Le caratteristiche dell’incertezza normativa oggettiva secondo la Corte di Cassazione (e della conseguente non irrogabilità della sanzione tributaria)

by admintrib

La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione affronta con dovizia di argomentazioni, accogliendo le prospettazioni del contribuente, la questione dell’incertezza normativa e della conseguente non sanzionabilità del comportamento del contribuente di buona fede nella Sentenza 15 maggio 2023 n. 13289 (Pres. Stalla, Rel. Lo Sardo), nella quale la questione viene trattata in relazione al quarto motivo introdotto dai ricorrenti.

La Corte enuncia al riguardo alcuni indispensabili riferimenti normativi.

Il D.Lgs. n. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 2, prevede che: “Non è punibile l’autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono, nonchè da indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione e per il pagamento”.

Sulla stessa linea, il D.Lgs. n. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8, dispone che: “La commissione tributaria dichiara non applicabili le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce”.

Parimenti, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, stabilisce che: “1. I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede. 2. Non sono irrogate sanzioni nè richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, ancorchè successivamente modificate dall’amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’amministrazione stessa. 3. Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta; in ogni caso non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria. Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto”.

Premesso quanto sopra, si ricorda che secondo la giurisprudenza in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, alla stregua della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 3, e del D.L.gs 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8, postula una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, riferita non già ad un generico contribuente, nè a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, nè all’amministrazione finanziaria, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (tra le tante: Cass., Sez. 6″, 11 febbraio 2013, n. 3254; Cass., Sez. 5″, 22 febbraio 2013, n. 4522; Cass., Sez. 5″, 23 novembre 2016, n. 23845; Cass., Sez. 5″, 4 maggio 2018, n. 10662; Cass., Sez. 5″, 1 febbraio 2019, n. 3108; Cass., Sez. 6″, 9 dicembre 2019, n. 32082; Cass., Sez. 5″, 20 luglio 2021, nn. 20670, 20671, 20672 e 20673; Cass., Sez. 5″, 17 febbraio 2022, nn. 5162, 5164, 5165, 5166 e 5167; Cass., Sez. 6″-5, 22 febbraio 2023, n. 5530).

Più in particolare, in tema di sanzioni amministrative tributarie, l’incertezza normativa oggettiva – che deve essere distinta dalla ignoranza incolpevole del diritto, come si evince dal D.Lgs. n. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6 – è caratterizzata dalla impossibilità di individuare con sicurezza ed univocamente la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile e può essere desunta da alcuni “indici”, quali, ad esempio: 1) la difficoltà di individuazione delle disposizioni normative; 2) la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; 5) l’assenza di una prassi amministrativa o la contraddittorietà delle circolari; 6) la mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; 8) il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) il contrasto tra opinioni dottrinali; 10) l’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di una disposizione implicita preesistente (tra le altre: Cass., Sez. 5″, 13 giugno 2018, n. 15452; Cass., Sez. 5″, 18 gennaio 2021, n. 1893).

Si è anche detto che, in tema di legittimo affidamento del contribuente di fronte all’azione dell’amministrazione finanziaria, ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, commi 1 e 2, costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata: a) da un’apparente legittimità e coerenza dell’attività dell’amministrazione finanziaria, in senso favorevole al contribuente; b) dalla buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall’assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo; c) dall’eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono. Infatti, i casi di tutela espressamente enunciati dal comma 2 del citato art. 10 (attinenti all’area della irrogazione di sanzioni amministrative e della richiesta di interessi moratori) riguardanti situazioni meramente esemplificative e legate a ipotesi ritenute maggiormente frequenti, non limitano la portata generale della regola, idonea a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti (Cass., Sez. 6″-5, 14 maggio 2015, n. 537).

Si è, inoltre, osservato che la presenza di circolari amministrative ingeneranti un’interpretazione erronea della disciplina tributaria – ancorchè non vincolanti, nè esimenti dal pagamento del dovuto – può tuttavia incidere sull’affidamento del contribuente, così da giustificare la non debenza delle sanzioni amministrative e degli interessi moratori (Cass., Sez. 5″, 25 marzo 2015, n. 5934; Cass., Sez. 5″, 18 maggio 2016, n. 10195; Cass., Sez. 5″, 11 luglio 2019, n. 18618; Cass., Sez. 5″, 30 settembre 2020, n. 20819).

Quanto al caso specifico come è stato già deciso in vicende analoghe (Cass., Sez. 5″, 10 maggio 2021, n. 12293 – vedansi anche: Cass., Sez. 5″, 3 maggio 2023, nn. 11518, 11536 e 11550), la Corte ritiene che ricorrano almeno tre convergenti evenienze che giustificano l’eliminazione degli accessori per sanzioni amministrative ed interessi moratori ai sensi del richiamato dalla L. 31 dicembre 2000, n. 212, art. 10.

Queste evenienze vanno così individuate (Cass., Sez. 5″, 3 maggio 2023, nn. 11518, 11536 e 11550):

– l’effettiva emanazione negli anni di circolari e risoluzioni evidenzianti il dubbio interpretativo ed apparentemente legittimanti il mancato pagamento del tributo regionale qualora ricollegato a canoni concessori stabiliti in via contrattuale e non sulla base dei criteri di legge generali ed astratti, come nel caso delle concessioni in oggetto (quali specificamente richiamate nella formulazione del motivo); ancorchè gli enti emananti queste fonti interpretative siano diversi dall’ente impositore (Regione), rileva tuttavia che la tipicità del caso è data proprio dalla già richiamata complessità del tributo in questione e del suo presupposto costitutivo, certamente riferibile anche, ed in massima parte, proprio all’amministrazione finanziaria centrale che tali indicazioni ha fornito (proprietà demaniale statale del bene in concessione; regime generale delle concessioni su aree portuali; legislazione statale istitutiva);

– il dato oggettivo della mancata richiesta di pagamento dell’imposta, da parte della Regione Toscana, per moltissimi anni (fino al 2011) dalla sua introduzione con la legge reg. Toscana 30 dicembre 1971, n. 2; mancata richiesta alla quale avrebbe fatto seguito, già nel 2012, senz’altro l’eliminazione del tributo per l’area portuale qui dedotta (pur non comportante, come già evidenziato, alcun riconoscimento di infondatezza della pretesa da parte dell’amministrazione regionale);

– la particolare situazione (certamente rilevante perchè incidente sulla base imponibile del tributo e sulla sua esigibilità) nella quale venne a trovarsi la ricorrente nella annualità in questione, allorquando la concessione non era stata ancora rilasciata, protraendosi per anni in regime provvisorio e senza la determinazione dell’esatto canone dovuto fino a compimento di quella annualità, oltre che per le annualità successive; determinazione che sarebbe poi intervenuta, con effetto retroattivo, soltanto con il rilascio della concessione il 17 marzo 2009.

E’, dunque, evidente come l’esclusione degli accessori in esame non derivi da uno scostamento degli indirizzi di legittimità già dettati in materia, ma anzi proprio dalla loro applicazione nel concorso di fattori del tutto peculiari alla fattispecie.

 

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