Sanzioni tributarie sproporzionate: la Cassazione adotta una interpretazione formale

by admintrib

In tema di sanzioni tributarie l’Ordinanza 21 dicembre 2021 n. 40916 della Sezione Tributaria (Pres. Napolitano, Rel. Stalla) preferisce adottare una lettura formale piuttosto che cercare nei Principi il segnale di anomalia rispetto ad una sanzione pecuniaria oggettivamente eccessiva rispetto ai rischi per l’Erario e alle violazioni commesse.

La questione riguarda una sentenza con la quale la Commissione tributaria regionale del Friuli-Venezia Giulia rigettò, l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate relativamente ad una precedente sentenza della CTP di Pordenone che aveva accolto l’impugnazione da parte di una contribuente dell’atto di irrogazione di sanzioni per omessa compilazione del quadro RW in relazione alla disponibilità di somme accreditate su un conto corrente e su un fondo d’investimento detenuti all’estero, per l’anno d’imposta 2006.

Scondo la C.T.R., la sanzione di euro 11.112,27, per omessa compilazione del quadro RW, non era dovuta in ragione della buona fede del contribuente, del carattere formale della violazione che non aveva causato alcun danno all’erario e, infine, per le obiettive condizioni di incertezza sulla portata e “sull’ambito di applicazione della norma tributaria, attestate dalle produzioni documentali della parte privata, che davano conto del dibattito attinente «all’incongruenza delle sanzioni per mancata compilazione del quadro RW e alla difficile interpretazione delle norme relative al decreto legge n. 167/1990».

Quanto alla natura formale della violazione secondo i Giudici di Legittimità “va riaffermato il principio di diritto per cui la violazione consistente nell’omessa dichiarazione annuale per investimenti e attività di natura finanziaria all’estero, prevista dall’art. 4, comma 2, di. n. 167 del 1990 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 227 del 1990), sanzionata dal successivo art. 5, comma 5 (nella formulazione temporalmente vigente), risponde all’esclusiva finalità di assicurare, tramite l’obbligo di dichiarazione, appunto, il monitoraggio dei trasferimenti di valuta da e per l’estero, quali manifestazioni di capacità contributiva (in tal senso, tra le altre, Cass. 19/01/2018, n. 1311, consolidata da Cass. 03/12/2020, n. 27662). Nel caso in esame, quindi, la C.T.R., senza cogliere la ratio della norma, nell’univoca accezione precisata da questa Corte, ha erroneamente negato la rilevanza della violazione per omessa presentazione del quadro RW in ragione del ravvisato, ma (per le precedenti considerazioni) insussistente, carattere formale della violazione”.

Quanto poi alla incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione la Corte rileva come “«In tema di sanzioni amministrative tributarie, l’incertezza normativa oggettiva – che deve essere distinta dalla ignoranza incolpevole del diritto, come si evince dall’art. 6 del d.lgs. n. 472 del 1997 – è caratterizzata dalla impossibilità di individuare con sicurezza ed univocamente la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile e può essere desunta da alcuni “indici”, quali, ad esempio: (1) la difficoltà di individuazione delle disposizioni normative; (2) la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; (3) la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; (4) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; (5) l’assenza di una prassi amministrativa o la contraddittorietà delle circolari; (6) la mancanza di precedenti giurisprudenziali; (7) l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; (8) il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; (9) il contrasto tra opinioni dottrinali; (10) l’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di una disposizione implicita preesistente». Quanto al criterio giuridico attraverso cui traguardare gli indici rivelatori (fattuali), questa Corte ha puntualizzato che «In tema di sanzioni amministrative per violazioni di  norme tributarie, sussiste incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria ai sensi dell’art. 10 della I. n. 212 del 2000 e dell’art. 8 del d.lgs. n. 546 del 1992, quando è ravvisabile una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, riferita, non già ad un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata e neppure all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento a cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione.» (Cass. 01/02/2019, n. 3108, in connessione con Cass. 1893/2021, cit.); è stato altresì chiarito (da Cass. n. 4169/2020, cit.) che per incertezza normativa obiettiva deve intendersi la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto, tra cui, in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sé ed accertata dal giudice, d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie; l’incertezza normativa oggettiva costituisce una situazione diversa rispetto alla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto come emerge dal d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, che distingue in modo netto le due figure dell’incertezza normativa oggettiva e dell’ignoranza, pur ricollegandovi i medesimi effetti. Nel caso in esame, la C.T.R. non si è attenuta a questi princìpi di diritto e, in sostanza, ha escluso l’applicazione della sanzione pecuniaria in ragione di aspetti irrilevanti, marginali o generici, come la buona fede del  contribuente o l’esistenza di un dibattito sull’incongruenza della sanzione”

Ma la questione poteva forse essere affrontata con riguardo al principio di proporzionalità presente nelle regole eurounitarie e nei Principi costituzionali (artt. 3, 53 e 97) oltre che persino nella L. 11 marzo 2014, n. 23 (recante la delega al Governo in tema di disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente ed orientato alla crescita) che nell’art. 8 e per ben due volte, fa riferimento al principio di proporzionalità. Stabilendo che la revisione del sistema sanzionatorio penale tributario debba avvenire «secondo criteri di predeterminazione e di proporzionalità rispetto alla gravità dei comportamenti» e, ancora, la revisione del regime della dichiarazione infedele e del sistema sanzionatorio amministrativo deve rispettare il principio di proporzionalità al fine di graduare le sanzioni alla gravità dei comportamenti.

Anche secondo la Corte UE le sanzioni tributarie non possono essere applicate in modo automatico, senza assicurarsi che non eccedano quanto necessario per conseguire gli obiettivi consistenti nell’assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e nell’evitare l’evasione. Lo ha ribadito ad esempio la Corte di Giustizia UE nella sentenza C-935/19 del 15 aprile 2021.

Ci riserviamo un approfondimento sulla questione nella rivista, giacché una maggior attenzione alle questioni sostanziali quando siano sorrette da regole e massime èforse davvero utile a tutti gli operatori.

 

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