Il contribuente che riceve la fattura non ha funzione di controllore. L’obbligo di regolarizzazione è solo relativo alla alla forma e non alla corretta qualificazione sostanziale dell’operazione

by admintrib

“..l’obbligo, in capo al concessionario o committente, di regolarizzare le fatture emesse dal cedente sussiste nel solo caso in cui le mancanze da questi commesse riguardino l’identificazione dell’atto negoziale e i dati fiscalmente rilevanti, ma non si estende anche a controlli sostanziali sulla corretta qualificazione fiscale dell’operazione, non soltanto perchè ciò non sarebbe coerente con il contestuale obbligo del soggetto tenuto alla regolarizzazione della fattura altrui di pagare l’imposta non versata o versata in misura insufficiente, ma anche perchè l’inclusione, tra i suoi compiti, di un apprezzamento critico su quanto dichiarato in ordine all’imponibilità dell’operazione, trasformerebbe l’obbligato in rivalsa in un collaboratore, con supplenza di funzioni di esclusiva pertinenza dell’Ufficio finanziario” (Cass. n. 14275 del 08/07/2020; conf. Cass. n. 13032 del 14/05/2021).

Questo il principio di diritto ribadito dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione nella sentenza 20 dicembre 2022, n. 37255 (Pres. Virgilio, Rel. Nonno) con la quale la Suprema Corte rivede completamente l’impostazione tenuta dai Giudici di merito nei primi due gradi di giudizio.

In buona sostanza, precisa la Corte, “il controllo richiesto al cessionario o al committente dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 8, è intrinseco al documento, in quanto limitato alla regolarità formale della fattura, e, dunque, alla verifica dei requisiti essenziali individuati dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, tra i quali rilevano, tra gli altri, i dati relativi alla natura, qualità, quantità dei beni e dei servizi, all’ammontare del corrispettivo, all’aliquota ed all’ammontare dell’imposta e dell’imponibile. La regolarizzazione richiesta al cessionario o committente consiste nel fornire le indicazioni del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, il quale appunto elenca gli elementi da inserirsi nella fattura (Cass. n. 23256 del 27/09/2018; Cass. n. 15303 del 21/07/2015), ma non si estende al controllo sostanziale della corretta qualificazione fiscale dell’operazione (Cass. n. 26183 del 12/12/2014). Ciò fatte salve le ipotesi in cui il cessionario/committente di beni o servizi non si limiti ad operare ab externo sul solo rapporto di rivalsa, ma incida direttamente sul rapporto tributario, risultando in tal caso condotta esigibile quella relativa al controllo ed al vaglio critico della qualificazione fiscale dell’operazione, come avviene nel caso dell’inversione contabile (Cass. n. 12138 del 14/04/2022) ovvero nel caso in cui egli abbia dato luogo, con le sue dichiarazioni, alla irregolarità della fatturazione (Cass. n. 16767 del 09/08/2016)”.

Nel caso di specie, la CTR – imputando alla società contribuente l’omessa regolarizzazione delle fatture emesse per servizi resi da altro fornitore (pur se controllante la società acquirente) – non ha fatto corretta applicazione dei superiori principi di diritto. Invero, la controllante ha emesso fatture senza applicazione dell’imposta nei confronti della controllata qualificando giuridicamente i servizi resi come servizi ausiliari e, pertanto, esenti IVA. Tale qualificazione giuridica non avrebbe potuto essere contestata dall’acquirente, perchè attinente non già alla corretta determinazione dell’aliquota, ma all’applicazione o meno dell’imposta; e involgente, pertanto, una valutazione giuridica su di un rapporto tributario che, nella specie, sfugge al diretto controllo della contribuente.

 

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