero dai soggetti che hanno ivi effettuato operazioni diverse da quelle per le quali debitore dell’imposta è il committente o cessionario, da quelle non imponibili di trasporto o accessorie ai trasporti e da quelle effettuate ai sensi dell’articolo 74-septies”.

I Giudici rilevato che “La disposizione in effetti non si distingue per nitore letterale e sintattico, rimanendo suscettibile di suggerire l’ancoraggio dell’inciso “periodo di riferimento” solo alla prima delle due cause ostative contemplate, id est la sussistenza di una stabile organizzazione” hanno evidenziato come, trattandosi di tributo armonizzato, “la rammentata norma interna non possa non esser letta alla luce delle ben più chiare e incisive regole unionali, contenute nella Direttiva 2008/9/CE del Consiglio del 12 febbraio 2008”.

In tal senso, come chiarito dalla Corte, l’art. 3 della Direttiva “traccia, in sostanza, un profilo di piena identità del “periodo di riferimento”, che è indefettibilmente collegato ad entrambe le cause ostative, rappresentate, per un verso, dall’assenza di stabilimento, per altro verso, dall’assenza nel medesimo lasso temporale di operazioni attive”, mentre i confini temporali del periodo di riferimento sono, a loro volta, perspicuamente evincibili dall’art. 16 della Direttiva 2008/9/CE, combaciando in buona sostanza con il periodo ricompreso fra il 1° gennaio e il 31 dicembre del medesimo anno, ossia con l’anno solare.

La Corte, accolto il ricorso, ha quindi sottolineato che “nell’impianto eurounitario, al cui lume va interpretata la disciplina interna, in definitiva, l’esistenza di operazioni concretamente effettuate nello Stato membro costituisce elemento ostativo determinante ai fini del rimborso solo qualora le stesse si collochino nel recinto dell’anno solare cui è correlata l’istanza di rimborso”.

 

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