Torniamo indietro di qualche mese per una breve segnalazione di una sentenza di merito riportata oggi dal principale quotidiano economico nazionale. Si tratta della Sentenza 8 maggio 2024 n. 6195 della Corte di giustizia tributaria di primo grado Lazio Roma, Sez. XXXIII (Pres. Papa, Rel. Pezzella).
Si tratta di precisare i limiti dell’agevolazione prevista dall’articolo 19 delle L. n. 74 del 1987. La norma come è noto precisa che “Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli articoli 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”.
Nel caso esaminato dai Giudici di merito l’Agenzia delle Entrate aveva tassato, con avviso di liquidazione, un trasferimento immobiliare, poiché in tale cessione non era possibile individuare il requisito della funzionalità e indispensabilità dello stesso ai fini della risoluzione della crisi coniugale.
La Corte laziale ricorda però, sul punto, che la Corte di Cassazione è intervenuta con varie pronunce, ovvero la n. 3110/2016 e n. 4144/2021 con le quali ha chiarito che l’esenzione fiscale di cui alla L. n. 74 del 1987, art. 19, spetta a tutti gli accordi di separazione che rientrino nel concetto di “negoziazione globale”, in quanto volti a definire in modo stabile la crisi coniugale, quale che sia la forma che i negozi vengano ad assumere.
L’elemento fondamentale che sorregge questo indirizzo va dunque individuato nella centralità dell’accordo tra le parti nella definizione della crisi coniugale e nell’ottica di favore con il quale il legislatore vede tale modalità di definizione.
Pertanto, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale, non è ostativa l’esenzione ex art. 19 cit. né che l’accordo in questione non abbia contenuto separativo ‘necessario’, né che la proprietà iniziale del bene non sia comune ma esclusiva di uno dei due coniugi contraenti. Quindi il ricorso è meritevole di accoglimento.
Viene quindi accolto il ricorso del contribuente, con condanna alle spese dell’AdE.