Emissione di fatture per operazioni inesistenti: la confisca per equivalente in capo all’emittente non può basarsi sul profitto per l’utilizzatore

by admintrib

Nella sentenza della III Sezione Penale della Corte di cassazione n. 17447 depositata il 4 maggio 2022 (Pres. Andreazza, Rel. Mengoni) la Corte accoglie il ricorso di un soggetto nei confronti del quale era stato disposto dal G.i.p. di Milano un sequestro per equivalente, per aver emesso fatture per operazioni inesistenti, parametrando detto sequestro all’imposta evasa.

Il Giudici della III Sezione Penale ricordano che le Sezioni Unite (Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008, Rv.239926) hanno affermato che “di fronte ad un illecito plurisoggettivo deve applicarsi il principio solidaristico che informa la disciplina del concorso nel reato e che implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente. Più in particolare, perduta l’individualità storica del profitto illecito, la confisca di valore può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato (entro logicamente i limiti quantitativi dello stesso), non essendo esso ricollegato all’arricchimento di uno piuttosto che di un altro soggetto coinvolto, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell’illecito, senza che rilevi il riparto del relativo onere tra i concorrenti, che costituisce fatto interno a questi ultimi”.

Tuttavia il principio solidaristico, non trova applicazione nel caso, come quello in esame, relativo alla condotta posta in essere dal soggetto che emette fatture per operazioni inesistenti (art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000) in relazione alla condotta posta in essere di chi si avvale delle stesse fatture (art. 2, stesso decreto); lo stesso decreto, infatti, all’art. 9 stabilisce che “In deroga all’art. 110 del codice penale: a) l’emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’art. 2; b) chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’art. 8“.

Quindi occorre considerare due diverse condotte che risultano del tutto “autonome” e non danno luogo ad un illecito plurisoggettivo, che duplicherebbe la responsabilità – sotto distinte fattispecie – con riguardo ad un’unica condotta illecita, con illegittimo pregiudizio per l’autore.

Infatti è stato poi affermato il principio secondo cui, in materia di emissione di fatture per operazioni inesistenti, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non può essere disposto sui beni dell’emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall’utilizzatore delle fatture medesime, poiché il regime derogatorio previsto dall’art. 9 citato impedisce l’applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo. (Sez. 3, n. 35459 del 20/7/2016, Moggi, non massimata; Sez.3, n. 42641 del 26/09/2013, Rv.257419).

Infatti l’emissione di fatture per operazioni inesistenti è funzionale all’evasione da parte di terzi e non genera un diretto vantaggio economico a favore dell’emittente in relazione al risparmio di imposta. Ne consegue che per lo stesso delitto deve farsi riferimento non tanto alla nozione di profitto, quanto a quella di prezzo del reato, venendo in considerazione per l’emittente il compenso pattuito o riscosso per eseguire il delitto, essendo prezzo del reato ciò che è dato o promesso per commetterlo.

Solo in mancanza di acquisizioni processuali che consentano di determinare esattamente il prezzo del reato deve ritenersi corretto il sequestro preventivo, anche per equivalente, con riferimento a qualsiasi utilità, economicamente valutabile, immediatamente o mediatamente derivante dalla commissione del reato tributario, qualora accertata (Sez.3, n.50310 del 18/09/2014, Rv.261517).

 

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