C’è autonoma organizzazione a fini IRAP in presenza di un solo dipendente con funzioni d’ordine? La questione alle Sezioni Unite.

by Luca Mariotti

La vicenda in commento riguarda il crescente contrasto giurisprudenziale ( che vede per la verità la netta prevalenza, nelle pronunce più recenti, dell’orientamento più favorevole al contribuente)  in punto di individuazione dell’autonoma organizzazione a fini IRAP per gli studi professionali con un solo dipendente. Con l’Ordinanza 13 marzo 2015, n. 5040 i Giudici della V sezione, molto opportunamente, rimettono gli atti al Primo Presidente perché valuti l’opportunità di assegnare il ricorso alle Sezioni unite.

Senza andare troppo a ritroso possiamo ricordare che, nel famoso “irap day” (8 febbraio 2007) la Cassazione aveva delineato dei requisiti piuttosto definiti per il discrimine tra soggetti passivi IRAP e coloro che non erano assoggettabili al tributo in quanto privi di autonoma organizzazione. L’utilizzo in forma non occasionale del lavoro altrui, secondo questo schema, faceva scattare il presupposto e la giurisprudenza degli anni successivi ha seguito tale impostazione.

La Corte richiama a titolo esemplificativo alcune sentenze basate su tale lettura. Tra le molte, cass. n. 8265 del 2009 e n. 7 609 del 2014 (che hanno collegato l’autonoma organizzazione alla presenza di una segretaria part-time); cass. n. 21563 del 2010 (che in relazione alla presenza di un apprendista part-time, ha ritenuto accertata di fatto la sussistenza di autonoma organizzazione); cass. nn. 9787 e 9790 del 2014 (secondo le quali l’impiego non occasionale di lavoro altrui, anche limitato ad una sola unità, deve ritenersi di per sé integrativo del requisito dell’autonoma organizzazione); cass. n. 19072 del 2014   (che dà rilievo alla presenza anche di un solo dipendente); cass. n. 18749 del 2014 (relativa alla stabile collaborazione di un dipendente nello studio di un avvocato); cass. n. 10754 del 2014 (che dà rilevo all’impiego non occasionale di lavoro altrui, anche se per un tempo limitato e pagando un corrispettivo non elevato), ed inoltre, fra le tante meno recenti, cass., ord. n. 11892 del 2012; cass., ord. n. 26161 del 2011; cass., ord. n. 20001 del 2009, nonché cass. n, 16855 del 2009 (per la quale non rileva che il ricorso a lavoratori subordinati sia .in qualche modo “obbligato”).

All’orientamento che precede si è andato più recentemente affiancando, come si diceva, prima in maniera sporadica, da ultimo in maniera sempre più insistente, un diverso orientamento, escludente che la presenza di un dipendente costituisca di per sé sola elemento decisivo ed insuperabile per determinare la sussistenza del presupposto della “autonoma organizzazione”. Si va infatti radicando nella giurisprudenza di legittimità, via via in maniera sempre più netta, un contrasto sul punto specifico della rilevanza  della presenza di uno o più dipendenti ai fini della configurabilità della autonoma organizzazione.

Ad esempio (e sempre senza alcuna pretesa di completezza), cass. nn. 22019, 22020, 22021, 22022, 22023, 22024 e 22025 del 2013 hanno escluso che l’apporto di un unico dipendente possa di per sé indurre a ravvisare la sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione, tra l’altro affermando che “l’automatica sottopozione ad IRAP del lavoratore autonomo che disponga di un dipendente, qualsiasi sia la natura del rapporto e qualsiasi siano le mansioni esercitate vanificherebbe l’affermazione di principio desunta dalla lettera della legge e dal testo costituzionale secondo cui il giudice deve accertare in concreto se la struttura organizzativa costituisca un elemento potenziatore ed aggiuntivo ai fini della produzione del reddito, tale da escludere che l’IRAP divenga una (probabilmente incostituzionale) tassa sui redditi di lavoro autonomo” e precisando che “vi sono ipotesi in cui la disponibilità di un dipendente (magari part -time o con funzioni meramente esecutive) non accresce la capacità produttiva del professionista, non costituisce un fattore “impersonale ed aggiuntivo” alla produttività del contribuente, ma costituisce  semplicemente una comodità per lui (e per i suoi clienti)”.

In effetti questo secondo filone convince molto di più e ripropone (i meno giovani lo ricorderanno) il cammino giurisprudenziale dell’ILOR, imposta per la quale l’elemento organizzativo che la giurisprudenza mai identificò in un solo dipendente, costrinse infine il Legislatore ad individuare un discrimine con una apposita disposizione contenuta nella L. 408/90 (il cosiddetto limite dei tre addetti con le regole della “minimum tax”). Chissà che la vicenda per certi aspetti non si ripeta….

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