Notifica proveniente da indirizzo di posta elettronica certificata non risultante nei pubblici registri: è valida se ha consentito al contribuente di svolgere la propria attività difensiva.

by admintrib

L’ordinanza n. 564 del 8 gennaio 2024 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Virgilio, Rel. D’Aquino) affronta il caso di una contribuente alla quale era stata inviata la notifica di un atto impositivo da un indirizzo PEC non risultante nei pubblici registri. Tale questione era stata ritualmente eccepita sia nel primo grado di merito sia in appello risultando la contribuente soccombente in ambedue le pronunce.

Anche il Giudice di Legittimità respinge l’eccezione della ricorrente sul punto.

A tal riguardo la Corte rammenta che in tema di notificazione a mezzo PEC, l’utilizzo di un indirizzo di posta elettronica istituzionale, benché non risultante dai pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto, ritenendosi che una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali è richiesta per l’individuazione dell’indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente (Cass., Sez. U., 18 maggio 2022, n. 15979).

Accolto invece il motivo successivo, posto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., per avere il giudice di appello fatto applicazione del principio della soccombenza in assenza di costituzione della parte appellata, circostanza per la quale non sussisterebbe il presupposto in fatto per il rimborso delle spese sostenute.

Il secondo motivo viene ritenuto fondato, emergendo dal frontespizio della sentenza impugnata l’omessa costituzione in appello dell’Agente della Riscossione, per cui la soccombenza non poteva essere invocata in assenza di costituzione della parte appellata. La condanna alle spese processuali, a norma dell’art. 91 cod. proc. civ., ha infatti il suo fondamento nell’esigenza di evitare una diminuzione patrimoniale alla parte che ha dovuto svolgere un’attività processuale per ottenere il riconoscimento e l’attuazione di un suo diritto. Dunque essa non può essere pronunziata in favore del contumace vittorioso, poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese al cui rimborso abbia diritto (Cass., Sez. III, 14 marzo 2023, n. 7361).

 

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