Come è noto il quantum dovuto per la definizione delle liti ai sensi della L. 29 dicembre 2022, n. 197 (art. 1, comma da 186 a 205) è pari al valore della controversia, determinato ai sensi dell’art. 12, comma 2, d.lgs. n. 546/199214, salvo le riduzioni nei casi espressamente previsti. Tale criterio ricalca quanto era stato previsto in occasione della precedente definizione agevolata contenuta nell’articolo 6 del d.l. n. 119/2018 sulla “pace fiscale”.
Con riferimento alle controversie aventi per oggetto esclusivamente sanzioni non collegate al tributo (calcolate in modo autonomo rispetto al tributo) è dovuto 15% del valore della controversia in caso di sentenza favorevole al contribuente depositata al 1° gennaio 2023, ovvero 40% in tutti gli altri casi e, quindi, anche in caso di soccombenza del contribuente nel primo o secondo grado di giudizio (comma 191).
Con riferimento alle controversie aventi per oggetto esclusivamente sanzioni collegate al tributo (calcolate in percentuale rispetto al tributo) la somma dovuta è zero, qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla stessa definizione agevolata (comma 191).
L’Ordinanza 19 luglio 2023, n. 21301 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Cirillo, Rel. Napolitano) decide sulla istanza di definizione della lite pendente, ai sensi dell’art. 6 d.l. n. 119 del 2018 presentata da una società, con versamento pari a zero, assumendo che non fosse dovuto nulla, ma con l’opposizione dell’AdE che non considera valida la domanda così posta.
Per la Suprema Corte ai sensi del comma 6 dell’art. 1 del D.L. n. 119 del 2018 infatti “La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 8 e con il pagamento degli importi dovuti ai sensi del presente articolo o della prima rata entro il 31 maggio 2019 e “Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.
L’art. 1, comma 3, del d.l. 119 del 2018 prevede che “Le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possono essere definite con il pagamento del quindici per cento del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data di entrata in vigore del presente decreto, e con il pagamento del quaranta per cento negli altri casi. In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione.
La circolare esplicativa n. 6 dell’1/04/2019 specifica, nelle note 5 e 6, che “Di norma, le sanzioni non collegate al tributo corrispondono a quelle stabilite per violazioni che non incidono sulla determinazione o sul versamento del tributo e che “Per converso, le sanzioni collegate al tributo sono quelle stabilite per le violazioni che incidono sulla determinazione o sul pagamento del tributo (ad esempio, sanzioni per omessa o infedele dichiarazione).
Nel caso di specie la questione è la qualificazione della sanzione prevista dall’art. 13, comma 1, d.lgs. n. 417 del 1997, unico oggetto della lite, come sanzione collegata o meno al tributo.
La questione è già stata recentemente scrutinata dalla Corte che ha ritenuto ammissibile l’istanza di definizione agevolata ex art. 6 del d.l. n. 119 del 2018 (conv., con modif., in l. n. 136 del 2018) per le controversie relative a sanzioni collegate al tributo, tali dovendosi intendere quelle irrogate per violazioni sostanziali che incidono sulla determinazione ovvero sul pagamento del tributo, per il cui recupero viene emesso contestualmente un avviso di accertamento o di rettifica, e tra le quali rientra la sanzione per omesso pagamento delle ritenute alla fonte ex art. 13, comma 1, d.lgs. n. 471 del 1997 (Cass. n. 36886/2021).
La nozione di sanzioni collegate al tributo a cui far riferimento normativo per la Cassazione risiede nell’art. 17, comma 1, d.lgs. n. 472 del 1997, secondo il quale “le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono sono irrogate, senza previa contestazione… con atto contestuale all’avviso di accertamento o di rettifica”.
Pur in assenza di un’esplicita definizione, dalla norma si ricavano alcune utili indicazioni atteso che le violazioni sono direttamente riferibili a un tributo quando, per il recupero di quest’ultimo, viene emesso, in contestualità, un avviso di accertamento o di rettifica. La violazione, quindi, presuppone che la condotta abbia dato luogo, in concreto, ad una evasione d’imposta o, comunque, abbia arrecato un pregiudizio per l’imposizione. Se la condotta, invece, si sia limitata a cagionare un pregiudizio per le azioni di controllo da parte dell’Ufficio, l’illecito non si associa ad una ripresa dell’imponibile, né, in ogni caso, produce un danno per l’erario (ulteriore rispetto all’inosservanza dell’adempimento) e ciò anche se la violazione sia idonea, in potenza, ad arrecare un simile sostanziale pregiudizio. In altri termini, assumono rilievo, ai fini della nozione in esame, le violazioni che incidono sulla determinazione ovvero sul pagamento del tributo, ossia le violazioni sostanziali e non quelle di natura formale. Ciò vale, a maggior ragione, in caso di sanzione irrogata per l’omesso versamento del tributo (ex art. 13 d.lgs. n. 471/1997) che, strutturalmente, costituisce una violazione collegata all’imposta (non versata), e, inoltre, trova un riferimento nello stesso art. 17, comma 3, d.lgs. n. 472 del 1997, secondo il quale possono anche essere “irrogate mediante iscrizione a ruolo, senza una precedente contestazione”.
Una volta ritenuto che la sanzione sia collegata al tributo e quindi suscettibile di definizione anche a zero, occorre evidenziare che la definizione a zero della sanzione postuli che il rapporto relativo al tributo sia stato definito , e cioè che sia stato risolto mediante l’estinzione dell’obbligazione tributaria principale, secondo le diverse modalità previste dalle norme di diritto civile e tributario, che comprendono, fra l’altro, l’annullamento dell’atto impositivo, la conciliazione giudiziale o stragiudiziale, la definizione agevolata e il pagamento del tributo (Cass. n. 36037/2021; Cass. n. 13232/2022; Cass. n. 26757/2022; Cass. n. 36473/2022).
Nel caso di specie il p.v.c. che recava il rilievo dell’omessa dichiarazione è stato oggetto di adesione ai sensi dell’art. 5-bis del D.L. n. 218 del 1997, cui sono seguiti provvedimento di definizione e versamento di quanto richiesto (come documentato anche dagli allegati prodotti).
Di conseguenza, va dichiarata estinta la lite ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018 conv. in l. n. 136 del 2019.