La Cassazione conferma la deducibilità integrale delle sponsorizzazioni rese in favore di ASD nel rispetto dei requisiti normativi: irrilevanti le valutazioni circa l’inerenza e la congruità dei costi.

by AdminStudio

“Il regime di cui all’art. 90, comma 8, della l. n. 289 del 2002, nel testo vigente ratione temporis, fissa una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese sportive dilettantistiche laddove i corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante e sia riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima, consentendo, di conseguenza, di ritenere integralmente deducibili tali spese dal reddito del soggetto sponsor, trattandosi di presunzione assoluta oltre che della natura di spesa pubblicitaria, altresì di inerenza della spesa stessa, purché ne ricorrano i presupposti normativi”.

Questo il principio di diritto ribadito con ordinanza n. 6079 del 6 marzo 2024 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Manzon, Rel. D’Aquino), conforme del resto ad altre recenti pronunce già segnalate dalla nostra rivista.

Nel caso specifico una s.a.s. impugnava un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2007, con il quale veniva accertata maggiori IVA e IRAP, oltre sanzioni e accessori, per effetto della ritenuta indeducibilità di costi per prestazioni pubblicitarie, conseguenti alla stipula di tre contratti di sponsorizzazione, costi ritenuti privi di inerenza rispetto all’attività esercitata. La CTP rigettava il ricorso. La CTR accoglieva l’appello della società contribuente ritenendo in particolare che l’Ufficio non avesse contestato l’effettivo sostenimento dei costi pubblicitari ma la sola inerenza all’attività di impresa e che quindi i costi in oggetto (essendo di importo inferiore ad € 200.000,00 ed essendo stati sostenuti a favore di Associazioni Sportive Dilettantistiche) dovessero ritenersi oggetto di presunzione assoluta di inerenza a termini dell’art. 90, comma 8, l. 27 dicembre 2002, n. 289, senza doversi condurre accertamenti in relazione alla loro antieconomicità. L’Ufficio proponeva dunque ricorso per cassazione.

Come osservato dalla Corte “la scelta del legislatore di creare per queste spese una presunzione assoluta di deducibilità del costo, non sindacabile dall’Ufficio sulla base di una asserita assenza di una diretta aspettativa di ritorno commerciale appare coerente con l’evoluzione giurisprudenziale della nozione di inerenza, meramente qualitativa e, quindi, agganciata all’attività di impresa nel suo complesso e non anche al necessario ritorno di ricavi corrispondenti all’investimento” (Cass., n. 4612/2023, cit.; Cass., Sez. V, 12 settembre 2023, n. 26238; Cass., Sez. V, 13 gennaio 2023, n. 955; Cass., Sez. VI, 13 gennaio 2023, nn. 934-935).

I Giudici hanno pertanto ribadito che “nel rispettò dei requisiti normativi della fattispecie, ossia: a) che il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; b) che sia rispettato il limite quantitativo di spesa; c) che la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; d) che il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale, per il soggetto erogante il corrispettivo le valutazioni circa l’inerenza e la congruità di quei costi restano del tutto irrilevanti” (Cass., Sez. VI, 1° febbraio 2022, n. 2985; Cass., Sez. VI, 25 ottobre 2021, n. 29929; Cass., Sez. VI, 12 marzo 2021, n. 7117; Cass., Sez. VI, 8 marzo 2021, n. 6384).

La Corte ha quindi accolto il ricorso sottolineando come la contestazione riguardava l’incoerenza dei costi sostenuti rispetto ai ricavi e, pertanto, la loro incongruità rispetto al fatturato e al reddito, incongruità che non può essere oggetto di contestazione.

 

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