Plusvalenza da cessione di azienda: ai fini del realizzo non conta l’incasso, quanto la conclusione del contratto. Vale in sostanza il principio di competenza.

by AdminStudio

“In tema di imposte sui redditi, la plusvalenza fiscalmente rilevante collegata alla cessione di un’azienda si realizza al momento della conclusione del contratto, mentre non hanno rilievo alcuno le vicende successive relative all’adempimento degli obblighi contrattuali, quali l’omessa percezione del prezzo o la sua eventuale rateizzazione, o l’estinzione dell’obbligazione per effetto di una transazione di carattere novativo, successivamente intervenuta.” (Cass. n. 4365 del 23/02/2011; conf. Cass. n. 4366 del 23/02/2011; Cass. n. 14848 del 07/06/2018; isolato rimane l’orientamento espresso da Cass. n. 5876 del 13/03/2014).

Tale orientamento viene confermato nella ordinanza n. 3936 del 13 febbraio 2024 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Manzon, Rel. Nonno).

Nel caso specifico l’avviso di accertamento era stato emesso però, come si legge nella sentenza, in ragione di una plusvalenza imputabile al contribuente in relazione ad una cessione immobiliare e della rettifica del reddito d’impresa con riferimento alle rimanenze finali, cedute in evasione di IVA.

La CTR respingeva l’appello proposto da AE evidenziando che il contratto di cessione immobiliare da cui era scaturita la plusvalenza era stato risolto dal Tribunale di Roma per mancato pagamento del prezzo, con conseguente annullamento della ripresa.

Ora, che di cessione immobiliare come si legge nelle premesse, si tratti o si tratti invece di cessione d’azienda come si legge invece nel principio giurisprudenziale citato, pare di poter affermare con certezza che siamo nell’ambito del reddito di impresa. Dunque a fronte della plusvalenza da cessione contrattualizzata (e costituente secondo il Giudice di legittimità elemento tassabile al momento del contratto) in caso di mancato pagamento potrà essere registrata una perdita di pari importo.

Dunque per la Coste ha errato la CTR a ritenere la rilevanza della risoluzione del contratto e il mancato pagamento del prezzo, “essendosi in ogni caso la plusvalenza realizzata al momento della cessione. E, in ogni caso, il contribuente, a seguito del mancato pagamento del prezzo, avrà comunque diritto a iscrivere a bilancio la relativa minusvalenza (Cass. n. 14560 del 26/05/2021; Cass. n. 24378 del 30/11/2016)”.

E’ bene precisare che non tutti i riferimenti giurisprudenziali citati a ritroso sono privi di problematiche interpretative e alcuni sono molto distanti tra loro. Infatti Cass. 5876/2014 identifica il concetto di realizzo con quello di incasso del credito, mentre, a contrario, Cass. 14848/2018 considera la cessione di una quota sociale realizzata al momento del contratto. Cioè in questo caso si tratta di una cessione fuori dal reddito di impresa considerata realizzata per competenza e non si capisce bene il motivo.

Una posizione più equilibrata sembra essere la citata Cass. 14560/2021 che tratta della cessione di un’azienda. Per la Corte il conseguente valore patrimoniale che si realizza con la cessione spiega, dunque, il perchè, ai fini delle imposte sui redditi, essa trova la sua disciplina principale nell’art. 86 T.U.I.R., che si occupa delle plusvalenze patrimoniali. Il secondo periodo del comma 2, infatti, stabilisce che “concorrono alla formazione del reddito anche le plusvalenze delle aziende, compreso il valore di avviamento, realizzate unitariamente mediante cessione a titolo oneroso”. In base alla disciplina in parola, la plusvalenza è la risultante della differenza tra il corrispettivo pattuito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato dei beni costituenti l’azienda stessa. Considerato, dunque, che la cessione di azienda a titolo oneroso costituisce un’operazione che realizza plusvalori collegati al reddito d’impresa, ne deriva che il criterio di competenza, di cui all’art. 109 T.U.I.R., comma 1, è – salvo le ipotesi tassativamente previste dalla legge – inderogabile per il contribuente, il quale non può dichiarare le componenti positive o negative a sua discrezione, ma solo nel periodo indicato dalla legge come di competenza.

Quindi in ambito aziendale “non è applicabile l’art. 67 T.U.I.R., che disciplina la differente ipotesi di partecipazioni possedute da persone fisiche, non imprenditori (capita/ gains) e non invece il principio inderogabile di competenza di cui all’art. 86 T.U.I.R., comma 2”.

 

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