La revocazione dei provvedimenti di Cassazione è possibile solo in caso di errore “percettivo” relativamente ai fatti ed alla loro esistenza o inesistenza.

by AdminStudio

“La revocazione dei provvedimenti della Cassazione è consentita solo nel caso previsto dall’art. 395 n. 4 c.p.c. di “errore percettivo” che consiste in una falsa percezione della realtà o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto la cui verità sia incontestabilmente esclusa ovvero l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita dagli atti o documenti di causa, qualora il fatto non sia stato un punto controverso oggetto della sentenza impugnata (Cassazione, sent. 2 novembre 2023, n. 30470)”.

Questo il principio di diritto ribadito con Sentenza n. 30470 del 2 novembre 2023 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Bruschetta, Rel. La Rocca).

In sostanza per la Suprema Corte la configurabilità dell’errore revocatorio presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce ad escludere o ad affermare, non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Cass. n. 10040 del 2022; Cass. n. 20635 del 2017) e ricadenti su un punto controverso (Cass. n. 2236 del 2022).

A tal riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha specificato che l’errore di fatto previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, idoneo a costituire motivo di revocazione della sentenza della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., deve: “1) consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il giudice a supporre la esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile; 2) essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa; 3) non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; 4) presentare i caratteri dell’evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche; 5) non consistere in un vizio di assunzione del fatto, nè in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo” (Cass. n. 11744 del 2021).

Nel caso oggetto del ricorso, invece, i Giudici di Legittimità non ritengono che la Corte sia incorsa nel dedotto errore – aver ritenuto, cioè, l’omessa notifica dell’avviso di accertamento nei confronti della controllata anzichè della controllante – atteso che dalla stessa sentenza della Corte risulta ben chiaro che nel caso in questione l’avviso di accertamento non era stato notificato alla controllante, come si desume dalla sintetica esposizione delle ragioni della impugnata decisione della CTR sopra riportata; lo stesso motivo accolto, con cui l’Agenzia lamentava “la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 73, u.c., e del D.M. 13 dicembre 1979, là dove il giudice d’appello ha affermato la nullità dell’atto di recupero per mancanza di titolo, dovuta all’omessa notificazione dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della controllata”, può essere letto nel senso di un implicito riferimento dell’omessa notificazione alla controllante, e non alla controllata, in linea con il ricorso dell’Ufficio che censurava la pronunzia della CTR per aver ritenuto l’atto impugnato dalla controllante “nullo per mancanza di titolo, per il fatto che non è stato ad Essa notificato l’atto di accertamento emesso nei confronti della società controllata” (enfasi aggiunta, v. trascrizione a pag. 12 del ricorso della società).

Dunque il fatto su cui sarebbe caduto l’errore revocatorio (omessa notifica di avviso di accertamento alla controllante) ha costituito un punto oggetto di discussione tra le parti, tanto è vero che su di esso si fonda la sentenza della CTR impugnata dall’Agenzia, la quale ha proprio contestato, con il motivo accolto, che il recupero verso la controllante dovesse essere preceduto dalla notifica di avviso di accertamento nei confronti di questa; la Corte ha esaminato questa questione e ha individuato il principio di diritto applicabile, a seguito dell’apprezzamento delle risultanze processuali, dando rilevanza decisiva al fatto che “la controllante presenti, unitamente al prospetto di liquidazione, la propria dichiarazione e quelle delle controllate, di cui fa propri i contenuti tramite la sottoscrizione del proprio legale rappresentante”; la circostanza che la regola sia stata tratta da una pronuncia che si occupava del caso inverso (omessa notifica alla controllata) non dimostra l’errore di fatto revocatorio alla base della decisione ma piuttosto conferma che ci si muove sul piano della valutazione degli atti e dell’interpretazione di norme e dei precedenti giurisprudenziali.

Se la questione viene traslata dalla percezione di un fatto alla falsa percezione di norme giuridiche, anche se indotta da errata percezione di interpretazioni fornite da precedenti indirizzi giurisprudenziali, bisogna allora ricondurre eventualmete la questione all’error iuris, sia nel caso di obliterazione delle norme medesime (riconducibile all’ipotesi della falsa applicazione), sia nel caso di distorsione dei loro effetti (Cass. n. 4584 del 2020; Cass. n. 29922 del 2011); quindi, esperiti tutti i possibili rimedi apprestati dalla legge, la decisione finale emessa in sede di legittimità è destinata a passare in giudicato, in senso sia formale che sostanziale, senza possibilità – a parte i casi eccezionali previsti dagli art. 395 e 404 c.p.c. – che la stessa sia rimessa in discussione (Cass. n. 14840 del 2000; Cass. n. 27094 del 2011; Cass. n. 9527 del 2019).

 

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