Investimenti in aree svantaggiate e relative agevolazioni: la costruzione di un immobile poi destinato parzialmente alla locazione non inficia la sussistenza di un complesso unitario destinato allo svolgimento di attività. Il recupero del credito di imposta segue le regole dei non spettanti e non dei crediti inesistenti.

by AdminStudio

“In tema di agevolazioni per le aree svantaggiate, ai fini dell’applicazione dell’art. 7, comma 1-bis, d.l. 30 settembre 2005 n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 – e quindi ai fini della persistenza del diritto al credito di cui all’art. 8 legge 23 dicembre 2000, n. 388 – perché sussista “un complesso unitario polifunzionale destinato allo svolgimento di attività commerciale” occorre che si sia in presenza di un insieme di unità immobiliari le quali, pur avendo una propria autonomia, mantengano con le altre unità un collegamento economico-funzionale che è ravvisabile sia nell’ipotesi di condivisione di servizi comuni sia nel fatto che l’esercizio delle singole attività nel medesimo complesso crei sinergie ed economie di scopo”.

Il principio di diritto viene chiaramente affermato nella ordinanza n. 3993 del 13 febbraio 2024 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Cirillo, Rel. Angarano).

Nel caso specifico l’Ufficio aveva ritenuto che la contribuente fosse decaduta dai benefici fiscali previsti per gli investimenti in aree svantaggiate dall’art. 62, comma 1, legge 27 dicembre 2002, n. 289 di cui aveva usufruito, portandoli in compensazione, in ragione della costruzione di un opificio industriale, in quanto, dopo il completamento dei lavori, iniziati nel 2004 e terminati nel 2006, aveva concesso l’immobile in locazione a terzi, così venendo meno la condizione dell’effettiva destinazione alle strutture produttive dell’impresa. L’Ufficio, in particolare, dopo aver precisato che in caso di locazione dell’immobile il contribuente decadeva dal beneficio salvo che gli immobili costituissero “un complesso unitario polifunzionale destinato allo svolgimento di un’attività di impresa” rilevava che la contribuente non poteva concedere in locazione l’intero immobile realizzato per lo svolgimento della propria attività.

La C.t.r., a conferma della sentenza di primo grado, per quanto ancora di rilievo, disattendeva le ragioni della contribuente sia in ordine alla natura polifunzionale del bene, compatibile con l’agevolazione di cui aveva beneficiato, sia alla decadenza, quanto al 2006, del diritto al recupero.

Secondo la Corte invece la disciplina agevolativa prevede, all’art. 8 comma 7, che il credito maturato in relazione agli investimenti realizzati venga rideterminato soltanto se entro il quinto periodo d’imposta successivo a quello nel quale sono entrati in funzione, i beni sono dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all’agevolazione, escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni anzidetti. In simili ipotesi, pertanto, il soggetto perde il diritto a fruire del credito d’imposta per la parte corrispondente al valore dei beni per i quali viene meno il requisito della destinazione alla struttura produttiva originaria. L’art. 7, comma 1-bis, d.l. n. 203 del 2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 248 del 2005, ha introdotto una norma di interpretazione autentica dell’art. 8, comma 7, cit., prevedendo che gli immobili strumentali per natura, ai sensi dell’articolo 43, comma 2, secondo periodo t.u.i.r. “i quali costituiscono un complesso immobiliare unitario polifunzionale destinato allo svolgimento di attività commerciale, qualora siano locati a terzi, non si intendono destinati a struttura produttiva diversa, a condizione che gli stessi vengano destinati allo svolgimento di attività d’impresa ai sensi dell’articolo 55 del citato testo unico”.

Alla luce di tale norma interpretativa, pertanto, la locazione ad altro soggetto di un bene immobile non comporta necessariamente decadenza dal beneficio previsto dall’articolo 8 legge n. 388 del 2000.

In ragione di quanto disposto dal legislatore, questa Corte ha chiarito che non contrasta con la disciplina in esame la circostanza che la locazione del complesso sia totale o parziale e/o intervenga con più locatori, né impone che le attività produttive, che questi debbono svolgervi, siano la stessa di quella svolta dal locatore/beneficiario (Cass. 23/12/2020, n. 29340).

Quanto, poi, alla individuazione di cosa si intenda per “complesso immobiliare unitario polifunzionale destinato allo svolgimento di attività commerciale”, occorre che si sia in presenza di un insieme di unità immobiliari le quali, pur avendo una propria autonomia, in quanto idonee ad essere utilizzate in modo indipendente le une dalle altre, tuttavia, mantengano con le altre unità un collegamento economico-funzionale. Quest’ultimo è ravvisabile sia in caso di condivisione di servizi comuni laddove l’esercizio delle singole attività nel medesimo complesso immobiliare crei sinergie ed economie di scopo. (Cass. 14/10/2020, n. 22174).

Per il computo dei termini per il recupero del credito, poi, la Corte rammenta i principi recentemente sanciti dalle Sezioni Unite secondo cui “in tema di compensazione di crediti o eccedenze d’imposta da parte del contribuente, all’azione di accertamento dell’erario si applica il più lungo termine di otto anni, di cui all’art. 27, comma 16, d.l. n. 185 del 2008, quando il credito utilizzato è inesistente, condizione che si realizza – alla luce anche dell’art. 13, comma 5, terzo periodo, d.lgs. n. 471 del 1997, come modificato dal d.lgs. n. 158 del 2015 – allorché ricorrano congiuntamente i seguenti requisiti: a) il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo; b) l’inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter d.P.R. n. 600 del 1973 e all’art. 54-bis d.P.R. n. 633 del 1972; ove sussista il primo requisito ma l’inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda crediti non spettanti e si applicano i termini ordinari per l’attività di accertamento” (Cass. Sez. U. 11/12/2023, n. 34419).

Applicando detti principi deve ritenersi che nella fattispecie in esame si è in presenza di un credito, eventualmente, non spettante in quanto il credito, se pure condizionato a quanto previsto dall’art. 8, comma 7, legge n. 388 del 2000 e dall’art. 7, comma 1-bis, d.l. n. 203 del 2005, era comunque esistente. Deve ritenersi, pertanto, che, per l’anno 2006, l’Ufficio fosse decaduto dalla potestà di recupero.

Continuiamo doverosamente a segnalare i (moltissimi) casi in cui il contribuente dopo due gradi di merito si è visto riconoscere l’applicazione di elementari principi di diritto solo in Cassazione. Questo è l’ennesimo in cui in pratica si è avuto un solo effettivo grado di giudizio.

 

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