Sponsorizzazione alle associazioni sportive dilettantistiche: vale sempre la presunzione di inerenza del costo nella determinazione del reddito di impresa alle condizioni dell’art. 90 L. 289/2022.

by AdminStudio

Dopo due gradi di giudizio negativi, come ormai spesso accade, la Cassazione riconosce che una norma di Legge deve essere applicata affermando in sintesi che hanno errato i giudici di merito, ed in particolare la CTR nel ritenere che l’art. 90, comma 8, della l. n. 289 del 2002, contenesse solo un limite di spesa massima deducibile e consentisse comunque il controllo della inerenza e della congruità del costo portato in deduzione ed infine prescindendo del tutto anche dal concetto di inerenza, fatto proprio dalla più recente ma ormai consolidata giurisprudenza, nonché dal dato fornito dalla ricorrente che, per i ricavi, vi era stato un ritorno positivo evidenziato dai dati di bilancio.

Questo quadro confortante per chi si rivolge ai “giudici” tributari nei gradi viene delineato dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione nella ordinanza 7 febbraio 2024 n. 3470 (Pres. Crucitti, Rel. Lume).

Trattando il terzo motivo del ricorso della società contribuente, i Giudici di Legittimità ricordano come la Suprema Corte abbia più volte, ribadito che «in tema di detrazioni fiscali, le spese di sponsorizzazione di cui all’art. 90, comma 8, della legge n. 289 del 2002, sono assistite da una “presunzione legale assoluta ”circa la loro natura pubblicitaria, e non di rappresentanza, a condizione che: a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa; c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale» (Cass. 23/03/2016, n. 5720, ribadita da Cass. 06/04/2017, n. 8981 ; Cass. 07/06/2017 , n.14232; Cass. 27/07/2021, n. 21452; Cass. 14/02/2023 , n. 4612 ), «senza che rilevino, pertanto, requisiti ulteriori» (Cass. 6/04/2017, n. 8981; Cass. 19/01/2018, n. 1420; Cass.30/05/2018, n. 13508; Cass.6/05/2020, n. 8540).

Ancora è stato affermato, pure di recente, che il citato art. 90, comma 8, costituisce addirittura una norma speciale, destinata a derogare anche al regime generale di deducibilità dei costi previsto dall’art. 109 del t.u.i.r., trattandosi di disposizione che detta peculiari condizioni di deducibilità delle spese di pubblicità che rispondono alle specifiche esigenze del settore di riferimento, ossia delle compagini sportive dilettantistiche; la norma intende perseguire finalità diverse che, con tutta evidenza, possono essere rintracciate nella voluntas legis di approntare un regime agevolativo per quei soggetti che decidono di investire nello sport amatoriale e di favorire – tramite la leva fiscale – la diffusione di questo genere di attività giudicate socialmente utili e degne di protezione, stante anche la rilevanza costituzionale dello sport (cfr. Cass. 27/07/2021, n. 21452, in motivazione).

Il legislatore ha, dunque, stabilito una presunzione assoluta di deducibilità del costo, rendendo non sindacabile la scelta dell’imprenditore di promuovere il nome, il marchio o l’immagine attraverso iniziative pubblicitarie nel settore sportivo dilettantistico; non si può, quindi, negare lo scomputo dei costi di sponsorizzazione sulla base di una asserita assenza di una diretta aspettativa di ritorno commerciale, atteso che una tale soluzione non si porrebbe neppure in linea con la stessa nozione di inerenza, come delineatasi nel tempo, che è di natura qualitativa e non quantitativa (Cass. 20/12/2018, n. 33030; Cass.16/12/2019, n. 33120; Cass. 4/03/2020, n. 6017) e non è, dunque, più basata sulla necessaria riconducibilità dell’onere alla percezione di ricavi da parte dell’impresa che sostiene il costo (il che vizia anche l’affermazione della CTR volta a valutare l’inerenza esclusivamente sotto il profilo della congruità del costo); neppure è consentita la contestazione della incongruità o dell’antieconomicità del costo(Cass. 10/02/2023, n. 4274; Cass. 16/07/2020, n. 15179), dal momento che nel campo delle sponsorizzazioni è improponibile, se non impossibile, individuare l’ammontare «congruo» di una sponsorizzazione, poiché queste spese, di solito, sono sostenute nella prospettiva di aumentare i ricavi, senza la garanzia che tale obiettivo possa essere davvero conseguito (cfr. Cass. 27/07/2021, n. 21452, citata).

In conclusione, dunque, il peculiare regime approntato dall’art. 90, comma 8, in forza della sua natura agevolativa, fissa una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese sportive dilettantistiche laddove risultino soddisfatti i requisiti sopra indicati, ossia che i corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante e sia riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima (Cass. 19/01/2018, n. 1420; Cass.6/05/2019, n. 11797; Cass. 15/01/2020, n. 8540), e consente, di conseguenza, di ritenere integralmente deducibili tali spese dal soggetto sponsor.

 

In sostanza dopo l’errore dell’Agenzia delle Entrate e dopo quello di due diversi Giudici Tributari la sentenza della CTR viene cassata con rinvio alla Corte di Secondo Grado che determinerà le spese anche del giudizio di Legittimità. Quasi vent’anni dopo il periodo di imposta a cui si riferisce l’accertamento. E non è ancora finita….

 

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