L’ordinanza n. 26618 del 14 ottobre 2024 della Quinta Sezione della Corte di Cassazione (Pres. Cirillo, Rel. Napolitano) si occupa del caso di una contribuente la quale, firmato il verbale di accertamento con adesione, aveva poi deciso di non versare le somme pattuite nell’accordo e di impugnare l’atto impositivo.
Nel ricorso per cassazione la contribuente valorizza il disposto dell’art. 9 del D.Lgs. n. 218 del 1997, rubricato “perfezionamento della definizione”, a norma del quale “la definizione si perfeziona con il versamento di cui all’art. 8, comma 1, ovvero con il versamento della prima rata, prevista dall’art. 8, comma 2”. Il versamento del dovuto, secondo questa impostazione, sarebbe un elemento costitutivo della pretesa.
L’ultimo periodo del comma 4 dell’art. 6 del D.Lgs. n. 218 del 1997, nel disporre che “all’atto del perfezionamento della definizione, l’avviso di cui al comma 2 perde efficacia”, deporrebbe nel senso che anche per il contribuente l’avviso perde efficacia nel caso in cui vi sia il versamento di quanto dovuto in base all’accertamento con adesione, con la conseguenza che, se il versamento non avvenga, il contribuente potrebbe ancora impugnare l’atto impositivo.
Ancora, argomenta la contribuente che ulteriore conferma della sua lettura verrebbe dal disposto del comma 3 dell’art. 8 del D.Lgs. n. 218 del 1997 “entro dieci giorni dal versamento dell’intero importo o di quello della prima rata, il contribuente fa pervenire all’Ufficio la quietanza dell’avvenuto pagamento. L’Ufficio rilascia al contribuente copia dell’atto di accertamento con adesione”. Ed aggiunge la ricorrente che, se l’atto impositivo perdesse efficacia già con la sottoscrizione dell’avviso di accertamento con adesione, non avrebbe senso consentirle di ricevere la copia dell’atto di accertamento con adesione solo a versamento eseguito. Dovrebbe poterlo ricevere immediatamente.
Secondo la Corte “il motivo, seppur pregevolmente argomentato, è infondato”.
I Giudici di legittimità ammettono anzi che vi è un orientamento sulla questione “non perfettamente consonante” (cfr. Cass., n. 4636/2024, n. 14533/2015, n. 10086/2009, n. 20732/2010, n. 20577/2019; di contro, cfr. Cass. n. 13143/2018, n. 13750/2013, n. 26681/2019, n. 8628/2012, n. 14953/2019), relativamente alla efficacia e della natura dell’atto di accertamento con adesione sottoscritto sia dall’Ufficio che dal contribuente.
Seguiamo il ragionamento dei Giudici.
Secondo una prima considerazione “Dal combinato disposto delle norme che disciplinano l’atto di accertamento con adesione e il procedimento in esso destinato a sfociare, infatti, si evince che al contribuente, dopo la sottoscrizione dell’atto di accertamento con adesione, non è attribuito alcuno ius poenitendi scegliere di non versare il dovuto e impugnare l’atto impositivo originario, infatti, equivarrebbe ad esercitare un diritto di recesso dall’atto di accertamento con adesione o, comunque, a porre in essere un atto di revoca dell’adesione già manifestata e formalizzata, non previsto dal sistema”.
Secondo una argomentazione ulteriore, poi, “La sospensione del termine per impugnare di novanta giorni (art. 6, comma 3, del D.Lgs. n. 218 del 1997, vigente ratione temporis) prevista nel caso in cui il contribuente presenti istanza di accertamento con adesione, unitamente alla previsione che “l’impugnazione dell’atto comporta rinuncia all’istanza” (ultimo periodo del citato comma 3 dell’art. 6 del citato D.Lgs., vigente ratione temporis), induce chiaramente a ritenere che la sottoscrizione dell’atto di accertamento con adesione e l’impugnazione dell’avviso di accertamento sono alternativi e, dunque, incompatibili la sospensione, infatti, è funzionale proprio a consentire al contribuente di intavolare una trattativa con l’Ufficio che possa sfociare nell’atto di accertamento con adesione senza rischiare che, nelle more, l’atto impositivo si consolidi per mancata impugnazione nell’originario e generale termine decadenziale. Ne consegue che l’impugnazione dell’atto impositivo dopo la presentazione dell’istanza di accertamento con adesione spazza via il procedimento in itinere volto alla sottoscrizione dell’atto di accertamento con adesione (importa, cioè, rinuncia all’istanza); ma non potrebbe comportare rinuncia all’istanza quando il procedimento che da essa abbia avuto origine si sia concluso con la sottoscrizione dell’atto di accertamento con adesione, sia perché dopo il raggiungimento dell’accordo con il fisco si perfeziona il negozio di diritto pubblico e l’istanza originaria perde il suo rilievo giuridico, sia perché affermare una rinuncia all’istanza dopo la sottoscrizione dell’atto di accertamento con adesione equivarrebbe, in sostanza ed irragionevolmente, a svilire il rilievo giuridico dell’accordo tra il contribuente e il fisco, facendo di fatto retrocedere il procedimento allo stadio anteriore alla conclusione dell’accordo e consentendo al contribuente di revocare un atto bilaterale senza che l’ordinamento preveda espressamente un tale potere.
La Corte conclude, su queste basi argomentative rilevando che “Il versamento degli importi dovuti in base all’atto di accertamento con adesione, dunque, al di là delle espressioni letterali usate, rappresenta una condizione legale unilaterale di adempimento, posta nell’interesse della (sola) amministrazione il rapporto d’imposta tra l’amministrazione e il contribuente è regolato definitivamente dall’atto di accertamento con adesione, ma qualora il contribuente che l’abbia sottoscritto non versi nei termini l’importo dovuto, esso sarà regolato solo dall’atto impositivo originario”.
Francamente le tesi della ricorrente appaiono, ad una prima lettura, non solo “pregevolmente argomentate”, ma assai più convincenti della motivazione enunciata dalla Corte. Si tratta di riferimenti normativi precisi, rilevati i quali (siamo in ambito tributario e dunque vale l’articolo 23 Cost. oltre che il principio per cui “I giudici sono soggetti soltanto alla legge” – art. 101 Cost.) ogni elaborazione interpretativa che vada in contrasto con essi parrebbe da accantonare.
Chi assista il contribuente in fase di adesione, volendo perfezionare l’accordo, si raccomanda in merito al pagamento almeno della prima rata nei termini, sapendo che in caso contrario l’adesione non si perfeziona. Che questo adempimento rappresenti una “condizione unilaterale di adempimento” a favore della parte pubblica non risulterebbe scritto in nessuna disposizione di Legge.
Sbagliata risulta poi, a nostro sommesso avviso, la pesante condanna alle spese della ricorrente, assodato che, per espressa ammissione della Corte, il ricorso, pregevolmente argomentato, si inserisce in un contesto caratterizzato da orientamenti oscillanti della giurisprudenza di legittimità: ci sarebbero state almeno, forse, le condizioni per una compensazione. E probabilmente per un rinvip al Primo Presidente in vista di una pronuncia almeno delle Sezioni Unite.