Tassazione IMU di immobile occupato abusivamente. La questione prende la via della Corte Costituzionale

by admintrib

La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, con l’Ordinanza Ordinanza interlocutoria 13 aprile 2023 n. 9956 (Pres. Sorrentino, Rel. Dell’Orfano) dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento alla Costituzione, art. 3, comma 1, art. 42, comma 2, e art. 53, comma 1, la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 14 marzo 2011, n. 23, art. 9, comma 1, (nella sua formulazione originaria, applicabile ratione temporis), nella parte in cui non prevede l’esenzione d’imposta IMU nell’ipotesi di occupazione abusiva dell’immobile che non possa essere liberato pur in presenza di denuncia agli organi istituzionali preposti.

La questione (che forse avrebbe potuto essere decisa nello specifico con il ricorso al “giudicato esterno” invocato dalla ricorrente) diviene tuttavia emblematica e sicuramente rilevante sarà l’intervento della Consulta che andrà a influenzare tutti quei casi in cui un tributo viene determinato da risultanze formali senza un preciso e concreto riferimento alle circostanze di fatto che influenzano la capacità contributiva, specie quando esse sono del tutto indipendenti dal comportamento del soggetto passivo.

Sotto un altro profilo va sottolineata la lettura dei Principi costituzionali, e in special modo quello di capacità contributiva in termini di effettività ed attualità, cosa che dai tempi degli esordi dell’IRAP in avanti (ovvero dalla fine degli anni ’90) raramente avevamo ritrovato in autorevole giurisprudenza in modo così chiaro.

Nel caso specifico, il dato normativo di partenza, su cui si basa l’Ente impositore per il diniego dell’istanza di rimborso della Società, é costituito dai previgenti D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 2, (“l’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2”) e D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 9, comma 1,(“soggetti passivi dell’imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinate, ivi compresi quelli strumentali alla cui produzione o scambio é diretta l’attività di impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi,… per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo é il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto“), entrambi applicabili ratione temporis.

E’ stato altresì ribadito che, in quanto volta alla predeterminazione legale di un elemento costitutivo della fattispecie impositiva, questa disposizione ha carattere tassativo, così da non poter essere fatta oggetto di interpretazione estensiva alcuna, con conseguente necessità, ai fini in esame, che il possesso dell’immobile sia pur sempre attribuibile al proprietario ovvero al titolare di un diritto reale sul bene (cfr. Cass. n. 7274-2019 cit.).

Ne consegue, secondo questa Corte, che il legislatore ha ritenuto rilevante ai fini impositivi, non già` la detenzione materiale del bene bensì l’esistenza di un titolo legittimante il possesso o la detenzione dell’utilizzatore (cfr. ex plurimis Cass. n. 2616 del 27 gennaio 2023; Cass., 5 novembre 2021, n. 31969; Cass., 15 marzo 2019, n. 7444; Cass., 7 giugno 2017, n. 14119; Cass., 9 maggio 2013, n. 10987; Cass., 9 ottobre 2009, n. 21451; Cass., 14 gennaio 2005, n. 654).

Sulla scorta di tali principi é stata quindi ritenuta irrilevante l’abusiva detenzione del bene da parte dell’utilizzatore che sia rimasto nel godimento del bene dopo la risoluzione del contratto, ancora una volta confermando la debenza del tributo IMU da parte del soggetto titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale (cfr. Cass. n. 7800 del 2019).

Con le pronunce n. 29658 del 22 ottobre 2021 e n. 29868 del 25 ottobre 2021, la Corte, chiamata a risolvere la questione del pagamento dell’IMU in relazione a due immobili di cui le società proprietarie non avevano la disponibilità perché occupati abusivamente da terzi, ha specificamente riaffermato il principio secondo cui l’occupazione abusiva di un immobile da parte di terzi non incide sull’obbligo del proprietario di corrispondere l’imposta ICI, richiamando un precedente in tema di ICI, secondo cui, ai fini della debenza del tributo, il “concetto di possesso quale presupposto impositivo del tributo é riferito alla titolarità del diritto di proprietà o degli altri diritti reali di godimento (…) in coerenza con la natura patrimoniale dell’imposta che prescinde dalla redditività del bene sottoposto a tassazione…(ndr. ed)… ai fini della debenza di tale tributo, (…) rileva pertanto il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà”.

In presenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato, il Giudice a quo ha, dunque, la facoltà di assumere l’interpretazione censurata in termini di “diritto vivente” e di richiederne su tale presupposto il controllo di compatibilità con i parametri costituzionali, ciò, senza che gli si possa addebitare di non aver seguito altra interpretazione, più aderente ai parametri stessi, sussistendo tale onere solo in assenza di un contrario diritto vivente, il che non ricorre nel caso in esame (cfr. Corte Cost. sentenze n. 1 del 2021, n. 95 del 2020, n. 32 del 2020, n. 12 del 2020, n. 189 del 2019, n. 141 del 2019, n. 75 del 2019, n. 39 del 2018, n. 259 del 2017, n. 122 del 2017, n. 200 del 2016, n. 11 del 2015, n. 242 del 2014, n. 191 del 2013, n. 258 del 2012, n. 117 del 2012 e n. 91 del 2004);

4.4. in punto non manifesta infondatezza, sussistono, dunque, consistenti dubbi di incompatibilità della norma – oggetto di interpretazione che rappresenta “diritto vivente” – con quanto prescritto dalla Cost., artt. 53 e 3.

In primo luogo, il Collegio ritiene sussistano elementi di contrasto con il principio di capacità contributiva di cui alla Cost., art. 53. Nel delineare la portata della Cost., art. 53 la Corte Costituzionale ha, invero, individuato tre requisiti essenziali della capacità contributiva: l’effettività, la certezza e l’attualità (cfr. Corte Cost., 12 luglio 1967, n. 109; Corte Cost., 28 luglio 1976, n. 200; Corte Cost., 26 marzo 1980, n. 42; Corte Cost., 22 aprile 1980, n. 54; Corte Cost., n. 252/1992; Corte Cost., 29 gennaio 1996, n. 73; Corte Cost., 26 luglio 2000, n. 362).

In ordine al primo requisito, il nesso tra il fatto rivelatore di capacità contributiva e il tributo deve essere effettivo e non apparente o fittizio. L’effettività esprime, infatti, la concreta idoneità del presupposto rispetto all’obbligazione d’imposta, la quale dovrà avere ad oggetto una manifestazione economica reale, che consenta la misurazione di un reddito esistente e non meramente presunto;

Alla stregua dell’impostazione della Consulta (cfr. Corte Cost. Corte Cost., 12 luglio 1967, n. 109, cit., 223; Corte Cost., 28 luglio 1976, n. 200, cit., 1254), il concorso alle spese pubbliche deve, quindi, salvaguardare il diritto del contribuente ad essere chiamato a concorrere alle spese pubbliche solo in quanto in possesso di effettiva capacità contributiva e idoneità effettiva al pagamento delle imposte, non potendo essere qualificata capacità contributiva un’idoneità economica che non si basi su fatti reali, ma abbia una base fittizia (cfr. Cass. Corte Cost., 26 marzo 1980, n. 42).

la capacità contributiva, inoltre, deve essere effettiva nel senso di certa ed attuale, e non meramente fittizia (cfr. Corte Cost., 28 luglio 1976, n. 200, cit., 1254; Corte Cost., 26 marzo 1980, n. 42.; Corte Cost., n. 252/1992; Corte Cost., 29 gennaio 1996, n. 73; Corte Cost., 26 luglio 2000, n. 362, cit.).

Infine, in forza del parametro dell’attualità, il tributo deve essere correlato ad una capacità contributiva in atto, non ad una capacità contributiva passata o futura (cfr. Corte Cost., 22 aprile 1980, n. 54), ovvero la capacità contributiva deve sussistere nel momento in cui si verifica il prelievo.

In tale ottica la capacità contributiva risulta, pertanto, inscindibilmente connessa ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza tributaria, atteso che, in forza del connubio normativo tra la Cost., artt. 53 e 3, a situazioni uguali devono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, a situazioni diverse un trattamento tributario disuguale (cfr. Corte Cost., 6 luglio 1972, n. 120);

Ne consegue la necessità che siano disciplinati in modo uguale i fatti economici che esprimono pari capacità contributiva, ma regolati in modo diversificato i fatti che esprimono capacità contributiva in modo differenziato.

Il principio di uguaglianza tributaria presuppone, peraltro, necessariamente quello di capacità contributiva, che fornisce il criterio di giudizio per valutare se due situazioni siano eguali o diverse al fine del pari o diverso trattamento tributario;

Nel declinare detti principi generali al caso di specie, il Collegio ritiene che per le annualità d’imposta, in cui permane l’occupazione abusiva per scelte degli organi amministrativi preposti allo sgombero degli immobili, il prelievo tributario si ponga in contrasto con i principi costituzionali citati.

Infine, la tassazione degli immobili occupati abusivamente, e non “sgomberabili”, in capo ai soggetti passivi IMU pone dubbi di compatibilità costituzionale anche con la Cost., art. 42, comma 2, e, peraltro, con l’art. 1 del Protocollo 1 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, i quali garantiscono e tutelano la proprietà privata. Infatti, un’occupazione abusiva comporta l’esercizio di azioni a tutela della proprietà o del possesso cui si accompagna l’intervento della Pubblica amministrazione volto allo “sgombero” dell’immobile, ma se l’intervento dell’Autorità non risulta essere risolutivo, con conseguente permanenza dello stato di illiceità, ed il diritto di proprietà non riceve tutela da parte dell’amministrazione pubblica, quest’ultima ritrarrebbe un vantaggio, rappresentato dalla riscossione di un tributo, in virtù di una situazione illecita da essa “tollerata” a detrimento del diritto di proprietà del contribuente.

Ciò contrasta con quanto affermato più volte dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), secondo la quale non é consentito alla Pubblica amministrazione trarre vantaggio da propri comportamenti illeciti e, più in generale, da una situazione di illegalità dalla stessa determinata (cfr., ad esempio, CEDU, 13 ottobre 2015, La Rosa e Alba c. Italia; id., 6 marzo 2007, Scordino c. Italia), ed il principio ha trovato ingresso anche in pronunce rese dalla Corte Costituzionale (cfr. Corte Cost. 30 aprile 2015, n. 71; 8 ottobre 2010, n. 293).

 

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