Ancora sul registro come “imposta d’atto” e sui limiti alla riqualificazione ex art. 20

by admintrib

Abbiamo recentemente messo in evidenza la Sentenza 14 dicembre 2021, n. 40042 della Sezione Tributaria. Lo stesso argomento, lo stesso filone giurisprudenziale e le stesse argomentazioni, pur sintetizzate, si ritrovano nella Ordinanza 21 dicembre 2021, n. 41119 (Pres. Stalla, Rel. Dell’Orfano), al punto che la precedente pronuncia, solo di pochi giorni anteriore, può oggi costituire il riferimento per la lettura dell’articolo 20 del testo unico di registro, almeno con riferimento ad un insieme di operazioni correlate o correlabili.

Anche nel caso specifico, come nel precedente, si tratta di un accertamento con cui si riqualificavano come cessione d’azienda, conseguentemente liquidando, a fronte dell’imposta fissa corrisposta, la maggiore imposta proporzionale di registro, una serie di operazioni di riorganizzazione aziendale mediante conferimento di ramo di azienda e successiva cessione delle quote di partecipazione.

La partenza del ragionamento è anche in questo caso la recente sentenza n. 158 del 21 luglio 2020 con cui la Corte Costituzionale ha analizzato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, c.d. TUR), nella parte in cui, nella sua attuale formulazione, dispone che, nell’applicare l’imposta di registro «secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, si debbano prendere in considerazione unicamente gli elementi desumibili dall’atto stesso, “prescindendo da quelli extratestuali e degli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi”».

Quindi la riqualificazione è consentita, ma rammendando la natura di “imposta d’atto” del registro. Per l’abuso del diritto oggi vige l’articolo 10-bis dello Statuto del Contribuente. Con riferimento alla predetta norma ai fini dell’imposta di registro operazioni strutturate mediante conferimento di azienda seguito dalla cessione delle partecipazioni della società conferitaria) non possono essere riqualificate in una cessione di azienda e non configurano di per sé il conseguimento di un vantaggio indebito realizzato in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario.

Il Collegio ritiene dunque condivisibili le affermazioni della CTR, atteso che se è indubitabile che l’Amministrazione in forza di tale disposizione non è tenuta ad accogliere acriticamente la qualificazione prospettata dalle parti ovvero quella “forma apparente” al quale lo stesso art. 20 fa riferimento, è indubbio che in tale attività riqualificatoria essa non può travalicare lo schema negoziale tipico nel quale l’atto risulta inquadrabile, pena l’artificiosa costruzione di una fattispecie imponibile diversa da quella voluta e comportante differenti effetti giuridici.

 

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