L’ordinanza n. 27499 del 23 ottobre 2024 della Quinta Sezione della Corte di Cassazione (Pres. Cataldi, Rel. Di Marzio) tratta della rivalutazione delle partecipazioni prevista dall’articolo 5 della Legge di bilancio 2002 (n. 448/2001) relativamente al caso di una contribuente che aveva esposto il maggior valore in dichiarazione dei redditi senza tuttavia versare il tributo e far predisporre l’apposita perizia. In relazione a ciò si era vista chiedere le maggiori imposte sui redditi ad aliquota ordinaria relativamente alla plusvalenza esposta in dichiarazione, con la semplice notifica di una cartella di pagamento.
I Giudici ricordano come la Corte abbia già avuto occasione di statuire che “agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all’art. 81 (ora 67), comma 1, lett. c) e c-bis), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, per il perfezionamento della procedura di rideterminazione del valore di acquisto di partecipazioni prevista dall’art. 5 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, non assume alcuna rilevanza la compilazione del quadro “RT” della dichiarazione dei redditi, ma ha rilievo decisivo la redazione della perizia giurata di stima, nonché l’assoggettamento all’imposta sostitutiva del valore così definito -attraverso il versamento, entro il 16 dicembre 2002, dell’intero importo o, nel caso di rateizzazione, anche della sola prima rata -sicché, a seguito di tale manifestazione unilaterale di volontà del contribuente, portata a conoscenza dell’Amministrazione finanziaria, si produce l’effetto della rideterminazione del valore della partecipazione, non più unilateralmente revocabile”, Cass. sez. V, 20.2.2015, n. 3410 (conf. Cass. sez. V, 24.8.2018, n. 21049); e si è di recente ribadito come “solo il tempestivo ed integrale versamento (almeno) della prima rata dell’importo dovuto in base alla perizia giurata comporti il perfezionamento delle procedura… ove nemmeno la prima rata sia regolare, la procedura di rivalutazione non può ritenersi perfezionata”, Cass. sez. V, 3.7.2023, n. 18706.
La sentenza impugnata dalla contribuente viene pertanto cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte di legittimità decide nel merito ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., accogliendo l’originario ricorso della contribuente ed annullando la cartella di pagamento contestata.