In presenza di occultamento di attività sociali la responsabilità dell’amministratore di società si estende fino a due anni dalla cancellazione dal registro delle imprese.

by admintrib

La Sentenza 4 aprile 2023 n. 9236 della quinta della Corte di Cassazione (Pres. Manzon, Rel. Gori) si inserisce nel filone relativo alla valutazione degli effetti della cancellazione dal registro delle imprese di società e alle eventuali responsabilità di amministratori, liquidatori e soci dopo la cancellazione stessa.

Il Collegio, nel caso specifico, ricorda che l’art. 2495, comma 2, c.c., rubricato cancellazione della società, e invocato dalla società dispone: “Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società”.

Sulla scorta di tale previsione il contribuente prospetta la nullità dell’atto impositivo e del prodromico p.v.c. in quanto notificati alla società, soggetto al tempo inesistente, dal momento che la Srl era stata all’epoca cancellata dal registro delle imprese. Tuttavia osserva che la specifica questione non riguarda la responsabilità del liquidatore della società poi cancellata, nè la responsabilità del socio quale successore del soggetto estinto nelle obbligazioni tributare di cui la società era titolare.

Al contrario, fin dall’atto impositivo l’Amministrazione finanziaria ha fondato la propria pretesa nei confronti del socio ex amministratore sul disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, comma 4, rubricato “Responsabilità ed obblighi degli amministratori, dei liquidatori e dei soci” il quale, nel testo applicabile ratione temporis in vigore dal 01/01/1974 al 13/12/2014, dispone: “Le responsabilità previste dai commi precedenti sono estese agli amministratori che hanno compiuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione ovvero hanno occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili.”.

Il contribuente ha quindi ricevuto la notifica dell’atto impositivo nella qualità di amministratore nel biennio antecedente alla messa in liquidazione della società. L’ipotesi contestata era nello specifico l'”occultamento”, è quella contestata dall’Agenzia al contribuente e non è soggetta alle condizioni poste per le ipotesi di cui ai commi 1 e 3 del medesimo art. 36 cit., perchè la legge fa riferimento ad una formula ampia, idonea a ricomprendere tutte le attività che abbiano determinato, in qualsiasi modo, un occultamento di attivo sociale.

La stessa norma precisa come l'”occultamento” dell’attivo si possa determinare “anche”, ma non esclusivamente, mediante omissioni in contabilità: qualunque attività di occultamento rileva e integra la fattispecie. Pertanto, secondo il Collegio nello scopo della norma suddetta, non può che rientrare anche l’occultamento di attività sociali realizzato dall’amministratore attraverso la mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali per il periodo di imposta rilevante, oppure attraverso la redazione e presentazione di dichiarazioni infedeli, elementi tutti idonei a determinare un “occultamento” dell’attivo della società.

I Giudici affermano quindi il seguente principio di diritto:

“In tema di società di capitali estinte per cancellazione dal registro delle imprese, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, comma 4, nel testo ratione temporis vigente, estende la legittimazione passiva all’obbligazione tributaria e la responsabilità, non soggetta alle condizioni poste per le ipotesi di cui ai commi 1 e 3 del medesimo art. 36, anche agli amministratori che abbiano compiuto, nel corso degli ultimi due periodi di imposta antecedenti alla messa in liquidazione, operazioni di liquidazione ovvero abbiano “occultato” attività sociali, “anche” ma non esclusivamente attraverso omissioni in contabilità, ad esempio mancando di presentare le dichiarazioni fiscali o attraverso la redazione e presentazione di dichiarazioni infedeli.”.

Nel caso di specie, è pacifica la presentazione di dichiarazioni infedeli per l’anno di imposta 2010 da parte della Srl avendo la stessa posto in essere plurime ed ingenti operazioni soggettivamente inesistenti per il periodo di imposta.

Dalla motivazione non si capisce bene la questione di merito. Sembra tuttavia di poter dire che l’occultamento di attività, pur realizzabile attraverso molteplici modalità, sia da ricondurre nella presenza di attivo non messo a bilancio. Magari un corrispettivo incassato in maniera non ufficiale. Magari sottostimando delle attività, poi vendute anch’esse in maniera non trasparente anche in fase di liquidazione. Ricevere delle fatture soggettivamente inesistenti sembra non sia un modo per occultare delle attività. Se non perché magari si è detratta IVA che può essere recuperata una volta intercettata la “cartiera” e non si è fatta sufficiente attenzione negli acquisti.

Ma sembra francamente che la regola dica altro. Presupponga un comportamento doloso ed una effettiva ed immediata dissimulazione di attività societarie, in altri termini. Torneremo magari sull’argomento nelle pagine della nostra rivista, in maniera più approfondita.

 

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