La notifica a mezzo PEC non può essere considerata equipollente alla consegna a mani proprie

by admintrib

 

“Nel processo tributario, qualora la parte non abbia indicato negli atti il proprio indirizzo p.e.c. valevole per le comunicazioni e notificazioni come domicilio eletto ex D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16 bis, ultimo comma, ed abbia eletto domicilio presso il proprio difensore, la comunicazione della data di udienza ai sensi dell’art. 31 del D.Lgs. cit. avvenuta direttamente al suo indirizzo p.e.c. non integra la consegna a mani proprie che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17 fa sempre salva”.

Il principio di diritto che precede viene esplicitato nella Ordinanza 3 aprile 2023 n. 9165 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Stalla, Rel. Picardi) nel decidere una vicenda nella quale il Comune ricorrente aveva eccepito, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza e del procedimento di appello per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 61 e 31, in relazione ai precedenti artt. 16 e 17, in quanto l’avviso di fissazione dell’udienza di trattazione dell’appello non è stato comunicato al domicilio eletto del Comune presso il difensore, ma direttamente, via p.e.c., alla parte, sicchè il difensore non ha partecipato all’udienza di discussione e non ha potuto svolgere attività difensiva.

Per la Corte nel processo tributario, la comunicazione della data di udienza, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 31, applicabile anche ai giudizi di appello in relazione al richiamo operato dall’art. 61 del medesimo decreto, adempie ad un’essenziale funzione di garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, sicchè l’omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione, determina la nullità della decisione comunque pronunciata (tra le altre: Cass., Sez. 6 – 5, 11/07/2018, n. 18279 dell’11/07/2018, Cass., Sez. 5, 31/10/2018, n. 27837) Cass., Sez. civ. 5, 18/12/2006, n. 27094 ha affermato che nel processo tributario, la comunicazione dell’avviso di trattazione direttamente alla parte, anzichè al procuratore costituito, non dà luogo alla nullità assoluta dell’udienza e degli atti successivi – non versandosi nell’ipotesi di “omessa” comunicazione dell’avviso – come, del resto, nel rito ordinario, la notificazione dell’appello personalmente all’appellato anzichè presso il procuratore costituito, integrando una nullità relativa, è sanata, con effetto “ex tunc”, dalla costituzione dell’appellato in giudizio.

Ne consegue che, in ordine ad un siffatto vizio, analoga efficacia sanante riveste la presenza, all’udienza di trattazione, del difensore dell’appellato, ancorchè meramente strumentale alla formulazione dell’eccezione di nullità, essendo applicabile in tale ipotesi la stessa norma dell’art. 156, comma 3, c.p.c. – sanatoria dell’atto nullo per avvenuto raggiungimento dello scopo – ritenuta operante in caso di notifica alla parte personalmente, anzichè al difensore, dell’atto introduttivo del giudizio.

Va, però, ricordato che, secondo le successive Cass., Sez. U. civ., 22/06/2011, n. 13654, in tema di contraddittorio nel processo tributario, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, comma 1, la comunicazione dell’avviso di trattazione della causa, ex artt. 31 e 61 del D.Lgs. cit., deve essere effettuata, nel caso di esistenza di un domicilio eletto, presso quest’ultimo o, comunque, mediante consegna in mani proprie. Invero, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17 fa salva la validità della notificazione o comunicazione che abbia raggiunto direttamente la parte. Questo principio è già stato affermato ripetutamente da questa Corte con riferimento al processo tributario (v., ad esempio, Cass., Sez. civ. 5, 20/01/2017, n. 1528, che ha affermato che, nel processo tributario, con riguardo al luogo delle notificazioni, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17 fa in ogni caso salva la “consegna in mani proprie”, per cui deve considerarsi valida, anche in presenza di un’elezione di domicilio, la notifica eseguita in tal modo, da identificarsi non solo con quella ex art. 138 c.p.c., ma anche con tutte le altre notificazioni ex art. 140 c.p.c. o a mezzo del servizio postale, a seguito delle quali l’atto venga comunque consegnato a mani del destinatario; così da ultimo Cass., Sez. civ. 5, 23/11/2022, n. 34450).

Fatte queste premesse, occorre adattare i principi già affermati al caso di specie, in cui la comunicazione dell’avviso di udienza in appello è avvenuta, secondo le allegazioni dello stesso ricorrente, direttamente all’indirizzo PEC della parte, e non a quello del difensore presso il quale la stessa aveva eletto domicilio.

Sulla soluzione del problema non influisce il fatto che la parte processuale – in quanto PA – fosse tenuta a dotarsi di indirizzo Pec istituzionale risultante da pubblici elenchi, secondo i Giudici di Legittimità.

Nè può ritenersi che la comunicazione all’indirizzo di posta elettronica certificata della parte corrisponda alla consegna a mani proprie che l’art. 17 fa sempre e, comunque, salva.

In primo luogo, va ricordato l’orientamento, secondo cui in presenza di elezione di domicilio, le notificazioni devono essere effettuate presso il domicilio eletto.

In aggiunta a tale preliminare rilievo, deve inoltre escludersi che, in caso di comunicazione tramite p.e.c. della parte, possa applicarsi l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la consegna a mani proprie di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17 non è solo quella ex art. 138 c.p.c., ma anche quella in cui l’atto venga consegnato a mani del destinatario (v. Cass., Sez. civ. 5, 20/01/2017, n. 1528, che ha affermato che, nel processo tributario, con riguardo al luogo delle notificazioni, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17 fa in ogni caso salva la “consegna in mani proprie”, per cui deve considerarsi valida, anche in presenza di un’elezione di domicilio, la notifica eseguita in tal modo, da identificarsi non solo con quella ex art. 138 c.p.c., ma anche con tutte le altre notificazioni ex art. 140 c.p.c. o a mezzo del servizio postale, a seguito delle quali l’atto venga comunque consegnato a mani del destinatario; così da ultimo Cass., Sez. civ. 5, 23/11/2022, n. 34450).

In proposito occorre sottolineare che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17 fa riferimento alla consegna in mani proprie con una terminologia inequivocabile che prescinde dalla forma della notificazione o comunicazione, ma esige un coinvolgimento del destinatario nella ricezione dell’atto e la conseguente consapevolezza, da parte sua, di tale ricezione. La comunicazione a mezzo p.e.c. prescinde, invece, da un effettivo coinvolgimento del destinatario nella ricezione dell’atto, essendo sufficiente la ricevuta di avvenuta consegna, completa di attestazione di conformità, a certificare l’avvenuto recapito del messaggio e degli allegati, in applicazione della regola di cui all’art. 149 bis c.p.c., in base alla quale la notifica a mezzo p.e.c. si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella p.e.c. del destinatario.

In proposito va anche ricordata la recente Cass., Sez. civ. 3, 23/06/2021, n. 17968, secondo cui, nell’ipotesi di notifica del decreto ingiuntivo a mezzo PEC, a norma della l. n. 53 del 1994, art. 3 bis, la circostanza che la e-mail PEC di notifica sia finita nella cartella della posta indesiderata (” Spam”) della casella PEC del destinatario e sia stata eliminata dall’addetto alla ricezione, senza apertura e lettura della busta, per il timore di danni al sistema informatico aziendale, non può essere invocata dall’intimato come ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore ai fini della dimostrazione della mancata tempestiva conoscenza del decreto che legittima la proposizione dell’opposizione tardiva ai sensi dell’art. 650 c.p.c.: ciò in quanto il D.M. n. 44 del 2011, art. 20 (regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi di cui al D.Lgs. n. 82 del 2005), nel disciplinare i requisiti della casella PEC del soggetto abilitato esterno, impone una serie di obblighi – tra cui quello di dotare il terminale informatico di “software” idoneo a verificare l’assenza di virus informatici nei messaggi in arrivo e in partenza, nonchè di “software anti Spa m” idoneo a prevenire la trasmissione di messaggi indesiderati – finalizzati a garantire il corretto funzionamento della casella di posta elettronica certificata, il cui esatto adempimento consente di isolare i messaggi sospetti ovvero di eseguire la scansione manuale dei relativi “files”, sicchè deve escludersi l’impossibilità di adottare un comportamento alternativo a quello della mera ed immediata eliminazione del messaggio PEC nel cestino, una volta che esso sia stato classificato dal computer come ” Spam”.

Alla luce di tali precisazioni, la notificazione/comunicazione all’indirizzo p.e.c. della parte non può essere equiparata alla consegna a mani proprie del destinatario (laddove ciò sia previsto, dalla disciplina vigente, al fine di superare irregolarità o vizi procedurali) proprio in considerazione della maggiore garanzia di coinvolgimento personale e di conoscenza effettiva della ricezione dell’atto che il legislatore vuole assicurare con la consegna ‘a mani proprie’.

Viene dunque declinato il principio di diritto sopra menzionato per il quale: “Nel processo tributario, qualora la parte non abbia indicato negli atti il proprio indirizzo p.e.c. valevole per le comunicazioni e notificazioni come domicilio eletto ex D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16 bis, ultimo comma, ed abbia eletto domicilio presso il proprio difensore, la comunicazione della data di udienza ai sensi dell’art. 31 del D.Lgs. cit. avvenuta direttamente al suo indirizzo p.e.c. non integra la consegna a mani proprie che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17 fa sempre salva”.

Alla luce di tale principio – ed essendo pacifico in causa che il difensore pretermesso non partecipò all’udienza in appello – il motivo di ricorso viene accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio affinchè provveda alla rinnovazione del giudizio nullo, provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.

 

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