Nessuna plusvalenza per la cessione di terreni già edificati: ciò vale anche qualora l’alienante abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione del fabbricato

by AdminStudio

“In materia di imposta sui redditi, come risulta dal tenore degli artt. 81, comma 1, lett. b) (ora 67) e 16 (ora 17), comma 1, lett. g) bis, del d.P.R. n. 917 del 1986, sono soggette a tassazione separata, quali “redditi diversi”, le “plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”, e non anche di terreni sui quali insiste un fabbricato e quindi, già edificati. Ciò vale anche qualora l’alienante abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione dell’immobile e, successivamente alla compravendita, l’acquirente abbia richiesto la voltura nominativa dell’istanza, in quanto la “ratio” ispiratrice del citato art. 81 tende ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che trovi origine non da un’attività produttiva del proprietario o possessore ma dall’avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica”.

Questo il principio di diritto ribadito con ordinanza n. 30346 del 31 ottobre 2023 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Cataldi, Rel. Di Marzio).

Nei fatti l’Agenzia delle Entrate notificava ad un contribuente avviso di accertamento contestando la mancata dichiarazione della plusvalenza realizzata mediante la “cessione di terreni edificabili con insistenza di fabbricati da demolire”, richiedendo il versamento del tributo eluso nella misura di Euro 142.718,70. Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Cremona, contestando la non imponibilità della pretesa plusvalenza, perché realizzata mediante la vendita di un terreno e alcuni fabbricati, anche se parzialmente da demolire e ricostruire, e non di un terreno edificabile. La CTP accoglieva il ricorso, mentre la CTR riformava la decisione riaffermando la validità dell’atto impositivo. Il contribuente ricorreva dunque per cassazione lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 67, comma 1, lett. b), del Dpr n. 917 del 1986.

La Corte, con riferimento alla vendita di un terreno edificato che presenti però un’ulteriore potenzialità edificatoria, confermando il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia ha ribadito che “in tema di IRPEF, ai fini della tassazione separata, quali ‘redditi diversi’, delle plusvalenze realizzate a seguito di cessioni, a titolo oneroso, di terreni dichiarati edificabili in sede di pianificazione urbanistica, l’alternativa fra “edificato” e “non edificato” non ammette un “tertium genus”, con la conseguenza che la cessione di un edificio, anche ove le parti abbiano pattuito la demolizione e ricostruzione con aumento di volumetria, non può essere riqualificata dall’Amministrazione finanziaria come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria residua del lotto su cui insiste, essendo inibito all’Ufficio, in sede di riqualificazione, superare il diverso regime fiscale previsto tassativamente dal legislatore per la cessione di edifici e per quella dei terreni” (Cass. sez. V, 21.2.2019, n. 5088).

Come ricordato dai Giudici anche in materia affine non si è mancato di specificare che “in tema di imposta di registro, va escluso che la compravendita di un fabbricato possa riqualificarsi, ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. 131 del 1986, come vendita di area edificabile, non potendosi dare rilievo all’intenzione delle parti di demolirlo per costruirne, successivamente, uno nuovo, dovendo l’ente impositore limitare la propria valutazione al contenuto testuale dell’atto tassato” (Cass. sez. V, 30.12.2021, n. 37416), inoltre “in materia di imposte ipotecarie e catastali, secondo una ricostruzione uniforme sia ai fini delle imposte dirette che indirette, va escluso che la compravendita di un fabbricato da demolire possa riqualificarsi come vendita di area edificabile quando tale operazione sia economicamente indipendente, anche se l’intenzione delle parti sia di procedere alla totale o parziale demolizione dell’immobile e, quindi, alla sua ricostruzione o alla costruzione di un nuovo fabbricato” (Cass. sez. VI-V, 9.12.2021, n. 39133).

Del resto giova ricordare che anche l’Ente impositore ha preso atto del consolidato orientamento giurisprudenziale: “L’interpretazione seguita dall’Amministrazione finanziaria non ha tuttavia trovato conferma nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ai fini dell’imponibilità della plusvalenza ex articolo 67, comma 1, lettera b) del TUIR, se oggetto del trasferimento a titolo oneroso è un edificio, detto trasferimento non può mai essere riqualificato come cessione di area edificabile, nemmeno quando l’edificio è destinato alla successiva demolizione e ricostruzione ovvero quando l’edificio non assorbe la capacità edificatoria del lotto su cui insiste … In considerazione dell’indirizzo assunto dalla giurisprudenza di legittimità, da ritenersi consolidato, e tenuto conto dei pareri con cui l’Avvocatura generale dello Stato ha ritenuto non opportuna la prosecuzione in cassazione dei giudizi in materia, devono considerarsi superate le indicazioni contenute nella risoluzione n. 395/E del 2008 e, più in generale, non ulteriormente sostenibili le pretese dell’Amministrazione in contrasto con i principi espressi dalla giurisprudenza richiamata” (Circ. Agenzia delle Entrate 23/E/2020, del 29.7.2020).

La Corte ha dunque accolto il ricorso.

 

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