Diniego di autotutela impugnabile in giudizio se sussistono ragioni di interesse generale (compresa la giusta tassazione nel rispetto degli artt. 53 e 97 Cost.)

by AdminStudio

 

Riportata nei giorni scorsi dal principale quotidiano economico nazionale riteniamo utile segnalare ai nostri lettori la Sentenza n. 8177 della Corte di giustizia tributaria di primo grado Lazio Roma, Sez. XXI, depositata il 19 giugno 2023 (Pres. E Rel. Papa) in tema di impugnazione del diniego di autotutela tributaria.

Il caso riguarda la ripresa a tassazione di un credito di imposta a una casa di produzione cinematografica, credito scaturente dalla realizzazione di una determinata pellicola e richiesto formalmente al Ministero della Cultura. La ripresa avveniva in quanto detto credito non risultava riportato né nella dichiarazione dell’anno di maturazione né nella dichiarazione dell’anno di utilizzo con violazione dell’art. 8 comma 2 del D.M. 7 maggio 2009 che prevedeva l’obbligo di indicazione del credito d’imposta nella dichiarazione dei redditi a pene di decadenza.

La parte chiedeva la revisione in autotutela della relativa comunicazione di irregolarità, facendo presente che la mancata compilazione RU, era un mero errore materiale che non poteva costituire motivo di disconoscimento del credito, considerato anche che tale errore era stato emendato attraverso la presentazione della dichiarazione integrativa. Richiamava giurisprudenza, sul punto. Autotutela negata con diniego espresso dall’A.d.E.

In giudizio il contribuente impugnato il diniego faceva presente che lo stesso diniego di annullare in autotutela della comunicazione di irregolarità violava il principio generale di imparzialità e correttezza di cui all’art. 97 Cost. oltre che l’art. 53 cost., poiché il ricorrente sarebbe stato esposto al pagamento di un’imposta che non corrispondeva al concetto di capacità contributiva di cui all’art. 53 cost. Concludeva quindi perché fosse accertata l’illegittimità del diniego di annullamento in autotutela opposto dall’agenzia delle entrate. Si costituiva l’agenzia delle Entrate la quale confermava il proprio operato ritenendo non impugnabile la comunicazione di irregolarità, di cui sosteneva la fondatezza anche sulla base della motivazione dell’atto di diniego di autotutela. Quando all’impugnazione dell’autotutela sottolineava come essendo tale atto, un atto discrezionale dell’Af, non poteva essere oggetto di esame da parte del giudice, richiamando sul punto orientamento della Corte di Cassazione che sosteneva che il diniego di autotutela poteva essere impugnato solo per un interesse di natura generale e non per contestare il merito della vicenda. Chiedeva quindi il rigetto del ricorso.

La CGT ricorda che l’istituto dell’autotutela in materia tributaria si concretizza, nella potestà della pubblica amministrazione di procedere all’annullamento, alla revoca totale o parziale, alla rettifica ovvero alla riforma di un provvedimento illegittimo precedentemente adottato. Il fondamento normativo dell’autotutela tributaria, oltre che nel principio generale di legalità è da ricercare nell’art. 2-quater del D.L. 30 settembre 1994, n. 564 e del relativo regolamento di esecuzione D.M. 11 febbraio 1997, n. 37.

Da un punto di vista giurisprudenziale la Suprema Corte con orientamento costante ha statuito che le controversie relative agli atti di esercizio del potere di autotutela dell’Amministrazione finanziaria sono devolute alla cognizione del Giudice tributario, che può pronunciarsi solo, per ragioni di rilevante interesse generale, sulla legittimità del rifiuto espresso o tacito formatosi sull’istanza di annullamento in autotutela, senza esame della fondatezza o meno della pretesa tributaria. (Cass, SS.UU. n. 7388/2007) Nel caso in esame l’istanza di riesame in autotutela è relativa a una comunicazioni di irregolarità, emessa a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’articolo 54-bis del D.P.R. n. 633 del 1972, ed è disciplinata dalle norme richiamate che stabiliscono che il contribuente, qualora rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi, possa fornire i chiarimenti necessari “entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione” (Risoluzione n. 72/E Agenzia Entrate del 16.12.2021) Di conseguenza per la CGT nel caso di specie sussistono le ragioni di rilevante interesse generale che giustificano il ricorso giurisdizionale contro il diniego di autotutela dell’Amministrazione finanziaria, se si considera che la finalità della comunicazione di irregolarità è quella di rendere noto al contribuente il risultato dei controlli, alfine di consentire allo stesso di regolarizzare la propria posizione, usufruendo della riduzione delle sanzioni, onde evitare l’iscrizione a ruolo e l’emissione della cartella, oppure attraverso l’istituto dell’autotutela o riesame portare all’attenzione dell’Af, fatti e documenti che dimostrano la non debenza dell’imposta richiesta. La Comunicazione di irregolarità, rientra quindi nell’istituto della compliance, essendo chiaramente uno strumento deflattivo, volto ad evitare il nascere di contenzioso tributario e basato quindi sul principio di buona fede e collaborazione di cui all’art. 97 Cost. Gli istituti di compliance, sono espressione del più generale potere impositivo riconosciuto allo Stato, a fronte del quale vi è il principio generale contenuto nell’art. 53 Cost in base al quale è diritto del cittadino essere soggetto ad una tassazione adeguata alla sua capacità contributiva.

Al tal fine appare opportuno richiamare l’orientamento costante della Corte Costituzionale sulla capacità contributiva, che viene considerata dalla Corte il presupposto e il limite del potere impositivo dello Stato e, al tempo stesso, del dovere del contribuente di concorrere alle spese pubbliche, dovendosi interpretare detto principio come specificazione settoriale del più ampio principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. (ex multis Cort Cost sent n. 10/2015; n. 258/02, n. 341/2000)

In tale ottica la Corte quindi, riconosce le ragioni di rilevante interesse generale del ricorso, in ordine agli art. 97 Cost. in combinato con l’art. 53 e 3 Cost., che risultano violati dal diniego di autotutela impugnato, per mancato esame dei documenti e gli atti prodotti dal ricorrente alla luce dei documenti di prassi formatisi sui casi similari con conseguente obbligo per l’agenzia del riesame dell’istanza di autotutela ed accoglie il ricorso.

 

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