Confermata la natura compensativa degli interessi sui rimborsi di imposta e con essa la decorrenza dal momento del versamento e l’esclusione dalla tassazione.

by AdminStudio

La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione nella ordinanza 30402 del 2 novembre 2023 (Pres. Napolitano, Rel. Crivelli) accoglie il ricorso di una società di assicurazione che contestava il calcolo degli interessi su un rimborso IRES. Il rimborso era volto ad eliminare la doppia imposizione generata da una contestazione in materia di imputazione temporale di elementi reddituali definita in sede di accertamento con adesione. In particolare la società contestava il fatto che gli interessi fossero stati calcolati non dall’anno in cui era maturato il diritto al rimborso, ma dall’atto di adesione.

Per la società quindi il rimborso doveva essere disciplinato dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 44 (di seguito “D.P.R. n. 602 del 1973”) ai sensi del quale “Il contribuente che abbia effettuato versamenti diretti… per un ammontare di imposta superiore a quello effettivamente dovuto per lo stesso periodo ha diritto, per la maggior somma effettivamente pagata, all’interesse del 1 per cento per ognuno dei semestri interi, escluso il primo, compresi tra la data del versamento… e la data dell’ordinativo”.

La Corte ricorda che la decorrenza degli interessi non può che essere individuata, nel caso di specie, che nel momento in cui venne effettuato l’esborso non dovuto, e non già in quello (successivo) dell’atto di adesione.

Invero ciò discende dal chiaro disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44, e dalla natura compensativa (e non moratoria) degli interessi stessi.

Fattispecie del tutto simile è stata conformemente decisa dalla stessa Corte, quando si è trattato di individuare, (al fine di verificarne l’imponibilità, in base alle norme pro tempore vigenti) l’effettiva funzione degli accessori maturati sui crediti che i contribuenti hanno nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, affermando che “Gli interessi maturati sui crediti di imposta che i contribuenti hanno nei confronti dell’Amministrazione finanziaria non sono dovuti a titolo moratorio (non essendovi mora dell’Amministrazione) nè derivano dall’impiego di capitale, ma servono a compensare i contribuenti dell’esborso pecuniario che essi hanno in precedenza effettuato versando al Fisco una somma di denaro che deve essere loro restituita. L’interesse su tale somma serve a reintegrare la diminuzione patrimoniale subita dal contribuente, che viene così compensato del mancato godimento del denaro in precedenza versato (…). Chiara è perciò la “natura compensativa” degli interessi maturati sui crediti di imposta, idonea ad escluderli dai redditi di capitale elencati nel citato art. 41″ (Cass. 05/07/1990, n. 7091, in motivazione; conformi, sulla natura compensativa degli interessi in questione, in materia di imposte dirette, Cass. 06/04/1995, n. 4037; Cass. 28/11/1995, n. 12318; Cass. 15/04/1996, n. 3525; Cass. 10/06/1996, n. 5352; Cass. 15/02/1999, n. 1255; Cass. 17/07/1999, n. 7575; Cass.08/09/1999, n. 9510; Cass. 17/05/2000, n. 6397; Cass.20/09/2004, n. 18864; Cass. 04/09/2012, n. 31820; Cass. n. 9852 del 2016; Cass. 13/12/2017, n. 29879; Cass. 17/04/2019, n. 10705; Cass. 04/11/ 2021, n. 31820, in motivazione).

Il consolidato e continuo orientamento in questione (a prescindere da ogni interferenza delle norme applicabili ratione temporis in tema di imposizione dell’attribuzione patrimoniale rappresentata dagli interessi in questione) evidenzia dunque per i Giudici di Legittimità la funzione in senso lato “compensativa” (del mancato godimento, da parte del contribuente, del denaro in precedenza versato), che prescinde da un ritardo che sia colpevolmente imputabile all’Amministrazione (che, nel frattempo, ha ricevuto e posseduto la stessa somma) e legittimi la “mora” di quest’ultima, ai fini della decorrenza degli interessi di legge” (Cass.27/04/2023, n. 11189).

Nella massima citata si legge altresì che “la circostanza che il termine di decadenza dal diritto al rimborso non decorra durante il periodo nel quale il contribuente neppure è consapevole di essere stato sicuramente assoggettato alla doppia imposizione, non esclude che, una volta che tale diritto sia stato esercitato tempestivamente, esso resti disciplinato dalle norme generali sul rimborso, compresa quella di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44, comma 1, in materia di decorrenza (a prescindere dalla buona o mala fede e dalla mora dell’Amministrazione) degli interessi “compensativi” dal secondo semestre successivo al versamento delle somme da rimborsare”, quindi nel nostro caso quelle versate in più nell’esercizio precedente, esattamente come deciso nel caso richiamato.

Da quanto precede consegue quindi l’accoglimento del ricorso, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che deciderà anche delle spese del giudizio di legittimità.

 

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