Accertamento sintetico da “redditometro”: la prova contraria da parte del contribuente può trovare riferimento nella complessiva posizione reddituale dell’intero nucleo familiare e nei risparmi precedentemente accantonati

by AdminStudio

“In tema di accertamento delle imposte sui redditi, con riferimento alla determinazione sintetica del reddito complessivo netto in base ai coefficienti presuntivi individuati dai decreti ministeriali previsti dall’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 (cd. redditometri), la prova contraria ivi ammessa, richiedendo la dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, implica un riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli”.

Questo il principio di diritto ribadito con ordinanza n. 31568 del 13 novembre 2023 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Napolitano, Rel. Giudicepietro).

Nei fatti un contribuente ricorreva per cassazione avverso la sentenza della CTR della Calabria che aveva rigettato il ricorso del contribuente avverso la sentenza della CTP di Catanzaro, che aveva parzialmente accolto il ricorso introduttivo, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa dell’accertamento sintetico dei redditi del contribuente per l’anno 2006. In particolare, la CTR aveva ritenuto che dall’avviso di accertamento impugnato risultava come l’acquisto del terreno (spesa per incremento patrimoniale sostenuta nel 2009) fosse avvenuto da parte del solo Frontera Francesco: cosicché il solo reddito da tenere in esame era quello di costui e non anche quello della coniuge.

Come ricordato dalla Corte “L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 disciplina il metodo di accertamento sintetico del reddito e, nel testo applicabile ratione temporis (cioè tra la legge n. 413 del 1991 ed il d.l. n. 78 del 2010, convertita dalla legge n. 122 del 2010), prevede, da un lato, la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento; dall’altro, prevede le «spese per incrementi patrimoniali», ossia quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente, stabilendo in tal caso una presunzione di imputabilità del reddito, in quote costanti, all’anno in cui la spesa è stata effettuata ed ai cinque precedenti, ed introducendo una disciplina di favore, adottata in base all’id quod plerumque accidit, ossia al fatto che la capacità di effettuare una determinata spesa ben può attribuirsi non al reddito prodotto nello stesso anno d’imposta cui l’accertamento si riferisce, bensì alla disponibilità di capitale accumulato negli anni precedenti. Resta salva, in ogni caso, la prova contraria a carico del contribuente, il quale può dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito, in tutto o in parte, da redditi soggetti a ritenute alla fonte o esenti da imposta ovvero da finanziamenti di terzi”.

I Giudici hanno pertanto evidenziato che “In presenza dei presupposti previsti dall’art. 38, la norma non impone, dunque, ulteriore onere all’amministrazione, ma piuttosto fa gravare sul contribuente l’onere di dimostrare, secondo il tenore letterale del sesto comma del citato art. 38, che «il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte», con la precisazione che «l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione». Dunque, l’oggetto della prova contraria da parte del contribuente riguarda non solo la disponibilità di ulteriori redditi, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso”.

La Corte, accolto il ricorso, ha dunque sottolineato che la CTR ha erroneamente affermato che la prova dei risparmi accumulati dai coniugi nel tempo dovesse limitarsi ai cinque anni di cui alla presunzione legale (escludendo, quindi, erroneamente che il contribuente potesse provare l’accumulo delle disponibilità in anni precedenti al quinquennio) e ha escluso a priori alcun rilievo alle disponibilità ed ai redditi della coniuge del contribuente.

 

Articoli correlati

ilTRIBUTO.it – Associazione per l’approfondimento e la diffusione dell’informazione fiscale nasce a giugno del 2014 intorno all’idea che la materia fiscale sia oggi di fondamentale importanza e che debba essere sempre piú oggetto di studio e di critica – sempre costruttiva – da parte di persone preparate.

I prezzi dei nostri libri sono Iva 4% esclusa

RIMANI AGGIORNATO!
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

CONTATTI

+39 055 572521

info@iltributo.it

supportotecnico@iltributo.it

Seguici sui nostri social

©2023 – Associazione culturale “il tributo” Sede Legale Via dei Della Robbia, 54 – 50132 Firenze C.f. 94238970480 – P.iva 06704870481
Restyling by Carmelo Russo