Controllo automatizzato delle dichiarazioni (ex art. 36-bis d.P.R. n. 600/1973): l’esposizione di un credito non utilizzato non legittima il recupero mediante notifica di cartella di pagamento.

by AdminStudio

“L’emissione della cartella di pagamento è legittima solo laddove, a seguito della verifica compiuta in sede di controllo automatizzato, l’Amministrazione accerti che, a causa di errori materiali o di calcolo, il contribuente ha illegittimamente utilizzato un credito di imposta, sicché tale illegittimo utilizzo si traduce in un debito del contribuente nei confronti dell’amministrazione finanziaria che legittima la pretesa al recupero dell’importo mediante la notifica della cartella di pagamento; diversamente, nel caso di mancato utilizzo del credito di imposta, ove si sia accertato che lo stesso non era stato correttamente esposto, l’amministrazione finanziaria può solo procedere alla rettifica dell’errore materiale o di calcolo, ma non può emettere una cartella di pagamento ai fini del recupero di un credito di imposta che, in quanto non utilizzato, non si è tradotto in un debito del contribuente nei confronti dell’amministrazione finanziaria”.

Questo il principio di diritto ribadito con ordinanza n. 792 del 9 gennaio 2024 dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Manzon, Rel. Hmeljak).

Nei fatti la CTP di Milano accoglieva il ricorso proposto da una S.p.A. avverso la cartella di pagamento emessa a seguito di accertamento automatizzato ex art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, non ravvisando alcun danno erariale nella mera indicazione in dichiarazione di un credito IVA, non spettante, pari ad € 791.703,00, non utilizzato. La CTR della Lombardia accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate. Avverso detta sentenza ricorreva per cassazione la società contribuente lamentando come la CTR non avesse rilevato che l’iscrizione a ruolo e il recupero mediante la procedura automatizzata riguardasse solo i crediti utilizzati dal contribuente e non quelli indicati in dichiarazione, ma non utilizzati (atteso che questi ultimi non possono determinare la liquidazione di una maggiore imposta e non possono giustificare l’irrogazione della sanzione per (un inesistente) omesso o tardivo versamento dell’imposta).

Come ricordato dalla Corte l’art. 36-bis, comma 2, lett. e), d.P.R. n. 600/1973 “prevede, in generale, che il controllo automatizzato sulle dichiarazioni presentate dal contribuente può riguardare anche la riduzione dei crediti di imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni. L’Ufficio è, dunque, legittimato a controllare la correttezza della suddetta indicazione, anche facendo riferimento alle dichiarazioni presentate dal contribuente negli anni precedenti, senza che tale verifica comporti un accertamento sostanziale che presuppone valutazioni giuridiche o esame di atti non consentiti dalla procedura”.

I Giudici, in proposito, hanno chiarito che “nel caso di disconoscimento di un credito esposto nella dichiarazione, appare illegittima l’automatica trasformazione di una voce di credito in una voce di debito, dovendo in tal caso l’ufficio disconoscere il diritto a fruire del credito residuo senza poter procedere alla richiesta di pagamento anticipato dell’imposta nell’eventualità che questa potesse essere utilizzata in futuro” (Cass. n. 4539 del 22/02/2013).

La Corte, accolto il ricorso, ha evidenziato che dalla sentenza impugnata il credito IVA, ritenuto non spettante, era stato esposto in dichiarazione, per diversi anni consecutivi, ma non (o non ancora) utilizzato in compensazione, in quanto “riportato a nuovo” aggiungendosi al credito d’imposta complessivo della società contribuente.

 

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