Cumulabili in ambito IMU l’agevolazione per i fabbricati con vincolo storico artistico e quella per gli immobili inagibili

by admintrib

“In tema di IMU, la base imponibile, costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’art. 5, commi 1, 3, 5 e 6, del D.L. 30 dicembre 1992, n. 504, e dell’art. 13, commi 4 e 5, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, è ridotta del 50% per i fabbricati di interesse storico o artistico e di un ulteriore 50% (con conseguente riduzione dell’aliquota al 25%) per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, essendo le due agevolazioni fiscali cumulabili, data la differente finalità che perseguono”.

Questo il principio di diritto confermato e ribadito nella Ordinanza n. 6266 del 2 marzo 2023 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Sorrentino, Rel. Lo Sardo) la quale fornisce sicuramente una interessante lettura del metodo di applicazione delle agevolazioni tributarie nel caso esse si possano cumulare tra loro.

La questione, nel caso all’attenzione della Corte, riguarda una società contribuente che era risultata soccombente nei gradi di merito. Il giudice di appello, in particolare, aveva confermato la decisione di prime cure sul rilievo che il contribuente non potesse beneficiare del cumulo delle riduzioni dell’IMU per la soggezione a vincolo storico-artistico e per lo stato di inagibilità.

I Giudici di Legittimità preliminarmente rammentano che l’art. 13, comma 3, lett. a) e b), del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, stabilisce che: “La base imponibile dell’imposta municipale propria è costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’art. 5, commi 1, 3, 5 e 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e dei commi 4 e 5 del presente articolo. La base imponibile è ridotta del 50 per cento: a) per i fabbricati di interesse storico o artistico di cui all’art. 10 del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; b) per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni. L’inagibilità o inabitabilità è accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa, il contribuente ha facoltà di presentare una dichiarazione sostitutiva ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, rispetto a quanto previsto dal periodo precedente. Agli effetti dell’applicazione della riduzione alla metà della base imponibile, i comuni possono disciplinare le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione.”

Viene osservato che comunemente, si ritiene che le agevolazioni fiscali si traducano in deroghe, favorevoli per il contribuente, alle regole di determinazione e applicazione dei tributi. Ciò, però, è poco significativo, dal momento che quelle che vengono definite deroghe servono anche ad adeguare il prelievo alla capacità contributiva sottostante (così, ad esempio, sono da intendere molte deduzioni e detrazioni nel campo delle imposte sui redditi) o ad eventuali altri interessi coinvolti nell’azione amministrativa (in presenza di funzioni discrezionali); e, comunque, non sempre corrisponde al vero, come accade, ad esempio, nei crediti d’imposta, che spesso hanno genesi e itinerari extrafiscali ed entrano nei circuiti tributari solo al momento del versamento, elidendo in tutto o in parte il relativo obbligo.

Piuttosto, a giudizio della Corte, appare preferibile dare rilievo ai fini che le varie agevolazioni fiscali perseguono, da individuare in quelli propri della spesa pubblica e dell’intervento diretto dello Stato nell’economia e nella società. Le agevolazioni fiscali, così, surrogano veri e propri finanziamenti pubblici, i quali appunto possono essere proficuamente “attribuiti” piegando la via tributaria a fini extrafiscali, in linea con le moderne concezioni dello Stato interventista e della finanza funzionale. Naturalmente, nel dovere di contribuzione dei consociati vengono in rilievo vari interessi economici e sociali di rilievo costituzionale, i quali, però, se realizzano la ragionevole discriminazione dei contribuenti, che sta alla base della capacità contributiva individuale, o consentono un migliore esercizio delle funzioni amministrative in cui si articola il prelievo, attengono pur sempre al riparto delle spese pubbliche, ossia alla sfera delle entrate pubbliche, e quindi non danno vita ad agevolazioni fiscali, le quali invece sono spese, più esattamente “spese fiscali”.

Venendo al tema della questione, la Corte osserva che con la riduzione per l’IMU sugli immobili di interesse storico ed artistico il legislatore cerca di sgravare i proprietari di questi dagli ingenti costi di ristrutturazione a cui sono soggetti. Viceversa, con quella concernente i fabbricati inagibili o inabitabili intende venire incontro ai proprietari che, per cause ad essi non imputabili, non possono utilizzarli, e per il periodo dell’anno nel quale tale impossibilità sussiste.

Dunque già dalla rapida analisi delle finalità perseguite con le due riduzioni fiscali si evince che le stesse non sono sovrapponibili.

Inoltre, il legislatore, quando ha inteso escludere la cumulabilità, lo ha fatto espressamente. Basti pensare, a titolo esemplificativo, all’art. 3, comma 91, della L. 28 dicembre 1995, n. 549, il quale preclude al beneficiario di una delle agevolazioni previste dai precedenti commi da 85 a 93 di cumularle con ulteriori agevolazioni di qualsivoglia tipo, previste dalla medesima disposizione o da qualsiasi altra norma, con l’unica esclusione che riguarda le agevolazioni concesse con riferimento alle attività di ricerca (in tal senso: Cass., Sez. 5″, 18 febbraio 2011, n. 3949). Parimenti, gli atti d’acquisto di immobili ad uso abitativo compiuti e registrati nel vigore del D.L. 7 febbraio 1985, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla L. 5 aprile 1985, n. 118, non godono del cumulo di agevolazioni “interno”, dipendente cioè dalla stessa legge, imponendo espressamente l’art. 2, comma 2, all’acquirente di dichiarare, a pena di decadenza, “di non aver già usufruito delle agevolazioni previste” dalla stessa disposizione (Cass., Sez. 5″, 27 febbraio 2003, n. 2981).

Nel solco di tale impostazione, la Corte già in passato aveva affermato che, in assenza di un espresso dettato normativo, non può affermarsi la sussistenza di un principio generale nel senso della esclusione della cumulabilità di benefici fiscali analoghi fruiti in tempi diversi, e ciò in quanto le misure di agevolazione fiscale rispondono ad esigenze finanziarie contingenti, apprezzate di volta in volta dal legislatore in rapporto alle mutevoli emergenze (Cass., Sez. 1″, 29 aprile 1999, n. 4309).

D’altra parte, si osserva, una interpretazione difforme porterebbe a trattare in modo uguale due situazioni differenti. In particolare, porrebbe sullo stesso piano i soggetti proprietari di immobili vincolati ed inagibili e quelli proprietari di immobili inagibili, ma non vincolati. Una interpretazione di tal fatta si rivelerebbe in contrasto sia con l’art. 3 (che vieta di trattare in modo uguale situazioni diverse) sia con l’art. 53 (che impone di porre a carico dei contribuenti il concorso alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva) Cost.

In conclusione, la Corte, sulla base delle considerazioni che precedono, confermano e ribadiscono (in adesione ad un precedente arresto della stessa Corte: Cass., Sez. 5, 8 luglio 2020, n. 14279), ai sensi dell’art. 384, comma 1, c.p.c., il principio di diritto sopra riportato.

 

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