Responsabilità solidale del cessionario ex art. 60-bis DPR IVA: le condizioni soggettive della cedente sono di regola irrilevanti in quanto l’operazione si presuppone effettiva

by admintrib

L’art. 60- bis, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, nel contemplare la responsabilità solidale del cessionario in caso di mancato versamento dell’IVA da parte del cedente per le cessioni dei beni individuati dal d.m. 22 dicembre 2005, qualora siano effettuate a prezzi inferiori al valore normale, presuppone – a differenza dell’art. 21, comma 7, del medesimo decreto, che concerne l’emissione di fatture per operazioni inesistenti – l’effettività dell’operazione, sia sul piano oggettivo che soggettivo, sicché è consentito al cessionario portare in detrazione l’imposta non versata dal cedente e per la quale è stato chiamato al pagamento come obbligato solidale”.

Questo il principio di diritto ribadito con ordinanza n. 1616 del 19 gennaio 2023 dalla Sezione Quinta della Corte di Cassazione (Pres. Manzon, Rel. Saija).

Nei fatti l’Agenzia notificava ad una s.r.l. due avvisi di recupero IVA quale cessionaria obbligata in solido in merito a diverse forniture di telefoni cellulari, secondo lo stesso Ufficio effettuate sottocosto, ossia a prezzo inferiore al valore normale. La C.T.R., confermando la decisione di primo grado, respingeva l’appello della società osservando: a) che l’Agenzia aveva dato prova che i prezzi di acquisto dei telefoni erano “per la maggior parte” inferiori ai valori normali, sicché, non avendo la cedente provveduto a versare l’IVA all’erario, sussistevano i presupposti della solidarietà del cessionario (ex art. 60-bis d.P.R. n. 633/1972); b) che gli elementi addotti dall’Ufficio deponevano per la natura di “cartiera” della cedente. Ricorreva per cassazione la società denunciando falsa applicazione dell’art. 60-bis e 14 d.P.R. n. 633/1972 per aver la C.T.R. applicato la prima disposizione citata prendendo come riferimento, per l’accertamento del “valore normale”, la condizione soggettiva del cedente e non il mero valore oggettivo di mercato dei beni oggetto della cessione.

La Corte, cassata con rinvio la sentenza, ha evidenziato che “la C.T.R. ha del tutto errato nell’individuare l’oggetto dell’accertamento demandatole, perché – in considerazione della pretesa solidarietà della cessionaria – avrebbe dovuto limitarsi a verificare, sulla base della documentazione offerta dalle parti, se i beni fossero stati ceduti o meno a prezzo inferiore al valore normale, traendone le debite conseguenze; si tratta di conclusione che la C.T.R. ha pure raggiunto, per la verità, ma sostanzialmente omettendo ogni esame della suddetta documentazione e incentrando la verifica circa la sussistenza del parametro legale sulla base delle condizioni soggettive della cedente; ai fini dell’operatività dell’art. 60-bis cit., però, queste sono di regola irrilevanti”.

Come infatti ricordato dai Giudici di Legittimità “o si tratta di operazioni inesistenti sul piano oggettivo o soggettivo, per le quali ultime può porsi il tema dell’interposizione fittizia, con tutto ciò che ne consegue; oppure si tratta di operazioni realmente effettuate tra le parti in rilievo, ed occorre solo verificare – ai fini che qui interessano – se esse sono state realizzate al valore normale di cessione o a valore inferiore, avuto riguardo al disposto dell’art. 14 d.P.R. n. 633/1972”.

Infine la Corte non ha mancato di rimarcare la superficialità dell’accertamento operato dalla C.T.R. che aveva operato il riscontro della condizione (per stessa ammissione dei giudici regionali) “per la maggior parte” delle operazioni quando in realtà la verifica in realtà “andava eseguita operazione per operazione, e non certo in via approssimativa, in considerazione della nota autonomia di ciascuna operazione IVA”.

(commento a cura del Dott. Lorenzo Tortelli)

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