Imposta di successione: necessario avviso di rettifica se l’amministrazione contesta la mancata sottoscrizione della dichiarazione d’impegno a mantenere la partecipazione di controllo del de cuius

by admintrib

Con sentenza n. 5669 del 23 febbraio 2023 la Quinta Sezione della Corte di Cassazione (Pres. Paolitto, Rel. Mondini) ha affermato il principio di diritto secondo cui è necessario che l’amministrazione finanziaria emetta un motivato avviso di rettifica (e non invece un avviso di liquidazione) qualora, in tema di imposta di successione, contesti la mancata sottoscrizione della dichiarazione di impegno a mantenere, per cinque anni dal trasferimento, la partecipazione di controllo della società del de cuius.

Nei fatti due contribuenti impugnavano, per difetto di motivazione e per difetto di presupposti, l’avviso di liquidazione di maggior imposta di successione, emesso dall’Agenzia delle Entrate in revoca parziale dell’esenzione di cui all’art.3, comma 4 ter, d.lgs. 346/1990 per avere (come precisato dall’Agenzia nel successivo giudizio) soltanto esse impugnanti e non anche l’altra coerede sottoscritto la dichiarazione d’impegno, prevista dalla norma, a mantenere, per cinque anni dal trasferimento, la partecipazione di controllo della società per azioni del de cuius. La CTP accoglieva il ricorso. La CTR della Lombardia ribaltava la decisione di primo grado, ritenendo corretta l’impostazione dell’Agenzia ed irrilevante il fatto che, in epoca successiva alla presentazione della dichiarazione d’impegno, la coerede non firmataria avesse rinunciato al pacchetto azionario ereditato. Ricorrevano per cassazione le contribuenti lamentando la violazione degli artt.33 e 34 del d.lgs. 346 del 1990 in quanto l’amministrazione avrebbe dovuto emettere non un avviso di liquidazione contenente soltanto l’ammontare dell’imposta pretesa, bensì un motivato avviso di rettifica con esplicita indicazione delle ragioni giuridiche e di fatto della propria determinazione.

La Corte ha dunque riepilogato, in tema di imposta di successione, la differenza di funzione e di requisiti motivazionali dell’avviso di liquidazione (art. 33 d.lgs. 346/90) e dell’avviso di rettifica e liquidazione (art. 34 d.lgs. 346/90).

Come sottolineato dal Collegio “il primo è l’atto con cui l’amministrazione, in base alla dichiarazione di successione (art. 33, comma 1), quantifica l’imposta secondo criteri predeterminati dalla legge e semplici operazioni di calcolo, provvedendo (art. 33, comma 2) a “correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dal dichiarante nella determinazione della base imponibile e ad escludere: a) le passività esposte nella dichiarazione per le quali non ricorrono le condizioni di deducibilità di cui agli articoli 21 e 24 o eccedenti i limiti di deducibilità di cui agli articoli 22 e 24, nonché’ gli oneri non deducibili a norma dell’art. 8, comma 1; b) le passività e gli oneri esposti nella dichiarazione che non risultano dai documenti prodotti in allegato alla dichiarazione o su richiesta dell’ufficio; c) le riduzioni e le detrazioni indicate nella dichiarazione non previste negli articoli 25 e 26 o non risultanti dai documenti prodotti in allegato alla dichiarazione o su richiesta dell’ufficio” (art. 33, comma 2). In coerenza con il contenuto immediatamente correlato a dati forniti dallo stesso contribuente e comunque di immediata evidenza, l’avviso di liquidazione non necessita di alcun discorso motivazionale (ulteriore rispetto alla indicazione delle correzioni e delle esclusioni di cui al comma 2)”.

Viceversa “l’avviso di rettifica e liquidazione è l’atto con cui l’ufficio determina l’imposta integrando o modificando i dati che emergono dalla dichiarazione della successione o dalla dichiarazione sostitutiva o integrativa, “incompleta o infedele”. L’avviso di rettifica e liquidazione deve essere, come in genere ogni determinazione dell’amministrazione finanziaria, a pena di “nullità”, motivato in riferimento alla ragioni di fatto e di diritto che ne costituiscono il fondamento (art. 34, comma 2 bis, d.lgs. cit., specificativo della generale previsione di cui all’art.7 della legge 212/2000) in modo da consentire, innanzi tutto, al contribuente di comprendere le ragioni della determinazione e di decidere con piena consapevolezza se e in base a quali argomenti impugnare l’atto e, in secondo luogo, al giudice dell’eventuale impugnazione di sindacare l’operato dell’ufficio”.

La Corte, accolto il ricorso, ha evidenziato come, nel caso di specie, “l’amministrazione non ha corretto errori materiali o di calcolo, non ha escluso passività o oneri esposti nella dichiarazione né riduzioni o detrazioni indicate nella dichiarazione e non previste negli articoli 25 e 26 o non risultanti dai documenti prodotti in allegato alla dichiarazione o su richiesta dell’ufficio. Ha invece rideterminato l’imposta disconoscendo un beneficio”.

I Giudici di legittimità hanno dunque rinviato la questione alla CTR al fine di stabilire se il provvedimento sia o meno, quanto al requisito motivazionale, conforme a quanto necessario in un atto di rettifica e liquidazione.

(commento a cura del Dott. Lorenzo Tortelli)

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