Le Sezioni Unite sulla non applicabilità del favor rei ad una fattispecie (la dichiarazione dell’acquirente funzionale alle agevolazioni prima casa) nei casi in cui le modifiche normative del 2014 renderebbero oggi non dovuta la maggiore imposta

by admintrib

“In tema di agevolazioni per l’acquisto della prima casa, la modifica dei parametri ai quali ancorare i presupposti per il riconoscimento del beneficio, disposta, quanto all’iva, dall’art. 33 del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, non ha inciso retroattivamente e l’infrazione, costituita dalla dichiarazione mendace, della quale è soltanto cambiato l’oggetto, è rimasta immutata; ne consegue che non si è verificata alcuna abolitio criminis”.

Questo è il principio di diritto che viene enunciato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella Sentenza 27 aprile 2022, n. 13145 (Pres. Manna, Rel. Perrino) che respinge il ricorso di una contribuente sanzionata per aver usufruito dei benefici prima casa sull’acquisto di una proprietà immobiliare di lusso secondo la vecchia normativa e non più tale con le modifiche del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175 per il quale il riferimento alle abitazioni di lusso non fa più riferimento alla superficie ma alla categoria catastale.

Sull’incidenza del diritto sopravvenuto sul regime sanzionatorio la sezione tributaria aveva emesso ordinanza interlocutoria rilevando un contrasto d’interpretazioni.

Da un lato, si afferma che non sussistono più i presupposti per l’irrogazione delle sanzioni. Le modifiche legislative, benché non abbiano abolito né l’imposizione, né le previsioni sanzionatorie derivanti dalla dichiarazione mendace, si argomenta, hanno comunque cancellato dall’ordinamento l’oggetto della dichiarazione, che costituisce elemento normativo della fattispecie, di modo che si potrebbe verificare che l’agevolazione spetti in base ai nuovi parametri, benché non spettasse secondo quelli vecchi. Il diritto sopravvenuto avrebbe dunque spezzato il collegamento fra la norma sanzionatoria e quella impositiva, caducando il titolo per l’applicazione della sanzione (Cass. n. 13235/16; nn. 2889, 2890, 2893, 2900, 3357, 3358, 3359, 3360, 3361, 3362, 11621, 11624, 11636, 11639/17; n. 2010/18, n. 14964/18; n. 26423/18; nn. 32304 e 32305/18; n. 354/19; n. 2414/19; n. 24343/19; n. 29390/19; n. 30902/19; nn. 31489 e 31490/19; n. 1164/21; n. 10656/21; n. 12392/21; nn. 12467 e 12468/21; n. 30761/21).

Il principio applicato è quello stabilito dall’art. 3, comma 3, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, secondo cui «se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo».

Minoritario è stato ritenuto dall’altro lato, l’orientamento (espresso da Cass. nn. 18421/17 e 8148/21), che afferma la persistenza della sanzione, derivante dalla permanenza della norma precetto, posto che l’abitazione acquistata dal contribuente che sia da qualificare di lusso ai sensi dell’art. 6 del d.nn. 2 agosto 1969 non può comunque godere dei benefici «prima casa», poiché la normativa sopravvenuta ancora lo vieta per le abitazioni acquistate in epoca precedente all’entrata in vigore di essa.

Costante è, difatti, l’affermazione che, qualora da una certa data un’imposta non sia più dovuta, ma lo resti per il periodo precedente, non si verifica alcuna abolitio criminis, la quale richiede la radicale eliminazione del presupposto impositivo. Se, dunque, l’imposta continua a essere dovuta per il periodo antecedente all’intervento normativo che l’ha poi esclusa, per quel periodo sono dovute anche le sanzioni.

La soluzione delle Sezioni Unite va contro la contribuente e contro le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale, il quale concludeva affinché le Sezioni Unite accogliessero il quarto motivo del ricorso, cassando la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, accogliessero così il ricorso originario della contribuente, limitatamente alle sanzioni, da dichiararsi non dovute.

Secondo le Sezioni Unite la soluzione va ricercata nella correlazione, nel caso specifico, tra sanzione e dichiarazione mendace della contribuente al momento dell’acquisto. Così letta la questione nessuna abolitio criminis si è verificata. Indubbio è, infatti, che, nel caso in esame, la dichiarazione fosse e sia rimasta mendace.

Che, nel caso in esame, resti dovuta la maggiore imposta pretesa perché l’immobile acquistato col beneficio della prima casa non rispondeva alle caratteristiche dell’immobile di lusso, è stabilito dal legislatore: basti il richiamo al comma 5 dell’art. 10 del d.lgs. n. 23/11, a norma del quale «Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2014».

Non ne dubitano, d’altronde, la sezione tributaria con le pronunce che, pure, reputano inapplicabile la sanzione, e la stessa contribuente, la quale riconosce che la modifica normativa non ha abolito l’imposizione, né le conseguenze sanzionatorie derivanti dalla falsa dichiarazione. Il mendacio, dunque, oltre che sussistente, resta rilevante. E lo resta perché quel che conta è la fattispecie astratta della dichiarazione mendace, e non l’oggetto di essa, che, in quanto antecedente di fatto, rappresenta un elemento esterno alla struttura della violazione. È difatti con riguardo alla struttura della fattispecie che va condotta l’indagine sugli effetti della successione di norme che hanno regolato quell’elemento, al pari dell’indagine sugli effetti penali della successione di leggi extrapenali.

 

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