Il termine dilatorio di sessanta giorni (art. 12, comma 7, l. 212/2000) decorre anche a seguito di verbali meramente istruttori e descrittivi

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“Il termine dilatorio di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, decorre da tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, essendo finalizzato a garantire il contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio e descrittivo”.

Questo il principio di diritto nuovamente affermato con ordinanza n. 36220 del 12 dicembre 2022 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Cirillo, Rel. Cortesi).

Nei fatti una s.p.a. impugnava gli avvisi di accertamento per la ripresa a tassazione di maggiori importi a fini Ires, Irap e Iva per gli anni di imposta 2005 e 2006 deducendo la nullità degli stessi, in quanto notificati prima che fosse trascorso il termine di sessanta giorni dal rilascio di copia dei processi verbali di contestazione che li avevano originati. La CTP disattendeva tale eccezione. La CTR, riformando la decisione di prime cure, accoglieva l’appello della società affermando che l’art. 12, comma 7, della l. n. 212/2000 trova applicazione in tutti i casi di rilascio di copia del processo verbale di chiusura delle operazioni relative ad accessi e verifiche nei locali relativi all’esercizio delle attività, anche qualora gli accessi siano finalizzati unicamente al reperimento di documenti, e non a contestazioni, produttive di effetti fiscali negativi a carico del contribuente. Ricorreva per cassazione l’Ufficio denunciando la denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della l. n. 212/2000 e lamentando come il comma 7 del medesimo articolo debba riferirsi ai soli processi verbali di chiusura delle operazioni che abbiano un contenuto di constatazione, vale a dire che contengano l’indicazione di un fatto, a carico del contribuente, che integri un’inosservanza alla normativa tributaria.

La Corte, sulla scorta di precedenti arresti giurisprudenziali, ha ricordato come “l’impiego, da parte del comma 7 dell’art. 12, di una locuzione generica come ‘verbale di chiusura delle operazioni’ comprende tutte le possibili tipologie di verbali che concludano le operazioni di accesso, verifica o ispezione nei locali, indipendentemente dal loro contenuto” (Cass. n. 11589/2021; Cass. n. 12094/2019; Cass. n. 15010/2014).

In altri termini, secondo i Giudici di Legittimità, “la scelta del legislatore si è diretta su una locuzione meramente descrittiva, che ascrive rilievo, di per sé, alla circostanza che il verbale concluda la fase istruttoria di accesso, verifica o ispezione nei locali; e una tale scelta è coerente con l’evoluzione del sistema tributario verso moduli partecipativi, nelle quali le situazioni soggettive dell’erario possono esaurirsi nell’esercizio imparziale di un potere ad imperatività mitigata, che si arresta all’acquisizione delle informazioni utilizzabili ed al mero controllo dell’osservanza degli obblighi strumentali dei contribuenti”.

In aggiunta, come ribadito nell’occasione, “riconoscere l’esercizio del diritto al contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio che chiuda le operazioni di accesso, verifica o ispezione, significa creare le condizioni affinché l’Amministrazione possa valutare il proprio interesse non soltanto alla luce degli elementi raccolti, ma anche in base alle osservazioni su di essi rese dal contribuente” (Cass. n. 12094/2019).

La Corte, rilevata dunque l’infondatezza dell’unico motivo, ha respinto il ricorso dell’Ufficio.

(commento a cura del Dott. Lorenzo Tortelli)

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