Rifiuto del collaboratore di ricevere la notifica in mani proprie: le regole corrette da rispettare per la corretta notifica secondo la Suprema Corte

by AdminStudio

 

La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione nella Ordinanza 7 agosto 2023, n. 23967 (Pres. Stalla, Rel. Mondini) esamina (accogliendola) una eccezione, sotto il profilo della violazione di legge relativamente alla sentenza impugnata, concernente l’omessa notifica iniziale di un atto impositivo che un collaboratore dell’azienda non aveva voluto ricevere.

La Corte ricorda quanto già espresso nella sentenza n. 37127 del 2022 alla luce della quale risulta , nel caso specifico, che il tentativo di notifica sia rimasto appunto un tentativo non essendosi il procedimento notificatorio perfezionato: “La notificazione a mezzo posta è oggetto di una specifica e dettagliata disciplinata, contenuta nella l. n. 890 del 1982 che, per quanto attiene alle formalità attraverso cui essa si realizza, contempla una serie progressiva e subordinata di fattispecie, assimilabili a quelle dettate dagli artt. 138, 139 e 140 c.p.c. e, segnatamente, all’art. 8 disciplina l’ipotesi di temporanea assenza del destinatario o di mancanza, inidoneità o assenza dei consegnatari o rifiuto degli stessi di ricevere il piego (cd. irreperibilità relativa). Nella sua originaria formulazione l’art. 8 prevedeva che l’agente postale doveva limitarsi a depositare l’atto da notificare presso l’ufficio postale, lasciando un avviso al destinatario “mediante affissione nella porta d’ingresso od immissione nella cassetta postale dell’abitazione, ufficio o azienda”; trascorsi dieci giorni dal suo deposito, se il destinatario o altro incaricato non provvedeva al ritiro, il plico era restituito al mittente unitamente all’avviso di ricevimento recante la dicitura “atto non ritirato”.

Questo tipo di procedimento, però, non sembrava assicurare al destinatario della notificazione una ragionevole sicurezza di venire a conoscenza dell’avvenuto tentativo di notifica e, comunque, del contenuto di ciò che si era tentato di notificargli.

Investita della questione, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 346/1998, ha ritenuto detta disciplina della notificazione (a mezzo posta) inidonea a fornire sufficienti garanzie in ordine all’effettiva possibilità di conoscenza dell’atto da parte del destinatario, pervenendo alla conclusione che l’art. 8 viola il diritto di difesa garantito dalla Cost., art. 24: a) quanto al comma 2, “nella parte in cui non prevede che, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, del compimento delle formalità descritte e del deposito del piego (nell’ufficio postale) sia data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento”; b) quanto al comma 3, “nella parte in cui prevede che il piego sia restituito al mittente, in caso di mancato ritiro da parte del destinatario, dopo dieci giorni dal deposito presso l’ufficio postale”.

Il legislatore, con la con la L. n. 80 del 2005, è intervenuto per adeguare la normativa di settore alle direttive indicate dalla Consulta, rielaborando il testo della l. n. 890 del 1982, art. 8, con la previsione che in caso di temporanea assenza del destinatario o di mancanza, inidoneità o assenza dei consegnatari o rifiuto degli stessi di ricevere il piego, lo stesso venga depositato presso il punto di deposito più vicino al destinatario e, al comma 4, che il destinatario sia messo a conoscenza del tentativo infruttuoso di notifica del piego e del suo deposito a cura dell’operatore postale, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d’ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda.

L’avviso deve contenere, oltre ai dati identificativi dell’atto inviato, la data di deposito e l’indirizzo del punto di deposito, l’invito a ritirare il piego entro il termine massimo di sei mesi, con l’avvertimento che la notificazione si ha comunque per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata.

Se il destinatario provvede al ritiro del piego entro il termine di dieci giorni, necessario al perfezionarsi della notifica per “compiuta giacenza”, gli effetti della notifica decorrono dal giorno stesso dell’avvenuto ritiro, in tal caso l’impiegato del punto di deposito deve riportare la data del ritiro sull’avviso di ricevimento che, datato e firmato dal destinatario o da un suo incaricato al ritiro, deve essere spedito al mittente, con raccomandata, entro due giorni lavorativi.

Se, viceversa, trascorrono 10 giorni dalla spedizione della raccomandata con cui si avvisa il destinatario del deposito del piego, senza che questi o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro (comma 6 dell’art. 8 cit.), l’operatore postale, entro due giorni lavorativi, restituisce con raccomandata al mittente l’avviso di ricevimento, sul quale annota la data del deposito del piego, i motivi che l’hanno determinato, l’indicazione “atto non ritirato entro il termine di dieci giorni” e la data di restituzione dell’avviso, indicazioni queste che vengono riportate dall’operatore postale anche nella raccomandata che viene spedita al mittente per restituirgli il piego non ritirato decorsi sei mesi dalla data di avvenuto deposito.

Con specifico riferimento alla notifica a mezzo posta nei casi di impossibilità di recapito per temporanea assenza del destinatario e di altri possibili consegnatari, in relazione alla quale opera appunto il meccanismo del perfezionamento per compiuta giacenza, si era venuto a creare un contrasto giurisprudenziale sul modo in cui debba essere giudizialmente provata la regolarità della notificazione. La questione, sottoposta all’esame delle Sezioni Unite, è stata risolta nel senso che, in caso di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite servizio postale, “qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per sua temporanea assenza ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio può essere data dal notificante – in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata (Cost., artt. 24 e 111, comma 2) della l. n. 890 del 1982, art. 8 – esclusivamente attraverso la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (cd. C.A.D.), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della suddetta raccomandata informativa” (Cass. Sez. Un., n. 10012/2021).

Nel caso specifico il procedimento suddetto non è stato rispettato, quindi hanno sbagliato, secondo la Cassazione, i Giudici di merito ritenendo perfezionata la notifica.

 

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