L’amministrazione finanziaria ha il dovere di identificare in modo univoco che tipo di inesistenza (oggettiva o soggettiva) investa le operazioni alla base delle riprese

by AdminStudio

 

 

Con ordinanza n. 25965 del 6 settembre 2023 la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Manzon, Rel. Gori) ribadisce il principio di diritto per cui, nelle proprie contestazioni, l’amministrazione finanziaria ha il dovere di identificare in modo univoco che tipo di inesistenza investa le operazioni alla base delle riprese; questo dal momento che, come ricordato dai Giudici nell’occasione, l’assolvimento dell’onere della prova è diverso a seconda che si tratti di oggettiva o soggettiva inesistenza delle operazioni.

Nei caso specifico, con avviso di accertamento l’Amministrazione finanziaria, relativamente ad una serie di operazioni ritenute inesistenti, riprendeva nei confronti di una s.r.l. maggiori II.DD., IVA, sanzioni e accessori per l’anno di imposta 2003. Il giudice di prime cure riteneva legittimo il recupero dei costi; mentre il giudice d’appello, al contrario, riteneva che non vi fosse prova dell’inesistenza delle operazioni contestate. Avverso la sentenza d’appello l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione.

Come ricordato dalla Corte “In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi”. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9851 del 20/04/2018 – Rv. 647837 – 01; conforme Sez. 5, Ordinanza n. 27555 del 30/10/2018 – Rv. 651004 – 01).

D’altro canto, quando invece le riprese sono per operazioni oggettivamente inesistenti “una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l’emittente è una “cartiera” o una società “fantasma”) dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia”. (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 17619 del 05/07/2018, Rv. 649610 – 01).

I Giudici, respinto il ricorso, hanno evidenziato come nella sua impugnazione l’Agenzia avesse mancato di identificare in modo comprensibile la natura delle operazioni contestate come insistenti, affermando contraddittoriamente prima che esse sarebbero state soggettivamente inesistenti, mentre in seguito, ricostruendo la fattispecie come relativa ad operazioni oggettivamente inesistenti.

 

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