Operazioni di finanziamento enunciate in sentenza: non scontano imposta di registro qualora siano già state assoggettate ad imposta sostitutiva.

by AdminStudio

“Il fatto che l’art. 15, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, non estenda l’assoggettamento delle operazioni di credito ad un’unica imposta sostitutiva anche per gli atti giudiziari ad esse relativi (i quali perciò sono soggetti ad imposizione secondo il regime ordinario), non comporta che le operazioni in questione, per essere enunciate in sede di quegli atti giudiziari, divengano soggette anche ad imposta di registro ai sensi dell’art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, che disciplina l’imposizione degli atti “enunciati” e non registrati e non riguarda né l’enunciazione di atti esenti, né gli atti soggetti ad imposizione sostitutiva, i quali, avendo già scontato detta imposta, non possono essere nuovamente soggetti ad imposizione”.

Questo il principio di diritto espresso dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione nella sentenza 14 marzo 2024 n. 6893 (Pres. Sorrentino, Rel. Di Pisa) che respinge il ricorso dell’Agenzia delle Entrate in una vicenda di recupero di imposta di registro a carico di un importante istituto di credito.

La tematica posta all’attenzione della Corte concerneva nello specifico la questione se l’imposta di registro debba essere applicata agli atti giudiziari che enuncino contratti di garanzia quando tali contratti siano stati già tassati con l’imposta sostitutiva ai sensi dell’ art. 17 del citato d.P.R. n. 601/1973.

Secondo la Corte la tesi preferibile appare quella negativa dovendosi dare continuità all’orientamento secondo cui il fatto che l’art. 15, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, non estenda l’assoggettamento delle operazioni di credito ad un’unica imposta sostitutiva anche per gli atti giudiziari ad esse relativi (i quali perciò sono soggetti ad imposizione secondo il regime ordinario), non comporta che le operazioni in questione, per essere enunciate in sede di quegli atti giudiziari, divengano soggette anche ad imposta di registro ai sensi dell’art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, che disciplina l’imposizione degli atti “enunciati” e non registrati e non riguarda né l’enunciazione di atti esenti, né gli atti soggetti ad imposizione sostitutiva, i quali, avendo già scontato detta imposta, non possono essere nuovamente soggetti ad imposizione. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto non dovuta, in quanto già assolta in via sostitutiva, l’imposta relativa alla registrazione di un contratto di conto corrente e della garanzia fideiussoria, enunciati nel decreto ingiuntivo). (Sez. 5, Sentenza n. 22829 del 08/10/2013, Rv. 628486 – 01), principio successivamente ribadito, in relazione a fattispecie analoghe (vedi ex multis Cass. 18 aprile 2018, n. 9502; Cass. 4 luglio 2019, n. 17938; Cass. 22 gennaio 2021, n. 1300; 24 marzo 2021, n. 8341; da ultimo, Cass. 31 marzo 2022, n. 10490).

E’ vero che, in via generale, la fideiussione deve sottostare, anche se enunciata in sentenza, all’imposta di registro proporzionale. L’art.6, Tariffa Parte Prima del TUR include le garanzie reali e personali fra quelle soggette a tributo a termine fisso, con aliquota pari al 0,50%. L’art. 43 TUR prevede che la base imponibile sia pari alla somma garantita. Ai sensi dell’art. 22 TUR, se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene l’enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate. Ai fini della determinazione dell’imponibile, lo stesso articolo 22 chiarisce che la base imponibile dell’imposta debba essere determinata considerando la parte dell’atto enunciato “non ancora eseguita”.

Su tali presupposti normativi la Corte stessa ha stabilito che è soggetto ad imposta di registro in misura proporzionale il contratto di fideiussione enunciato in una sentenza di Tribunale, dal momento che la natura accessoria del contratto di fideiussione in campo civilistico (art. 1939 cod. civ.) non può essere riprodotta nel diverso ambito tributario; men che meno in quello dell’imposta di registro, come detto improntata all’autonoma rilevanza dei singoli negozi ed atti presentati alla registrazione (Cass. nn. 17899/05; 2230/15; 17237/13).

Tuttavia secondo i Giudici di Legittimità una diversa conclusione si impone quando le fideiussioni sono correlate, come nel caso in questione. ad operazioni di finanziamento a medio – lungo termine ammesse al regime sostitutivo.

L’art.15 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 601 dispone che queste operazioni e: “tutti i provvedimenti, atti, contratti e formalità inerenti alle operazioni medesime, alla loro esecuzione, modificazione ed estinzione, alle garanzie di qualunque tipo da chiunque e in qualsiasi momento prestate e alle loro eventuali surroghe, sostituzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione a tali finanziamenti, effettuate da aziende e istituti di credito e da loro sezioni o gestioni che esercitano, in conformità a diposizioni legislative, statutarie o amministrative, il credito a medio e lungo termine, sono esenti dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo, dalle imposte ipotecarie e catastali e dalle tasse sulle concessioni governative”.

Occorre, quindi, considerare che questa Corte di legittimità ha già affermato il principio secondo cui la mancata estensione, ad opera dell’ art. 15, secondo comma, d.P.R. n. 601 del 1973, del regime agevolativo previsto per le operazioni di credito anche agli atti giudiziari ad esse relativi (i quali sono perciò soggetti ad imposizione secondo il regime ordinario) non comporta che le operazioni di credito in questione, per il fatto di venir enunciate in quegli atti giudiziari, divengano perciò soggette anche ad imposta di registro, ai sensi dell’ art.22 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.

Dunque, per la Corte, la Commissione tributaria regionale ha correttamente escluso l’applicabilità dell’imposta di registro assumendo che la fideiussione in oggetto, in quanto relativa, secondo quanto accertato in punto di fatto, ad operazioni di finanziamento a medio e lungo termine, potesse usufruire di un regime sostitutivo ai sensi degli artt. 15 e 17 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, con esclusione dall’applicazione dell’imposta di registro. Difatti, come detto, la Corte stessa ha affermato che la mancata estensione, ad opera dell’ art. 15, secondo comma 2, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, del regime agevolativo previsto per le operazioni di credito alla cooperazione anche gli atti giudiziari ad esse relativi (i quali sono, perciò, soggetti ad imposizione secondo il regime ordinario) non comporta che le operazioni di credito in questione, per il fatto di venire enunciate in sede di quegli atti giudiziari, divengano perciò soggette anche ad imposta di registro, ai sensi del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 22 (Cass., Sez. 5, 29 marzo 2002, n. 4586; Cass., Sez. 5, 20 febbraio 2004, n. 3428; Cass., Sez. 5, 8 ottobre 2013, n. 22829; Cass., Sez. 5, 4 luglio 2019, n. 17938; Cass., Sez. 6-5, 24 marzo 2021, n. 8341; Cass., Sez. 5, 19 novembre 2021, nn. 35442 e 35443; Cass., Sez. 5, 30 novembre 2021, n. 37386). Il d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 22, non riguarda, infatti, l’enunciazione di atti esenti, né riguarda gli atti soggetti ad imposta sostitutiva (Cass., Sez. 5, 8 ottobre 2013, n. 22829).

Il regime derogatorio previsto dall’ art. 15, secondo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, è diretto ad escludere l’applicazione dell’esenzione stabilita dal comma 1 esclusivamente per gli atti giudiziari che definiscono giudizi aventi ad oggetto operazioni di finanziamento o garanzia esenti. Tale previsione non comporta l’assoggettamento ad imposta di registro anche di contratti di finanziamenti e di garanzie già assoggettate ad imposta sostitutiva sui finanziamenti per il solo fatto di essere enunciati in atti giudiziari (Cass., Sez. 6-5, 24 marzo 2021, n. 8341).

 

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