L’ordinanza n. 26743 del 15 ottobre 2024 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Paolitto, Rel. Candia) accoglie il ricorso di parte contribuente nel quale si era dedotto, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 76, comma 2, lett. b), e 78 D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
Nel ricorso si ricordava che la prima delle citate disposizioni prevede un meccanismo acceleratorio delle decadenze, imponendo all’Amministrazione di esercitare l’azione accertatrice del tributo entro termini perentoriamente fissati, laddove, il menzionato art. 78 garantisce, con il termine decennale di prescrizione, la certezza delle situazioni giuridiche, per poi sostenere, sul piano dei principi, che la decadenza debba essere intesa a disciplinare la residuale ipotesi in cui, a seguito della sentenza passata in giudicato che abbia deciso sul ricorso del contribuente avverso l’avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta, l’Amministrazione sia tenuta a procedere a un ulteriore accertamento d’imposta entro il termine di decadenza ivi previsto.
I contribuenti facevano poi presente che con la menzionata pronuncia del Giudice Tributaio era stato accertato unicamente il valore degli immobili (terreni) compravenduti, rideterminandolo rispetto a quelli di cui all’avviso di accertamento e l’Ufficio non si era limitato a richiedere il pagamento di somme già liquidate dal giudice, avendo piuttosto provveduto a rideterminazione l’imposta di registro e gli accessori dovuti in base alla nuova base imponibile stabilita dalla predetta sentenza, per cui operava il termine decadenziale di tre anni, di cui al citato art. 76, comma, 2, lett. b), T.U. registro, decorrente dal passaggio della menzionata pronuncia (avvenuto in data 3 dicembre 2011) e maturato alla data di notifica dell’avviso impugnato (15 dicembre 2015) dai ricorrenti.
Il motivo viene ritenuto fondato ed il ricorso accolto.
La Corte premette che:
– l’art. 76, comma 2, lett. b), D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, prevede che (…) l’imposta deve essere richiesta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni decorrente (…) dalla data della notificazione della decisione delle commissioni tributarie ovvero dalla data in cui la stessa è divenuta definitiva nel caso in cui sia stato proposto ricorso avverso l’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta”;
– l’art. 78 del medesimo decreto stabilisce che il credito dell’amministrazione finanziaria per l’imposta definitivamente accertata si prescrive in dieci anni;
L’orientamento della Corte progressivamente affermatosi è adesso nel senso che il meccanismo acceleratorio delle decadenze stabilito dall’art. 76 D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 ed il più lungo termine di prescrizione decennale previsto dall’art. 78 T.U. registro devono essere interpretati in termini coordinati, per cui l’art. 76, comma 2, lett. b), T.U. registro, laddove fa decorrere il termine di decadenza dal formarsi del giudicato che abbia deciso il ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di rettifica e liquidazione della maggior imposta di registro, deve necessariamente essere inteso nel senso che la predetta decadenza disciplini soltanto la residuale ipotesi in cui, a seguito della sentenza in giudicato che abbia deciso sul ricorso del contribuente avverso l’avviso di rettifica e liquidazione, l’Amministrazione sia tenuta a procedere ad un ulteriore accertamento d’imposta entro il termine di decadenza ivi previsto (così Cass., Sez. T., 11 giugno 2014, nn. 13178 e 13179, che richiama Cass., Sez. Un., 21 novembre 2000, n. 1196; Cass., Sez. T., 23 marzo 2011, n. 6617; Cass., Sez. T., 24 settembre 2004, n. 19207; nello stesso senso Cass., Sez. T., 7 luglio 2014, n. 15619; Cass., Sez. T., 24 settembre 2014, n. 20153, Cass. Sez. T., 23 ottobre 2015, n. 21623);
La necessità di un ulteriore accertamento si pone in tutti i casi in cui il giudice abbia accolto solo parzialmente il ricorso avverso l’atto impositivo senza, tuttavia, provvedere esso stesso a determinare l’imposta dovuta, ma limitandosi a definire i criteri della corretta liquidazione, demandando quest’ultima operazione all’Ufficio. Il predetto termine decadenziale opera, dunque, come termine acceleratorio, non dell’attività di riscossione, ma dell’ulteriore attività amministrativa di determinazione dell’imposta che, in ipotesi, risulti ancora necessaria dopo la pronuncia giurisdizionale. Nei casi in cui, per contro, dopo la sentenza non sia necessaria alcuna ulteriore attività di determinazione dell’imposta – per avere la sentenza rigettato interamente il ricorso avverso l’atto impositivo o per avere, in caso di accoglimento parziale di detto ricorso, provveduto essa stessa a tale determinazione – il credito erariale potrà essere riscosso nell’ammontare risultante dalla sentenza (la quale, si ripete, costituisce il titolo dell’azione di riscossione pure nel caso in cui essa si sia limitata al rigetto dell’impugnazione dell’avviso di rettifica e liquidazione) senza alcun termine di decadenza, ma solo nel rispetto del termine prescrizionale decennale, decorrente dalla data di passaggio in giudicato della sentenza, risultante dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 78 (così Cass., Sez. VI/T, 24 settembre 2014, n. 20153 ma anche, più di recente, Cass., Sez. T., 31 luglio 2020, n. 16495).
Per tale via, non può essere condiviso il diverso orientamento secondo il quale l’attività di mera liquidazione dell’imposta, implicando solo un’operazione matematica, non darebbe luogo ad alcun ulteriore accertamento da parte dell’ente impositore, come tale facoltizzato all’emissione di un atto meramente liquidatorio di tipo riscossivo (v. Cass., Sez. T., 16 luglio 2020, n. 15184 che pur richiama Cass., Sez. VI/T, 24 settembre 2014, n. 20153, cit.); e ciò, non solo perché, in tali termini, la disposizione di cui all’art. 76, comma 2, lett. b), risulterebbe svuotata di ogni contenuto perché – una volta individuata la base imponibile pur rettificata dal giudicato – si tratterebbe sempre di operare un calcolo meramente matematico secondo l’aliquota proporzionale da applicare, ma anche in ragione del fatto che l’attività di determinazione dell’imposta nei suoi termini effettivi è riconducibile alla fase di accertamento del tributo, perché costituisce segmento operativo funzionale a concretizzare la pretesa erariale ed a renderla decifrabile nei suoi effettivi contenuti.
Viene quindi ribadito il seguente principio di diritto: “l’attività di determinazione dell’imposta nella sua concreta, complessiva, misura rientra nella fase amministrativa di accertamento (e non di riscossione), come tale sottoposta al termine decadenziale di cui all’art. 76, comma 2, lett. b), D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. La necessità di un ulteriore accertamento si pone in tutti i casi in cui il giudice abbia accolto solo parzialmente il ricorso avverso l’atto impositivo senza, tuttavia, provvedere esso stesso a determinare l’imposta dovuta, ma limitandosi a definire i criteri della corretta liquidazione, demandando quest’ultima operazione all’Ufficio. Nei casi in cui, per contro, dopo la sentenza non sia necessaria alcuna ulteriore attività di determinazione dell’imposta -per avere la sentenza rigettato interamente il ricorso avverso l’atto impositivo o per avere, in caso di accoglimento parziale di detto ricorso, provveduto essa stessa a tale determinazione – il credito erariale potrà essere riscosso nell’ammontare risultante dalla sentenza senza alcun termine di decadenza, ma solo nel rispetto del termine prescrizionale decennale, decorrente dalla data di passaggio in giudicato della sentenza, risultante dall’art. 78 D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131”.