La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione nella ordinanza 5 novembre 2019, n. 28371 (Pres. Manzon, Rel. Chiesi) respinge il ricorso dell’ente gestore del servizio di igiene ambientale improntato sulla imponibilità IVA del corrispettivo pagato a titolo di T.I.A.. Si tratta della cosiddetta T.I.A. 1 ovvero della tariffa di igiene ambientale prevista dall’articolo 49 del decreto legislativo 22/97 (il cosiddetto “decreto Ronchi”).
Ricordiamo che la tariffa di igiene ambientale di cui al predetto decreto è suddivisa in due quote: una fissa e una variabile. La quota fissa è dovuta a fronte della copertura dei costi generali di gestione (è il caso, per esempio, di ammortamenti, spese amministrative eccetera); la seconda, cioè la quota variabile, si riferisce invece alle spese per la gestione dei rifiuti prodotti dalle utenze (è il caso, per esempio, della raccolta e del trasporto rifiuti, eccetera).
Si cita al riguardo l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite del 15.3.2016, n. 5078, che, all’esito di una compiuta ed articolata disamina non solo della normativa, ma anche della giurisprudenza interna ed unionale ha affermato che “la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, istituita dall’art. 49 del d.lgs. n. 22 del 1997, oggi abrogato, avendo natura tributaria, non è assoggettabile all’IVA, che mira a colpire la capacità contributiva insita nel pagamento del corrispettivo per l’acquisto di beni o servizi e non in quello di un’imposta, sia pure destinata a finanziare un servizio da cui trae beneficio il medesimo contribuente”.
Va rammentato invece che recentemente (es. Ordinanza n. 15706 dell’11 giugno 2019) la stessa Corte di Cassazione, ha chiarito che la Tariffa di cui all’art. 238 del Dlgs. n. 152/2006, come interpretata dall’art. 14, comma 33, del Dl. n. 78/2010, quale convertito, (cosiddetta T.I.A. 2) ha natura privatistica ed è pertanto soggetta ad Iva ai sensi degli artt. 1, 3, 4, comma 2 e 3, del Dpr. n. 633/1972.