La Cassazione precisa i termini del calcolo degli interessi e della rivalutazione monetaria sui rimborsi di imposte.

by AdminStudio

L’ordinanza 28 dicembre 2023 n. 36180 dalla Sezione Tributaria della Corte di (Pres. Cataldi, Rel. Crivelli) tratta in maniera approfondita e ben argomentata degli accessori a cui ha diritto il contribuente in caso di rimborso di imposte.

Nel caso specifico la società ricorrente aveva lamentato la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 44 e 44-bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Ciò in quanto erroneamente la CTR avrebbe fatto decorrere gli interessi dalla data di deposito delle controdeduzioni nel giudizio da parte dell’Agenzia, sul presupposto che in proposito rilevasse la prova della ricezione della richiesta delle somme, laddove invece il credito derivante da eccesso di versamento dev’essere per legge aumentato di interessi dal secondo semestre successivo a quello della presentazione della dichiarazione.

Inoltre la ricorrente denunciava la violazione e falsa applicazione dell’art. 1224 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. A giudizio della difesa della società ricorrente, la rivalutazione monetaria spettava senz’altro, nella misura pari alla differenza fra il saggio legale degli interessi e il rendimento medio annuo dei titoli di stato cessionaria del credito, come stabilito da Cass. 19499/2008, senza necessità di ulteriori elementi probatori ed in materia di obbligazioni pecuniarie.

Tali due motivi vengono accolti dalla Cassazione.

Riguardo al computo degli interessi è costante la giurisprudenza nell’affermare che gli interessi dovuti per il ritardo nel rimborso delle imposte dirette, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44, a differenza degli ordinari interessi che, in quanto frutti civili, si acquistano di giorno in giorno, maturano, per ogni semestre intero, escluso il primo, con decorrenza dalla data del versamento e fino a quella dell’ordinativo di pagamento. L’art. 44 cit. richiama esplicitamente del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, comma 5, con la conseguenza che è applicabile, ai versamenti diretti, la disciplina dei rimborsi semestrali; da ciò discende che gli interessi per ritardato rimborso di imposte pagate decorrono, non dalla data della domanda, ma dal secondo semestre successivo alla data del versamento (Cass. n. 15246 del 2012; n. 22217 del 2008).

Invero ciò discende dal chiaro disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44, e dalla natura compensativa (e non moratoria) degli interessi stessi.

Fattispecie del tutto simile è stata conformemente decisa da questa Corte, quando si è trattato di individuare, (al fine di verificarne l’imponibilità, in base alle norme pro tempore vigenti) l’effettiva funzione degli accessori maturati sui crediti che i contribuenti hanno nei confronti dell’Amministrazione finanziaria. In tale occasione si è affermato che “Gli interessi maturati sui crediti di imposta che i contribuenti hanno nei confronti dell’Amministrazione finanziaria non sono dovuti a titolo moratorio (non essendovi mora dell’Amministrazione) nè derivano dall’impiego di capitale, ma servono a compensare i contribuenti dell’esborso pecuniario che essi hanno in precedenza effettuato versando al Fisco una somma di denaro che deve essere loro restituita. L’interesse su tale somma serve a reintegrare la diminuzione patrimoniale subita dal contribuente, che viene così compensato del mancato godimento del denaro in precedenza versato (…). Chiara è perciò la “natura compensativa” degli interessi maturati sui crediti di imposta, idonea ad escluderli dai redditi di capitale elencati nel citato art. 41” (Cass. 05/07/1990, n. 7091, in motivazione; conformi, sulla natura compensativa degli interessi in questione, in materia di imposte dirette, Cass. 06/04/1995, n. 4037; Cass. 28/11/1995, n. 12318; Cass. 15/04/1996, n. 3525; Cass. 10/06/1996, n. 5352; Cass. 15/02/1999, n. 1255; Cass. 17/07/1999, n. 7575; Cass. 08/09/1999, n. 9510; Cass. 17/05/2000, n. 6397; Cass. 20/09/2004, n. 18864; Cass. 04/09/2012, n. 31820; Cass. n. 9852 del 2016; Cass. 13/12/2017, n. 29879; Cass. 17/04/2019, n. 10705; Cass. 04/11/ 2021, n. 31820, in motivazione).

Il consolidato e continuo orientamento in questione (a prescindere da ogni interferenza delle norme applicabili ratione temporis in tema di imposizione dell’attribuzione patrimoniale rappresentata dagli interessi in questione) evidenzia dunque la funzione in senso lato “compensativa” (del mancato godimento, da parte del contribuente, del denaro in precedenza versato), che prescinde da un ritardo che sia colpevolmente imputabile all’Amministrazione (che, nel frattempo, ha ricevuto e posseduto la stessa somma) e legittimi la “mora” di quest’ultima, ai fini della decorrenza degli interessi di legge” (Cass. 27/04/2023, n. 11189).

Resta dunque del tutto irrilevante il momento in cui viene fatta la richiesta o presentata la relativa domanda giudiziale ai fini della decorrenza degli interessi in parola.

Quanto alla rivalutazione monetaria è stato stabilito che “Nel caso di ritardato adempimento di una obbligazione di valuta, il maggior danno di cui all’art. 1224 c.c., comma 2, può ritenersi esistente in via presuntiva in tutti i casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali. Ricorrendo tale ipotesi, il risarcimento del maggior danno spetta a qualunque creditore, quale che ne sia la qualità soggettiva o l’attività svolta (e quindi tanto nel caso di imprenditore, quanto nel caso di pensionato, impiegato, ecc.), fermo restando che se il creditore domanda, a titolo di risarcimento del maggior danno, una somma superiore a quella risultante dal suddetto saggio di rendimento dei titoli di Stato, avrà l’onere di provare l’esistenza e l’ammontare di tale pregiudizio, anche per via presuntiva; in particolare, ove il creditore abbia la qualità di imprenditore, avrà l’onere di dimostrare o di avere fatto ricorso al credito bancario sostenendone i relativi interessi passivi; ovvero – attraverso la produzione dei bilanci – quale fosse la produttività della propria impresa, per le somme in essa investite; il debitore, dal canto suo, avrà invece l’onere di dimostrare, anche attraverso presunzioni semplici, che il creditore, in caso di tempestivo adempimento, non avrebbe potuto impiegare il denaro dovutogli in forme di investimento che gli avrebbero garantito un rendimento superiore al saggio legale” (Cass. 16/07/2008, n. 19499).

In tal caso, a differenza della questione relativa agli interessi, presupposto della domanda è costituito dalla mora dell’amministrazione, l’appena richiamata decisione può trovare piana applicazione anche in caso di crediti da rimborso tributario, peraltro sostituendo il tasso di cui all’art. 1284 c.c., con quello invece stabilito dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44, come già affermato nella sentenza Cass. 04/07/2023, n. 18922 (che, per quanto di interesse, può essere richiamata in ordine alla giurisdizione del giudice tributario in ordine alla domanda del maggior danno), a mente della quale infatti “La particolarità dell’obbligazione tributaria implica che il maggior danno di cui all’art. 1224 c.c., comma 2 (rispetto a quello già coperto dagli interessi legali moratori non convenzionali che siano comunque dovuti) è in via generale riconoscibile in via presuntiva, anche per il creditore che ne domandi il risarcimento, nella eventuale differenza, a decorrere dalla data di insorgenza della mora, tra il tasso del rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi ed il saggio degli interessi legali determinato per ogni anno ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44”.

In proposito viene dunque espresso il seguente principio di diritto:

“Una volta riconosciuto il diritto al maggior danno da rivalutazione monetaria del credito del contribuente nei riguardi dell’amministrazione finanziaria, nei limiti del valore presuntivo dato dalla differenza tra rendimento medio annuo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi ed il saggio degli interessi legali determinato per ogni anno ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44, la relativa decorrenza deve essere riguardata – ove l’istanza sia individuata nel deposito della dichiarazione – con riferimento al termine previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, comma 1, a partire dal quale per legge l’amministrazione si trova in mora, in applicazione della regola dettata dall’art. 1219 c.c., comma 2, n. 3)”.

 

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