Non costituisce acquiescenza, da parte del contribuente, l’aver chiesto ed ottenuto, senza alcuna riserva, la rateizzazione degli importi indicati nella cartella di pagamento

by admintrib

L’ordinanza n. 10094 del 14 aprile 2023 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Napolitano, Rel. Fracanzani) ribadisce, accogliendo il ricorso del contribuente, che la richiesta di rateizzazione di un carico iscritto a ruolo non configura una acquiescenza rispetto all’atto della riscossione (cartella di pagamento) che può essere quindi oggetto di impugnazione in una fase successiva.

Nello specifico la rateazione era stata chiesta in relazione al preavviso di irregolarità (avviso bonario). Il Collegio d’appello aveva attribuitp valenza di manifestazione di acquiescenza del debito tributario alla richiesta di rateizzazione delle somme dovute a titolo di IRAP, presentata dal contribuente, nonché al successivo versamento di alcune rate del tributo.

I Giudici di Legittimità fanno presente come in materia la Corte stessa abbia affermato che non costituisce acquiescenza, da parte del contribuente, l’aver chiesto ed ottenuto, senza alcuna riserva, la rateizzazione degli importi indicati nella cartella di pagamento, atteso che non può attribuirsi al puro e semplice riconoscimento d’essere tenuto al pagamento di un tributo, contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione (denunce, adesioni, pagamenti, domande di rateizzazione o di altri benefici), l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all'”an debeatur”, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario. (cfr. Cass. V, n. 3347-2017).

Nella fattispecie in esame si rileva poi come il contribuente non abbia prestato acquiescenza al debito tributario portato dall’avviso bonario giacché la sua autonoma impugnabilità è facoltà ma non onere. Ed infatti, in tema di contenzioso tributario, devono ritenersi impugnabili gli avvisi bonari con cui l’Amministrazione chiede il pagamento di un tributo in quanto essi, pur non rientrando nel novero degli atti elencati nel D.Lgs. n. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19 e non essendo, perciò, in grado di comportare, ove non contestati, la cristallizzazione del credito in essi indicato, esplicitano comunque le ragioni fattuali e giuridiche di una ben determinata pretesa tributaria, ingenerando così nel contribuente l’interesse a chiarire subito la sua posizione con una pronuncia dagli effetti non più modificabili.

Il giudice investito dell’impugnazione non può, però, annullarli ritenendo che i predetti debbano avere gli stessi requisiti di quelli indicati nell’art. 19 cit. ed in particolare che in essi debba essere contenuta l’indicazione, prevista nel comma 2 dello stesso art. 19, del termine entro il quale il ricorso deve essere proposto, della commissione tributaria competente e delle forme e dei termini per proporre ricorso, essendo tali requisiti, previsti, peraltro neppure a pena di nullità, soltanto per gli atti tipici (cfr. Cass. V, n. 10987-2011).

Sul punto è intervenuta altresì la Corte a Sezioni unite, affermando che in tema di definizione agevolata, anche il giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della cartella emessa in sede di controllo automatizzato ex D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, con la quale l’Amministrazione finanziaria liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a una controversia suscettibile di definizione ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, conv. dalla l. n. 136 del 2018, qualora la predetta cartella costituisca il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo come tale impugnabile, ex D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva. (Cfr. Cass. S.U. n. 18298-2021).

 

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