Legittima l’azione di revocazione ordinaria anche se la sentenza è stata già impugnata con ricorso per cassazione. I limiti dell’errore di fatto nell’azione revocatoria secondo la Suprema Corte

by AdminStudio

L’Ordinanza 24 luglio 2023, n. 22047 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Manzon, Rel. Caradonna) ricorda che è del tutto ammissibile l’impugnazione di una sentenza di appello in revocazione quando essa è già stata impugnata per Cassazione.

Infatti il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 64, al comma 1 stabilisce che “contro le sentenze delle commissioni tributarie che involgono accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate è ammessa la revocazione ai sensi dell’art. 395 del codice di procedura civile” (la nuova formulazione del comma 1, come sostituito dal decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, art. 9, comma 1, lett. cc), si applica a decorrere dal 1 gennaio 2016, ai sensi di quanto disposto dal D.Lgs. n. 156 del 2015, art. 12, comma 1).

La norma richiamata, dunque, con riferimento alle decisioni delle commissioni tributarie che involgano accertamenti di fatto e che sul punto non siano ulteriormente impugnabili o non siano state impugnate, ammette la revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c..

La stessa Corte, di recente, ha statuito il principio, secondo cui “Nell’ambito del processo tributario, la proposizione di motivi di revocazione ordinaria ex art. 395, comma 1, nn. 4) e 5) c.p.c. avverso le sentenze delle Commissioni Tributarie Regionali rese in funzione di giudice d’appello è ammissibile anche se impugnate con ricorso per Cassazione, ovvero siano ancora pendenti i termini per proporre tale ricorso, alla luce del complessivo quadro sistematico e anche della riformulazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, comma 1 dell’art. 64, ad opera dell’art. 9, comma 1, lett. cc), D.Lgs. n. 24 settembre 2015, n. 156 il quale ha voluto espressamente fugare le incertezze chiarendo l’equiparazione della disciplina della revocazione ordinaria prevista dal rito speciale tributario a quella prevista dal codice di rito ordinario; le condizioni di proposizione dei motivi di revocazione straordinaria di cui ai commi secondo e terzo dell’art. 64, non modificate dal D.Lgs. n. 156 del 2015, restano a loro volta le medesime fissate dall’art. 396 comma 1 c.p.c. per il processo civile ordinario.” (Cass., 5 luglio 2022, n. 21169).

Ugualmente è stato osservato che che “Nel processo tributario, l’impugnazione per revocazione per i motivi previsti dai nn. 4 e 5 dell’art. 395 c.p.c. – anche nel regime anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 156 del 2015, art. 9, comma 1, lett. cc), che ha modificato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 64, comma 1, – è ammissibile nei confronti delle sentenze d’appello avverso le quali sia stato già proposto ricorso per cassazione o sia pendente il termine per proporlo, poichè nel giudizio di cassazione non sono ammessi nuovi accertamenti di fatto, nè rivalutazioni del giudizio sul fatto compiuto dal giudice d’appello” (Cass., 11 maggio 2022, n. 14893).

I giudici di Legittimità dunque concludono che sulla base dell’espresso richiamo contenuto nella norma all’art. 395 c.p.c. e dello specifico riferimento del processo tributario sul modello processuale civile, contro le sentenze di secondo grado, l’esperibilità della revocazione si giustifica in base al fatto che essa, in quanto fondata su motivi diversi da quelli che legittimano il ricorso per cassazione, concorre con questo, come espressamente previsto dall’art. 398, comma 4, c.p.c.. 8.

Nel caso specifico poi le censure formulate in riferimento al giudizio di revocazione, si fondavano sull’errore di fatto. Viene quindi ricordato che la rilevanza e decisività dell’errore di fatto è limitata al solo caso in cui la decisione sia fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa ovvero sull’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, sempre che il fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale il giudice si sia poi pronunciato. Pertanto, la circostanza che un certo fatto non sia stato considerato dal giudice non implica necessariamente che quel fatto sia stato espressamente negato nella sua materiale esistenza (potendo invece esserne stata implicitamente negata la rilevanza giuridica ai fini del giudizio), perché altrimenti si ricondurrebbe all’ambito del giudizio per revocazione, piuttosto che nell’ordinario giudizio di impugnazione, ogni fatto non espressamente considerato nella motivazione giudiziale, tanto più che la Cost., art. 111 non impone di prevedere quale causa di revocazione l’errore di giudizio o di valutazione (Cass., 7 febbraio 2017, n. 3200).

L’errore di fatto, idoneo a costituire motivo di revocazione ex art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c. presuppone, dunque, il contrasto tra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti processuali, purché, da un lato, la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione, e non di valutazione o di giudizio e, dall’altro, quella risultante dagli atti e documenti non sia stata contestata dalle parti (Cass., 18 settembre 2008, n. 23856; Cass., Sez. U., 7 marzo 2016, n. 4413), con la conseguenza che non è configurabile l’errore revocatorio per vizi della sentenza che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico (Cass., 15 gennaio 2009, n. 844).

 

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