Prova delle cessioni intracomunitarie: gli stati membri possono stabilire un termine per la presentazione, a condizione di rispettare i principi di equivalenza ed effettività

by admintrib

“L’articolo 131 e l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, letti in combinato disposto con i principi di neutralità fiscale, di effettività e di proporzionalità,

devono essere interpretati nel senso che:

essi non ostano a una normativa nazionale, la quale vieta la presentazione e l’assunzione di nuovi elementi di prova che dimostrino il soddisfacimento dei requisiti sostanziali di cui all’articolo 138, paragrafo 1, di tale direttiva, durante il procedimento amministrativo che ha portato all’adozione della decisione di accertamento d’imposta, in particolare dopo le operazioni di verifica fiscale ma prima dell’adozione di tale decisione, purché siano rispettati i principi di equivalenza e di effettività”.

Questo il principio di diritto con il quale la Corte di Giustizia UE, decidendo sulla causa C-644/2021, legge le regole sulle cessioni comunitarie e sulla prova delle stesse.

Nel caso specifico la questione nasce in Slovenia laddove l’autorità fiscale ha chiesto l’IVA sulle cessioni intra ad un operatore che non ha saputo presentare tempestivamente la prova della effettività delle stesse.

La normativa fiscale slovena prevede infatti “Entro dieci giorni dalla conclusione della verifica fiscale, l’autorità tributaria redige un verbale, che poi notifica al soggetto passivo. Il verbale espone la situazione di fatto accertata, la quale comprende tutti i fatti e le circostanze rilevanti per la decisione. Il verbale richiama l’attenzione del soggetto passivo dell’imposta in merito alla possibilità di presentare e di veder presi in considerazione nuovi fatti ed elementi di prova ai sensi del paragrafo 2 del presente articolo. Il soggetto passivo può presentare osservazioni sul verbale entro e non oltre 20 giorni dalla notifica di quest’ultimo, e di tale facoltà il soggetto passivo deve essere informato nel verbale stesso”.

Nel caso specifico la contribuente aveva acquisito elementi di prova dopo questo termine e prima della emissione dell’atto impositivo, ma non li ha potuti utilizzare.

Nella vicenda giurisdizionale che ne è seguita, il Vrhovno sodišče (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se le disposizioni della direttiva 2006/112, e segnatamente l’articolo 131 e l’articolo 138, paragrafo 1, nonché i principi del diritto dell’Unione, in particolare i principi di neutralità fiscale, di effettività e di proporzionalità, ostino a una normativa nazionale la quale vieti la presentazione e l’assunzione di nuovi elementi di prova, volti a dimostrare il soddisfacimento dei requisiti sostanziali di cui all’articolo 138, paragrafo 1, della citata direttiva, già durante il procedimento amministrativo di prima istanza, e più specificamente nel contesto delle osservazioni presentate in ordine al verbale di verifica fiscale emesso prima dell’emissione di un avviso di accertamento fiscale».

La Corte applica, per analogia, della giurisprudenza in materia di rimborsi. In tale ambito è stato affermato che il rimborso può essere negato se il soggetto passivo, entro i termini stabiliti, non ha presentato all’Autorità fiscale, anche su invito di quest’ultima, i documenti richiesti per provarne la spettanza, a nulla rilevando la circostanza che i predetti documenti siano stati presentati, di propria iniziativa, nell’ambito del ricorso contro il provvedimento di diniego (causa C-294/20). Ciò in quanto manca nella VIII Direttiva CEE, una regola rispetto alla possibile introduzione di disposizioni nazionali che vietino di tenere in considerazione gli elementi di prova forniti dopo la scadenza del termine posto nella normativa interna. Questo però a condizione che dette disposizioni non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni simili di natura interna (principio di equivalenza) e che non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v., per analogia, sentenza del 9 settembre 2021, GE Auto Service Leasing, C-294/20, EU:C:2021:723, punto 59 e la giurisprudenza ivi citata).

Per quanto riguarda, in primo luogo, il principio di effettività, si deve rilevare che la possibilità di presentare prove supplementari, nell’ambito di un procedimento di accertamento in rettifica dell’IVA, senza nessuna limitazione temporale sarebbe contraria al principio della certezza del diritto, il quale esige che la posizione fiscale del soggetto passivo, tenuto conto dei suoi diritti e dei suoi obblighi nei confronti dell’amministrazione tributaria, non sia indefinitamente suscettibile di essere rimessa in discussione (v., per analogia, sentenza del 9 settembre 2021, GE Auto Service Leasing, C-294/20, EU:C:2021:723, punto 60 e la giurisprudenza ivi citata). E va inoltre rispettato il principio di neutralità che potrebbe risultare violato. Quindi “rimane nondimeno il fatto che l’amministrazione tributaria, quando nega a un soggetto passivo il beneficio dell’esenzione dall’IVA in una fase precoce della procedura di imposizione, deve garantire il rigoroso rispetto del principio di neutralità fiscale”. Il rifiuto di prendere in considerazione i documenti acquisiti deve di conseguenza essere fondato su circostanze particolari, come, segnatamente, l’assenza di qualsiasi giustificazione del ritardo accumulato oppure il fatto che il ritardo ha comportato perdite di gettito fiscale.

Una normativa nazionale che, in tale fase del procedimento di imposizione, non consenta al soggetto passivo di fornire le prove ancora mancanti per dimostrare il diritto che egli rivendica, e che non tenga conto delle eventuali spiegazioni in merito alle ragioni per le quali tali prove non sono state fornite prima, appare quindi difficilmente conciliabile con il principio di proporzionalità e anche con il principio fondamentale di neutralità dell’IVA.

 

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