Accertamento sintetico: la figura dell’amministratore di società non equivale a quella di imprenditore, pertanto i prelevamenti dal conto corrente non assumono rilevanza ai fini impositivi.

by AdminStudio

L’amministratore di società non è equiparabile all’imprenditore in proprio in materia di articolo 32 del DPR 600/73 come riformato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014. Pertanto ai fini dell’accertamento sintetico rilevano i versamenti sul conto corrente ma non i prelevamenti.

Lo ha ribadito la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione nella ordinanza 7 febbraio 2024 n. 3269 (Pres. Napolitano, Rel. Macagno).

I Giudici di legittimità ricordano che in materia di accertamenti bancari, la giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentenze n. 4829/2015; 5758/2018) è ferma nel ritenere che, qualora l’accertamento effettuato dall’Ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. 600/1973, comma primo, n. 2), attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica, ma analitica, per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili, dalla movimentazione bancaria, non sono riferibili ad operazioni imponibili.

Tuttavia, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 288 del 2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, numero 2), secondo periodo, del d.P.R. n.600/1973 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, limitatamente alle parole “o compensi”, ed ha ridefinito il perimetro applicativo della norma relativa ai prelevamenti, la presunzione si applica ai movimenti bancari di prelevamento, solo se essi riguardano un imprenditore e non un lavoratore autonomo.

Ne consegue che, in tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dall’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 con riferimento ai soli versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili, mentre è venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale relativamente ai prelevamenti sui conti correnti (Cass. nn. 16697 del 09/08/2016, 19029 del 27/09/2016; di recente v. Cass. n. 20773 del 18/07/2023).

Pertanto, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014, al lavoratore autonomo, ed a maggior ragione nel caso in esame che attiene alla posizione di lavoratore dipendente o comunque di socio e amministratore, può essere applicata solo la presunzione di reddito imponibile dei “versamenti”, ma non quella dei “prelevamenti” (v. Cass. Sez. 5, n. 37368 del 30/11/2021).

La qualifica di amministratore non equivale a quella di imprenditore, potendo l’amministratore di società di capitali anche svolgere attività di lavoro subordinato, ove ne ricorrano i necessari presupposti. Invero, per questa Corte, il rapporto che lega l’amministratore alla società è di immedesimazione organica, non riconducibile al rapporto di lavoro subordinato, né a quello di collaborazione coordinata e continuativa, dovendo essere, piuttosto, ascritto all’area del lavoro professionale autonomo ovvero qualificato come rapporto societario “tout court”, sicché le controversie tra amministratori e società, anche se specificamente attinenti al profilo “interno” dell’attività gestoria ed ai diritti che ne derivano agli amministratori (quale, nella specie, quello al compenso), sono compromettibili in arbitri, ove tale possibilità sia prevista dagli statuti societari (Cass., sez. 1, 11 febbraio 2016, n. 2759; per l’ammissibilità di un rapporto di lavoro subordinato anche per l’amministratore di società di capitali vedi Cass., sez. 1, 6 novembre 2013, n. 24972, Cass., sez. 1„ 30 settembre 2016, n. 19596; Cass., sez. 6-L, 9 maggio 2019, n. 12308).

L’Amministrazione finanziaria ha imputato al contribuente gli importi prelevati e non giustificati a titolo di reddito da lavoro dipendente e ha ribadito tale qualifica nelle proprie difese in giudizio.

Non operando la presunzione di cui all’art. 32 del DPR n. 600/1973, le somme prelevate non possono quindi essere considerate di pertinenza del contribuente senza alcun elemento di prova della successiva percezione del contante da parte sua, e ciò a maggior ragione per i prelievi effettuati dal di lui figlio o da dipendenti che hanno materialmente incassato gli assegni.

In conclusione, assorbiti gli altri motivi, in accoglimento del ricorso la sentenza deve essere cassata e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, viene decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., con l’accoglimento dell’originario ricorso del contribuente.

 

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