Notifica da indirizzo di posta elettronica certificata non iscritto in pubblici registri: interpretazione non letterale ma sostanziale dalla Cassazione in caso chi eccepisca il vizio formale non espliciti anche le ragioni del pregiudizio subìto

by admintrib

Qualche restrizione interpretativa rispetto a precedenti pronunce nelle scorse settimane da parte della Sesta Sezione della Cassazione in materia di notifiche da indirizzi di posta elettronica non risultanti dai pubblici registri e di conseguenze sul procedimento.

L’Ordinanza del 16 gennaio 2023 n. 982 (Pres. Napolitano, Rel. Delli Priscoli) affronta il caso di un contribuente che aveva impugnato una cartella di pagamento di cui la ricorrente assumeva aver appreso conoscenza mediante estratto di ruolo, non essendole stata mai notificata. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente ma la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello dell’Ufficio affermando che la circostanza in virtù della quale l’indirizzo da cui è stata effettuata la notifica non sarebbe presente nel registro INI-PEC non vizia in radice il procedimento notificatorio non inficiando la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta provenire, testualmente ricavabile dall’indirizzo del mittente.

Il ricorso per cassazione viene in questo caso ritenuto infondato.

Secondo la Corte la sentenza della CTR poggia su corretti principi laddove ha ritenuto valida la notifica proveniente da un indirizzo PEC (notifica.acc.campania@pec.agenziariscosgone.gov.it ) dal quale era chiaramente evincibile il mittente pur se diverso da quello risultante dai pubblici registri (protocollo@pec.agenziariscosone.gov.it ), circostanza – questa della diversità degli indirizzi PEC – peraltro neppure provata dalla parte contribuente.

Una diversa conclusione sarebbe smaccatamente contraria rispetto ai principi di buona fede, correttezza e solidarietà di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ. e 2 Cost., tenendo conto che il contribuente non ha addotto alcun motivo in virtù del quale sarebbe stato leso in concreto il diritto di difesa. In effetti, secondo questa Corte, la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione; ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Cass. n. 26419 del 2020; Cass. n. 29879 del 2021). Nella specie, anche ad accedere alla versione della parte contribuente, quest’ultima non ha mai realmente evidenziato quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa sarebbero dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento non dall’indirizzo telematico corrispondente al domicilio digitale dell’Agenzia, come presente nei pubblici registri (protocollo@pec.agenziariscossbne.gov.it) ma da uno diverso (notifica.acc.campania@pec.agenziariscossione .gov.it ), relativamente al quale però è evidente ictu °culi la provenienza dall’Agenzia delle entrate.

Di segno evidentemente diverso l’Ordinanza n. 1702 del 19 gennaio 2023 (Pres. Doronzo, Rel. Fedele). Anche in questo caso la Corte territoriale aveva escluso che la comunicazione risultasse inesistente per essere stata inviata da indirizzo PEC non censito in pubblici elenchi, in quanto nella specie non trovava applicazione l’art. 3 bis della l. n. 53 del 1994 bensì l’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, che contempla unicamente il requisito della casella PEC del destinatario e non già di quella del mittente, non potendosi neppure concordare sulla tesi della incertezza soggettiva del mittente, considerato che l’azione era stata correttamente promossa nei confronti dell’Agenzia delle entrate.

Per la Corte risulta assorbente il rilievo che il combinato disposto di cui agli artt. 3 bis e 11 della l. n. 53 del 1994 – la cui applicabilità viene invocata a sostegno della fondatezza del ricorso – sancisce con la nullità (e non già con l’inesistenza) la violazione delle disposizioni prescritte in tema di notifica telematica eseguita dal difensore, fra le quale si rinviene, per l’appunto, l’indicazione che il messaggio PEC provenga da indirizzo censito in pubblici elenchi (art. 3 bis, comma 1, secondo periodo, della l. n. 53 del 1994: «La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi.»)

Ne consegue che non può predicarsi l’inesistenza, bensì la nullità dell’atto eventualmente compiuto in difformità dallo schema normativo di cui al citato art. 3 bis, con conseguente possibilità di ritenere la nullità sanata per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., come ripetutamente affermato da questa Corte, a partire dal fondamentale arresto pronunciato a Sezioni Unite (Cass. Sez. U, 18/04/2016, n. 7665), secondo cui «L’irritualità della notificazione di un atto (nella specie, controricorso in cassazione) a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica (nella specie, in “estensione.doc”, anziché “formato.pdf”) ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale.».

In motivazione, il fondamento del principio enunciato è così sviluppato: «Nella specie i ricorrenti non adducono né alcuno specifico pregiudizio al loro diritto di difesa, né l’eventuale difformità tra il testo recapitato telematicamente, sia pure con estensione.doc in luogo del formato.pdf, e quello cartaceo depositato in cancelleria. La denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l’interesse all’astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione (Cass., sez. trib., n. 26831 del 2014). Ne consegue che è inammissibile l’eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale della Corte».

In linea con tale indirizzo, oltre a numerosi precedenti conformi, più in generale è stato affermato il principio generale secondo cui l’art. 11 della l. 53 del 1994 (che commina la nullità della notificazione eseguita personalmente dall’avvocato «se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli precedenti») non intende affatto sanzionare con l’inefficacia anche le più innocue irregolarità ove la consegna telematica abbia comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale, è stato ribadito da Cass. Sez. 1, 24/09/2020, n. 200396, in relazione ad un caso in cui erano state sollevate numerose eccezioni circa la ritualità della notifica eseguita (in particolare: mancata indicazione, nell’oggetto del messaggio PEC, della dicitura “notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994”, incompletezza del nome di una delle parti nel cui interesse era stata effettuata la notifica, mancata indicazione del codice fiscale delle parti che hanno conferito la procura alle liti, mancata indicazione, nella relata di notifica, dell’elenco pubblico da cui era stato estratto l’indirizzo PEC del destinatario e quello del notificante, mancato rispetto delle regole tecniche prescritte per l’attestazione di conformità della sentenza notificata e delle ricevute di accettazione e di consegna, nonché mancata stampa dell’atto allegato alla notifica e della relata);

Nella specie, parte ricorrente assume che la dedotta violazione avrebbe determinato incertezza sull’identità del mittente, ma non ha dedotto in che cosa tale incertezza abbia minato o leso la propria difesa, considerato che, come correttamente rilevato anche nella sentenza impugnata, la società ricorrente ha ritualmente proposto opposizione avverso il preavviso di iscrizione ipotecaria nei confronti dell’Agenzia delle entrate, elemento che di per sé conferma il raggiungimento dello scopo della notificazione siccome eseguita dalla società di riscossione e la conseguente sanatoria ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ..

 

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