Il principio di colpevolezza nell’irrogazione delle sanzioni tributarie sintetizzato in un passaggio motivazionale della Cassazione

by admintrib

L’Ordinanza 28 marzo 2022, n. 9942 della Sezione Tributaria (Pres. Sorrentino, Rel. Guida) analizza il caso di due contribuenti che, avendo aderito alla definizione delle liti pendenti di cui all’art. 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 ed avendo versato l’importo per la sanatoria, non hanno potuto accedervi in quanto l’atto a cui essi facevano riferimento era divenuto definitivo.

L’Agenzia delle Entrate, senza comunicare il diniego dell’istanza, aveva iscritto a ruolo i maggiori importi e irrogato le sanzioni.

Proprio sulle sanzioni si innesta un motivo di doglianza dei contribuenti dinanzi alla Suprema Corte, che invocano il generale principio di buona fede (art. 10 L. 212/2000). In questo contesto vale quindi la pena di riportare i riferimenti dei Giudici di Legittimità ed i principi applicati, seppur contrari alle ragioni dei contribuenti.

Per la Corte si intende dare seguito a Cass. 30/01/2020, n. 2139, secondo cui «In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’art. 5 d.lgs. n. 472 del 1997, applicando alla materia fiscale il principio sancito in generale dall’art. 3 l. n. 689 del 1981, stabilisce che non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se necessariamente doloso, quantomeno negligente. È comunque sufficiente la coscienza e la volontà della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, che rileva, come esimente, solo se l’agente è incorso in un errore inevitabile, per essere incolpevole l’ignoranza dei presupposti dell’illecito e dunque non superabile con l’uso della normale diligenza.».

Nella specie, secondo la Corte, l’esimente della buona fede non opera (e, da questo punto di vista, la sentenza è conforme a diritto, ma deve essere corretta nello sviluppo argomentativo), non avendo i contribuenti nemmeno dedotto di essere incorsi in un errore inevitabile secondo l’accezione sopra indicata.

L’argomento è certamente importante e appare forse trattato con eccessiva sintesi.

In precedenti sentenze della Sezione Tributaria, anche abbastanza recenti, i riferimenti alla buona fede e all’ignoranza inevitabile erano certamente stati più puntuali e precisi. In particolare si era sostenuto che “l’incertezza normativa oggettiva tributaria è caratterizzata dall’impossibilità di individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile, e va distinta dalla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto (il cui accertamento è demandato esclusivamente al giudice e non può essere operato dall’amministrazione), come emerge dall’articolo 6 del d.lgs. n. 472 del 1997, che distingue le due figure, pur ricollegandovi i medesimi effetti. L’incertezza normativa oggettiva può essere desunta dal giudice (Cass., Sez. 5 , n. 12301 del 17 maggio 2017) attraverso la rilevazione di una serie di fatti indice, quali ad esempio: 1) la difficoltà d’individuazione delle disposizioni normative; 2) la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) la mancanza di informazioni amministrative o la lorò contraddittorietà; 5) la mancanza di una prassi amministrativa o l’adozione di prassi amministrative contrastanti; 6) la mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) la formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, sopratutto se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; 8) il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) il contrasto tra opinioni dottrinali; 10) l’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente” (cfr. Ordinanza 14 febbraio 2019 n. 4047 della Sezione Tributaria, Pres. Cristiano, Rel. Cavallari).

Meglio si precisano i parametri, a nostro modesto avviso, più chiari sono i criteri del giudicato e migliore risulta essere la sentenza in punto di motivazione.

 

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