Esenzione IVA per le prestazioni di servizi connesse con l’assistenza e la previdenza sociale anche quando rese a persone fisiche residenti in altro Stato membro

by admintrib

previdenza “L’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto deve essere interpretato nel senso che: … le prestazioni di servizi sociali fornite a persone fisiche residenti in uno Stato membro diverso da quello in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica possono essere esentate ai sensi di tale disposizione … … qualora una società fornisca prestazioni di servizi sociali a persone fisiche residenti in uno Stato membro diverso da quello in cui tale società ha fissato la sede della propria attività economica, la natura di tali prestazioni e le caratteristiche di tale società al fine di stabilire se dette prestazioni rientrino nella nozione di «prestazioni di servizi (…) strettamente connesse con l’assistenza e la previdenza sociale (…) effettuate da (…) [un organismo riconosciuto] dallo Stato membro interessato come avent[e] carattere sociale», ai sensi di tale disposizione, devono essere esaminate conformemente al diritto, che recepisce la direttiva 2006/112, come modificata, dello Stato membro in cui detta società ha fissato la sede della propria attività economica …”.

Questi, tra gli altri, i principi di diritto ribaditi con sentenza 395 del 11 maggio 2023 dalla Settima Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Nei fatti le autorità tributarie bulgare emettevano un avviso di accertamento nei confronti di una s.r.l. avente sede nel territorio della Repubblica di Bulgaria avendo ritenuto che, poiché le prestazioni di servizi fornite (servizi sociali e disposizione di certificati di registrazione per l’assistenza personale, per l’assistenza sociale e per l’assistenza domiciliare delle persone anziane) erano state materialmente eseguite nei territori della Repubblica federale di Germania e della Repubblica d’Austria, al fine di potersi avvalere dell’esenzione dall’IVA tale società avrebbe dovuto produrre la prova del carattere sociale, conformemente alle normative tedesca e austriaca, delle prestazioni di servizi fornite nel territorio di tali Stati membri nel corso di tale periodo. Il Tribunale amministrativo di Ruse respingeva il ricorso della società. La Corte suprema amministrativa di Bulgaria decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte Unionale alcune questioni pregiudiziali.

In particolare il giudice del rinvio chiedeva alla Corte:

1) se l’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che le prestazioni di servizi sociali fornite a persone fisiche residenti in uno Stato membro diverso da quello in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica possano essere esentate ai sensi di tale disposizione e, dall’altro, se la circostanza che detto prestatore si sia avvalso di una società stabilita in tale altro Stato membro per contattare i propri clienti incida su detta interpretazione.

2) In caso di risposta affermativa alla prima questione, secondo quali criteri e in base a quale diritto – il diritto bulgaro e/o il diritto austriaco e tedesco – si debba valutare, ai fini dell’interpretazione e dell’applicazione della disposizione dell’Unione citata, se la società oggetto dell’accertamento sia un “organismo riconosciuto come avente carattere sociale” e si debba dimostrare che le prestazioni di servizi sono “strettamente connesse con l’assistenza e la previdenza sociale”.

3) Se, secondo tale interpretazione, la registrazione di una società commerciale come prestatrice di servizi sociali, quali definiti dalla normativa nazionale, sia sufficiente per ritenere che detta società sia un “organismo riconosciuto dallo Stato membro interessato come avente carattere sociale.

Per quanto attiene alla prima questione la Corte ha ricordato come, conformemente all’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva IVA, gli Stati membri esentano le prestazioni di servizi e le cessioni di beni strettamente connesse con l’assistenza e la previdenza sociale, comprese quelle fornite dalle case di riposo, effettuate da enti di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti dallo Stato membro interessato come aventi carattere sociale. A tal proposito, come evidenziato dai Giudici del Lussemburgo, il beneficio dell’esenzione di è subordinato a due condizioni cumulative, da un lato, quella relativa alla natura delle prestazioni di servizi fornite (che devono essere strettamente connesse con l’assistenza e la previdenza sociale), dall’altro, quella relativa al prestatore di servizi (che deve essere un ente di diritto pubblico o un altro organismo riconosciuto dallo Stato membro interessato come avente carattere sociale).

Come infine sottolineato dalla Corte “l’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva IVA non subordina, la concessione dell’esenzione di cui trattasi ad alcuna condizione relativa al luogo in cui le prestazioni di servizi contemplate da tale disposizione devono essere materialmente eseguite”, né che “il beneficio di una siffatta esenzione alla condizione che il prestatore e il destinatario di tali servizi siano stabiliti nello stesso Stato membro”.

I Giudici, in conclusione, hanno dunque affermato che “da un’interpretazione letterale, sistematica e teleologica dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva IVA risulta che l’esenzione prevista da tale disposizione si applica a qualsiasi prestazione di servizi che soddisfi le due condizioni enunciate in detta disposizione a prescindere dal fatto che una siffatta prestazione sia materialmente eseguita nello Stato membro in cui è stabilito il prestatore o in un altro Stato membro”, dichiarando che “l’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che, da un lato, le prestazioni di servizi sociali fornite a persone fisiche residenti in uno Stato membro diverso da quello in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica possono essere esentate ai sensi di tale disposizione e, dall’altro, è irrilevante al riguardo che detto prestatore si sia avvalso di una società stabilita in tale altro Stato membro per contattare i propri clienti”.

In merito alla seconda questione la Corte ha ricordato che “conformemente all’articolo 45 della direttiva IVA, il luogo delle prestazioni di servizi resi a persone che non sono soggetti passivi è il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica” e pertanto ai fini dell’applicazione dell’IVA “le prestazioni di servizi sociali fornite a una persona fisica residente in uno Stato membro diverso da quello in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica sono considerate effettuate nel territorio dello Stato membro in cui il prestatore è stabilito, cosicché tali prestazioni sono imponibili all’IVA in quest’ultimo Stato membro” (nel caso di specie la Repubblica di Bulgaria).

I Giudici hanno poi chiarito che (per quanto riguarda la condizione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva IVA, secondo la quale le prestazioni di servizi, per essere esentate, devono essere effettuate da enti di diritto pubblico o da altri organismi riconosciuti dallo Stato membro interessato come aventi carattere sociale) “la disposizione non precisa né le condizioni né le modalità del riconoscimento del carattere sociale degli organismi diversi da quelli di diritto pubblico” e che “spetta dunque, in linea di principio, al diritto nazionale di ciascuno Stato membro sancire le norme in base alle quali un siffatto riconoscimento può essere concesso a organismi di tal genere, in quanto gli Stati membri beneficiano, a tal fine, di un potere discrezionale” .

Dunque un’interpretazione letterale, sistematica e teleologica dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva IVA comporta che il riconoscimento del carattere sociale degli organismi diversi da quelli di diritto pubblico ai fini dell’esenzione prevista all’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva IVA resta a discrezione dello Stato membro di imposizione. Come infatti sottolineato dai Giudici Unionali “se il legislatore dell’Unione avesse voluto che il riconoscimento del carattere sociale degli organismi diversi da quelli di diritto pubblico ai fini dell’esenzione prevista all’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva IVA rientrasse nella competenza di uno Stato membro diverso dallo Stato membro che deve applicare tale esenzione, come in particolare lo Stato membro nel quale le prestazioni sono materialmente eseguite, esso non si sarebbe limitato a menzionare lo «Stato membro interessato»”.

Alla luce delle considerazioni svolte la Corte ha dunque dichiarato che “l’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che, qualora una società fornisca prestazioni di servizi sociali a persone fisiche residenti in uno Stato membro diverso da quello in cui tale società ha fissato la sede della propria attività economica, la natura di tali prestazioni e le caratteristiche di tale società al fine di stabilire se dette prestazioni rientrino nella nozione di «prestazioni di servizi (…) strettamente connesse con l’assistenza e la previdenza sociale (…) effettuate da (…) [un organismo riconosciuto] dallo Stato membro interessato come avent[e] carattere sociale», ai sensi di tale disposizione, devono essere esaminate conformemente al diritto, che recepisce la direttiva IVA, dello Stato membro in cui detta società ha fissato la sede della propria attività economica”.

Sull’ultima questione i Giudici del Lussemburgo, riprendendo la giurisprudenza della Corte, hanno ricordato come ai fini del riconoscimento del carattere sociale degli organismi diversi da quelli di diritto pubblico, spetta alle autorità nazionali, in conformità con il diritto dell’Unione e sotto il controllo dei giudici nazionali, prendere in considerazione diversi elementi (l’esistenza di disposizioni specifiche, il carattere di interesse generale delle attività del contribuente interessato, il fatto che altri contribuenti che svolgono le stesse attività beneficino già di un analogo riconoscimento, …) e che dunque “quando un contribuente contesta il riconoscimento, o l’omesso riconoscimento, della qualifica di organismo a carattere sociale, ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva IVA, spetta ai giudici nazionali valutare se le competenti autorità abbiano rispettato i limiti del potere discrezionale conferito dalla citata disposizione applicando i principi del diritto dell’Unione, ivi compreso, in particolare, il principio di parità di trattamento che si concretizza, in materia di IVA, nel principio di neutralità fiscale”.

In particolare “l’iscrizione di una società, presso un ente di diritto pubblico dello Stato membro di imposizione, quale prestatore di servizi sociali conformemente alla normativa di tale Stato membro, può essere un criterio da prendere in considerazione al fine di verificare se tale società rientri nella nozione di «[organismo riconosciuto] dallo Stato membro interessato come avent[e] carattere sociale», ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva IVA, in particolare qualora le società così iscritte siano sistematicamente o abitualmente considerate dalle autorità tributarie di detto Stato membro come organismi siffatti. Una siffatta iscrizione può tuttavia consentire di ritenere che la società interessata rientri in tale nozione solo se essa richiede la previa verifica da parte delle autorità nazionali competenti del carattere sociale di tale società ai fini di detta disposizione”.

Rispondendo alla terza questione la Corte ha dunque dichiarato che “l’articolo 132, paragrafo 1, lettera g), della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che la circostanza che una società che effettua prestazioni di servizi sociali sia iscritta presso un ente di diritto pubblico dello Stato membro di imposizione come prestatore di servizi sociali conformemente alla normativa di tale Stato membro è sufficiente per ritenere che tale società rientri nella nozione di «[organismo riconosciuto] dallo Stato membro interessato come avent[e] carattere sociale», ai sensi di tale disposizione, soltanto qualora una siffatta iscrizione sia soggetta alla previa verifica, da parte delle autorità nazionali competenti, del carattere sociale di tale società ai fini di detta disposizione”.

(commento a cura del Dott. Lorenzo Tortelli)

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