“Indipendentemente dall’impugnazione del primo avviso di intimazione, il contribuente ben può far valere in sede di impugnazione del secondo avviso di intimazione la prescrizione eventualmente maturata – peraltro, nell’ordinario termine di prescrizione dei singoli tributi (cfr. Cass. S.U. n. 23397 del 17/11/2016) – dalla data di notificazione delle singole cartelle di pagamento a quella della notifica del primo avviso di intimazione”.
Questo il principio di diritto enunciato con ordinanza n. 16743 (Pres. Virgilio, Rel. Nonno) del 17 giugno 2024 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione.
Nei fatti un contribuente ricorreva per cassazione avverso la sentenza della CTR che, confermando la decisione di prime cure, ne aveva respinto l’appello avverso un avviso di intimazione (il secondo) relativo a sedici cartelle di pagamento emesse per il mancato pagamento di tributi vari. In particolare il ricorrente lamentava come la CTR avesse erroneamente ritenuto che la prima intimazione di pagamento non fosse stata impugnata.
L’avviso di intimazione, come anche ricordato dalla Corte, integra un sollecito di pagamento e, in quanto tale, è idoneo ad interrompere il decorso della prescrizione, tuttavia non è un atto previsto tra quelli di cui all’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, con conseguente facoltà e non obbligo di impugnazione (Cass. n. 2616 del 11/02/2015; Cass. n. 26129 del 02/11/2017; Cass. n. 1230 del 21/01/2020).
I Giudici, accolto il ricorso, hanno quindi chiarito che il contribuente “non aveva l’onere d’impugnare il primo avviso di intimazione per fare valere l’eventuale prescrizione dei crediti tributari maturati tra la data di notificazione delle cartelle di pagamento e quella di notificazione del primo avviso di intimazione, come ritenuto erroneamente dalla CTR; l’eccezione di prescrizione, pertanto, è stata correttamente proposta in sede di impugnazione del successivo avviso di intimazione e il giudice di appello avrebbe dovuto verificare se detta prescrizione si era effettivamente maturata”.